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martedì 14 dicembre 2021

25 APRIL

941_25 APRIL; Nuova Zelanda, 2015; Regia di Leanne Pooley.

L’idea di un film di animazione su un tema storico con base rigorosamente realistica è davvero intrigante e, in definitiva, anche funzionale, come del resto aveva già dimostrato Valzer con Bashir (2008, di Ari Folman). La regista, canadese di nascita ma neozelandese d’adozione, Leanne Pooley sfrutta la ricorrenza centenaria per portare sullo schermo uno degli eventi più tragici della storia del suo paese adottivo: la famigerata Campagna di Gallipoli durante la Prima Guerra Mondiale. Lo sbarco sulle coste turche avvenne proprio il 25 aprile, data scelta come titolo del lungometraggio dalla Pooley; le operazioni si protrassero però per qualche mese, fino al definitivo abbondono dell’area da parte delle truppe della Triplice Intesa. Nonostante presero parte all’azione anche le truppe francesi, l’operazione fu gestita e soprattutto sentita (in particolar modo le sue sorti fallimentari) dai britannici. La questione portò alla luce una serie di incongruenze storiche che nel XX secolo erano dure da digerire e, nonostante i tentativi di aggiornare le condizioni, probabilmente lo sono ancora oggi. Perché la Campagna di Gallipoli fu condotta dai britannici della madrepatria utilizzando come erano soliti fare in questi casi i soldati provenienti dai paesi coloniali, utilizzando ciò i reparti composti da militari dei domini come carne da macello. La stessa cosa fu fatta, per restare nell’alleanza, dai francesi con i contingenti provenienti dai possedimenti transalpini; gli inglesi si limitarono ad applicare questa prassi mandando australiani e neozelandesi a fare il lavoro sporco sulle alture turche. 

E’ chiaro, anche se politicamente scorretto, che l’eco nel mondo occidentale potesse essere maggiore, se a lamentarsi di questo uso brutale delle truppe coloniali fossero popoli la cui origine era perlopiù comune agli europei, come erano appunto gli australiani e i neozelandesi. Nonostante questo, altri problemi erano ai tempi sul tappeto e la questione australiano-neozelandese non ebbe tutto questo risalto; fu forse proprio in campo cinematografico che Peter Weir con il suo Gli anni spezzati focalizzò l’attenzione mondiale sul problema. A questo proposito, da un punto di vista italiano, la scelta di tradurre il titolo di quell’opera in modo non letterale, anche perché Gallipoli si poteva confondere con la località pugliese, dà comunque l’idea di quanto fosse poco nota dalle nostre parti quella che è una delle più grandi disfatte militari della Storia. 

Ma questo è un indice della maggiore abilità inglese, ovvero quella propagandistica: non a caso, per tornare alla nostra storia, uno dei narratori di 25 April si infastidì notevolmente quando lesse sui settimanali del tempo “the british took Chunuk Bair” [i britannici hanno preso Chunuk Bair] non riconoscendosi, in qualità di neozelandese, nel termine britannico. L’impresa era stata compiuta dalle sole truppe ANZAC (acronimo per Australian and New Zealand Army Corp) ma, dando la notizia nei termini in cui era stata divulgata, i meriti finivano per prenderseli gli inglesi. I quali, con la loro flotta, la gloriosa Royal Navy, non avevano oltretutto offerto la protezione promessa squagliandosela alla chetichella quando una delle loro navi da guerra era stata affondata da un sommergibile tedesco. 

Di più: stando ai racconti dei protagonisti di 25 April, gli inglesi avrebbero dovuto dare il loro contributo all’operazione attaccando a Suvla Bay, in modo da distogliere l’attenzione turca dai reparti dei dominions durante l’azione ma questo non avvenne: gli inglesi se ne stettero nelle loro trincee e le truppe delle colonie furono lasciate da sole a sostenere il fuoco nemico. Insomma, tutta quanta la questione è, evidentemente, un nervo ancora scoperto, in parte già trattato da Chunuk Bair, film neozelandese del 1992 diretto da Dale G. Bradley, peraltro passato nell’indifferenza generale dell’opinione pubblica (chissà che centri ancora la citata abilità propagandistica inglese). 

In ogni caso, fa sensazione, anche a cent’anni di distanza, sentire l’orgoglio con cui i soldati neozelandesi raccontano della visita a Gallipoli di Lord Horatio Kitchener, 1° Conte Kitchener e vero e proprio dio in terra britannico, anzi, per usare le parole di uno dei narratori di 25 April “this man is only one rank below God” [quest’uomo è solo un grado sotto Dio]. Gli inglesi si misero l’uniforme buona e scattarono sull’attenti; le truppe ANZAC si presentarono così com’erano e, almeno stando al racconto, pur senza mancare di rispetto, nessun saluto venne tributato al Conte. Insomma, se non vero e proprio rancore sulla questione c’è ancora della ruggine tra i neozelandesi e la Gran Bretagna, nonostante di anni ne siano passati così tanti e 25 April coglie, in questo senso, nel segno. Il formato scelto per il lungometraggio è, come detto, funzionale al racconto forse perché i disegni sono spesso più chiari ed esplicativi delle stesse immagini fotografiche, non a caso sono in genere preferiti nelle pubblicazioni didattiche. In questo caso, benché il film sia considerato d’animazione, abbiamo qualcosa più simile ai vecchi disegni animati piuttosto che ai cartoon; certo, la realizzazione sfrutta in modo evidente la moderna computer grafica (avendo come riferimento certi videogames) ma il risultato non è certo strabiliante dal punto di vista visivo. Tuttavia, nel complesso, pur nella semplicità stilistica, è più accettabile anche e soprattutto in considerazione dei vibranti contenuti. 


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