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martedì 30 dicembre 2025

IL SEGRETO DI BABBO NATALE

1775_IL SEGRETO DI BABBO NATALE (Saving Santa), Regno Unito, Stati Uniti, India 2015. Regia di Leon Joseen 

La Computer Grafica, nel campo dell’animazione cinematografica, è un’arma a doppio taglio: da una parte permette di sveltire alcuni passaggi nella realizzazione dell’opera e quindi economizzare; ma se non si hanno risorse finanziarie in abbondanza, il risultato difficilmente sarà appagante. È il caso de Il segreto di Babbo Natale, film che rende esplicita l’idea che per quel che riguarda i film di animazione in CGI se non si è a livello di DreamWorks o Pixar è forse meglio lasciar perdere. La critica ha stroncato drasticamente il lungometraggio di Leon Joosen e, per comprendere il tenore delle recensioni, basti ricordare le parole di Mark Kermode per The Guardian. Ironizzando sul titolo originale, Saving Santa [Salvando Babbo Natale], il critico ha sintetizzato: “Stando a quanto visto, purtroppo, non vale la pena salvare Babbo Natale”. [Dal sito Web The Guardian, pagina web https://www.theguardian.com/film/2013/dec/01/saving-santa-review, visitata l’ultima volta il 29 dicembre 2025]. Punto di vista condivisibile se si considera Il segreto di Babbo Natale come film a tutto tondo, come opera in sé stessa. Se, diversamente, lo si intende come un prodotto per bambini, utile per ingannare una serata natalizia in famiglia, allora può anche assolvere allo scopo. Tra le osservazioni che sono state rivolte al film c’è anche la mancanza di originalità sebbene, in un film sul Natale, non è che si possa pretendere chissà quali nuove intuizioni. Anche i rimandi ai vari film sui viaggi nel tempo, che sono evidentemente richiamati dalla trama, sono fastidi relativi. Al di là dell’impatto grafico non irresistibile, sono piuttosto la mancanza di struttura narrativa e di spessore dei personaggi i limiti più evidenti dell’opera. Vero è che la colonna sonora non è indimenticabile e, in fin dei conti, ne Il segreto di Babbo Natale, si salva giusto il ritmo narrativo della seconda parte che perlomeno è avvincente. A quel punto, anche lo spettatore più scafato si può perdere nei continui ritorni al passato e al moltiplicarsi di Bernard (con la voce di Martin Freeman) sullo schermo. Non tutto sembra plausibile, anche all’interno di una logica fittizia come quella dei viaggi nel tempo, ma sono godibili i giochi d’intarsio tra le varie tracce dei ripetuti viaggi all’indietro nel tempo che compie l’elfo protagonista. L’idea per il finale, con la sostanziale redenzione dei due villain, è anche lodevole negli intenti ma, avendo la storia poco costrutto, la loro conversione svilisce ulteriormente il racconto. È forse questo il rammarico più grande: una coppia formata da un figlio, Neville Baddington, succube della dispotica madre, Vera, non rappresenta certo una novità ma si intuiscono delle potenzialità nella definizione di questi due personaggi. Neville è ispirato a Tim Curry, di cui ha la voce, mentre sua madre ha quella di Joan Collins. Proprio Vera è il personaggio che latita troppo nell’economia del film e, sebbene figurativamente non riesca propriamente a cogliere lo spirito della Collins, avrebbe avuto comunque abbastanza charme per salvare Il segreto di Babbo Natale.  





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