308_LO SPACCONE (The Hustler). Stati Uniti 1961; Regia di Robert Rossen.
Avevamo già capito che Paul Newman fosse il modello perfetto
di eroe che andava a sostituire quello classico, in voga fino a tutti gli anni
50: John Wayne, Gary Cooper o James Stewart, per intenderci. Lo avevamo capito
dai suoi precedenti film, valga per tutti La
gatta sul tetto che scotta dove ha per le mani una splendida Liz Taylor e
sembra non sapere bene che farci, proprio lui, quello che è considerato uno
degli uomini più belli del mondo. C’è qualcosa che non gira per il verso
giusto, almeno stando ai canoni classici, quando all’opera c’è Paul Newman.
Ecco, Lo spaccone, film di Robert
Rossen, certifica tutto ciò su uno splendido nero su bianco in CinemaScope,
mostrando i dubbi, le incertezze, le debolezze dell’eroe, del campione a stelle
e strisce, una volta che il Sogno
Americano ha mostrato il suo lato oscuro. E questo non è il tema sotteso al
film, il cosiddetto messaggio che possiamo trarre in sede di
analisi più o meno approfondita; no, questo è proprio l’argomento esplicito
della storia narrata. E’ un po’ come se Paul Newman, perlomeno il Paul Newman attore, recitasse un film
dove il protagonista non è tanto l’Eddie Felson del racconto sullo schermo, ma
piuttosto se stesso. La sua spavalderia (‘io
sono il più forte’) unita a debolezze imperdonabili per chi gioca a fare il
duro, la più clamorosa delle quali è la scarsa resistenza all’alcool, ci
rendono perfettamente il quadro del moderno eroe anni sessanta. In fondo ha
ragione il diabolico Bert Gordon (George C. Scott) quando lo apostrofa ‘nato battuto’: Felson non vince mai,
anche nel finale, quando si prende la rivincita a biliardo contro Minnesota Fats (Jackie Gleason), in
realtà ha perso la partita più importante, e l’ha persa in malo modo.
E’
inutile la rabbia che Felson prova nei confronti di Gordon: la sua arringa
finale, il suo pretendere di non dividere la vincita, non scalfisce
quest’ultimo, che infatti lo lascia andare indenne. Gordon fa il suo, è una
persona abietta che vive sulle debolezze altrui: gente del genere ce n’è, ce
n’è sempre stata e ce ne sarà sempre. Il disprezzo di Felson non lo tocca
minimamente; egli non è in nessun modo un eroe, un campione; non gioca a
biliardo, lascia giocare gli altri e sfrutta in modo scaltro le opportunità.
Non è un personaggio importante, e se se ne parla, è solo perché l’eroe
interpretato da Newman è talmente debole e insicuro, da finirci imbrigliato.
E nemmeno il finale riscatta il nostro eroe, anche perché avviene a partita ormai chiusa;
con Eddie ‘nato battuto’ Felson
comunque sconfitto. Il dramma di Felson è che potenzialmente egli è un
vincente, allo stesso modo in cui il Sogno
Americano è un modello che permette l’affermazione di ognuno: ovvero in
linea teorica. Ma all’atto pratico, ecco che Felson si ubriaca, è stanco, non
conosce bene il gioco, o trova un altro alibi per perdere; il punto è che
l’idea competitiva e individualistica della società americana (rappresentata
nel film dal gioco del biliardo) permette un solo vincitore. Quello che arriva
secondo, in finale, per tutti è semplicemente il primo dei perdenti; questo è
il risvolto amaro del Sogno Americano:
ovvero che, se è possibile che tutti possano vincere, in realtà è sicuro che
praticamente tutti (meno uno) perderanno.
E mangeranno la polvere, perché non
c’è nessuna gloria per il secondo classificato; non nel bigliardo e nemmeno in
America. Quella del successo da conseguire a tutti i costi è una chimera, che
Felson insegue senza riuscire a prendere mai, perché in realtà dentro di sé ne
conosce la vacuità. E’ molto bello il discorso che fa a Sarah, quando si esalta
parlando di un lavoro fatto bene, di un lavoro fatto mettendoci tutto il cuore
possibile, di qualunque lavoro si tratti. E Sarah ha ragione vedendo in lui un
uomo da amare; la ragazza, infatti, si innamora di Eddie in quel momento, e non
quando ne vede i begli occhi azzurri. Ma di questo non se ne può certo
accorgere un tipo come Gordon, che pensa invece che lei stia attaccata al suo
pupillo come fosse all’ultima spiaggia; no, Sarah ama Eddie perché vede in lui
il potenziale di un grande uomo. Un uomo diverso, che ama quello che fa, non
per dimostrarlo agli altri, ma per se stesso, per il gusto del lavoro in sé. Un
uomo in grado di innamorarsi di una ragazza non bellissima; e zoppa, per di
più.
Era davvero un grande uomo, Eddie Felson.
Almeno potenzialmente.
Piper Laurie
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