Translate

martedì 26 febbraio 2019

ULISSE

309_ULISSE . Italia 1954;  Regia di Mario Camerini.

Peplum italico per cui non bisogna avere timore di usare il termine ‘capolavoro’, Ulisse di Mario Camerini è un film che incarna perfettamente gli stilemi del genere. Maestoso nella messa in scena, avvincente nelle gesta raccontate, affascinante nelle scelte visive, Ulisse non spreca nessuno dei minuti dello spettatore. La storia è quella del poema epico Odissea di Omero, adattata alle contingenti necessità cinematografiche. Del resto, il genere peplum in Italia aveva già il suo bel daffare a soddisfare la fame di eroi delle masse che si affrancavano dalla miseria della guerra, per potersi permettere il lusso di rimanere rigoroso ai testi originali. E chi volesse saperne di più, poteva farlo leggendo direttamente Omero; magari il film poteva anche essere inteso come stimolo ad approfondire. Ma, al di là di queste empiriche argomentazioni, è chiaro che l’interesse maggiore, in Ulisse, come in altri esempi del genere, era dato dalle storie appassionanti ma, soprattutto, dalle figure dei protagonisti. In primo luogo dall’eroe maschile, qui un fantastico Ulisse interpretato da un Kirk Douglas in grandissimo spolvero. Alcuni suoi passaggi, dialoghi o scene di azione, sono da manuale del perfetto eroe: su tutte quella nel finale, quando si scatena come una vera iradiddìo contro i Proci, tanto che anche Penelope (Silvana Mangano) ne rimane spaventata. La prima freccia del suo famoso arco la dedica al più infido dei pretendenti al suo trono, Antinoo (Anthony Quinn) e la scaglia con tanta rabbia che il dardo trapassa il torace dell’uomo in modo clamoroso. 
Dal canto suo, il citato Quinn si conferma valido attore soprattutto per i ruoli ambigui: in questo caso deve barcamenarsi tra il tracotante e l’infingardo, non ha quindi alcuna sponda positiva, ma riesce ugualmente a cavarne un ruolo interessante, proprio per il suo innato fascino ombroso. Ma, naturalmente, a contendere il centro della scena a Douglas non è certo Quinn, ma Silvana Mangano. Il suo è uno dei casi in cui, in un peplum smaccatamente avventuroso e quindi basato sul carisma maschile dell’eroe di turno, lo charme della protagonista arrivi a rubare la scena al prim’attore; questo poteva accadere per l’eccezionale fascino di queste interpreti, come appunto la Mangano. E pensando che l’eroe di turno in questione è nientemeno che Kirk Douglas, è tutto dire. 

Ma la Mangano, addirittura, si sdoppia e se, nel ruolo di Penelope, rimane un po’ mortificata dalla spasmodica attesa del ritorno dell’amato, in quello della maga Circe è favolosa e incarna in modo letterale le fattezze della divinità greca. D’accordo, i valori del film sono piuttosto semplici, ma lo sono nel senso di puri, basilari: semplici, quindi, ma non banali. Il coraggio, l’audacia, la lealtà, la generosità, sono argomenti sempre validi, anche nell’era moderna, e non dovrebbero (il condizionale purtroppo è d’obbligo) passare mai di moda.
Per chiudere, si può ricorrere alle parole dello stesso Ulisse in riferimento alla possibilità offertagli da Circe di divenire immortale come gli dei; e facciamolo riportando il suo rifiuto confermando, al contempo, la sua previsione: se un giorno gli uomini parleranno di me, lo faranno con orgoglio, perché sono stato uno di loro.   




Silvana Mangano













Nessun commento:

Posta un commento