300_VELOCI DI MESTIERE (Fast Company). Canada 1979; Regia di David Cronenberg.
Bisogna essere onesti: non fosse stato di David Cronenberg, Veloci di mestiere sarebbe rimasto
nell’oblio in cui lo avevano relegato una scarsa incisività d’impatto connessa
ad una certa dose di sfortuna (problemi nella produzione e nella
distribuzione). Ma in virtù di opera del regista contemporaneo forse più
interessante in circolazione, si è in seguito provveduto ad una riscoperta
della pellicola. Sebbene, almeno in prima istanza, ritenendola in genere sbrigativamente
un excursus nella consueta poetica
dell’autore canadese; almeno fino al Castoro
Cinema dell’indispensabile Gianni
Canova. Per’altro l’equivoco iniziale è anche comprensibile: Veloci di mestiere si presenta come un
anonimo sport-movie ambientato nel mondo
delle drag race, le folli gare
automobilistiche americane di accelerazione con mostruose muscle-car. Niente a che vedere con le solite spiazzanti storie con
ambientazioni allucinate, tipiche dei lavori del Cronenberg, in particolar modo del suo inizio carriera. Qui c’è
una questione abbastanza ordinaria di rivalità sportiva che si sovrappone agli
interessi economici. Anche se poi, in realtà, la struttura del racconto è ben
organizzata sul modello di un western contemporaneo ambientato negli splendidi
scenari del middle west; proprio come in un classicissimo road movie che, in
fondo, è il genere che abitualmente attualizza alcune tematiche della vecchia
frontiera.
Il cast non è certo di primissimo piano: William Smith è il cowboy di turno, Lonnie Lucky Man Johnson; Nicholas Campbell è il suo delfino Billy the Kid Brooker (e qui il richiamo al western è evidente); Cedric Smith è il rivale Gary the Blacksmith Black, mentre John Saxon, forse unico nome di un certo rilievo, è il villain, Phil Adamson, il manager. Che, a sorpresa, non è il boss del team rivale ma
della stessa FastCo, ovvero la
squadra di Lonnie e Billy the Kid. Nel corso della storia, Adamson, interessato unicamente al tornaconto
personale, arriverà a sfavorire i suoi piloti prima e ad ingaggiare i rivali
poi, rivelando in modo esplicito la propria natura ambigua. Qui possiamo leggere uno degli elementi tipici in Cronenberg, ovvero il male, il pericolo, arriva dall'interno e non dall'esterno. Ma l'interesse di Cronenberg è forse focalizzato su altro: i colori della FastCo sono quelli della bandiera
americana, bianco, rosso e blu, e sono presenti ossessivamente sullo schermo. Il tema del denaro come supremo interesse, con la mazzetta intascata da
Adamson, i suoi sotterfugi, i favoritismi richiesti e ottenuti dagli
organizzatori, rivelano un mondo, quello più americano possibile (paesaggi del
west, automobili, competizione), nel quale scorre in modo capillare il virus della corruzione. Anche se poi i nostri si coalizzano sotto la guida del leader, Lonnie, e lo spirito di squadra, sportivamente genuino, avrà la ribalta nel lieto fine.
Ma, in fin dei conti, non sono tanto questi aspetti ad interessare
Cronenberg: il regista lo ammette candidamente, nel libro intervista Il cinema secondo Cronenberg di Chris
Rodley (Pratiche Editrice, 1994), il film avrà i suoi limiti, “ma è stato un lavoro di amore, non una marchetta”.
E soprattutto, non è assolutamente rinnegato dal cineasta. Non che si
debba ascoltare le istruzioni dell’autore, per interpretare un film, sia
chiaro; a questi fini vale solo quello che è impresso sulla pellicola. Ma si tratta di una conferma che, per quanto strano possa sembrare, è quella passionale la traccia da seguire, come del resto era anche evidente da molti passaggi del racconto.
Cronenberg,
che nell’intervista parla di amore per il suo lavoro, forse intende qualcosa di
più fisico, più carnale, e infatti mette al centro della sua storia la passione. Che si innesta a dovere su uno dei grandi temi del regista, quello sessuale. L’attrazione tra i corpi aitanti dei piloti e delle tipiche
ragazze con le magliette bagnate, si
somma al fascino magnetico dei corpi
macchina della race cars, qui davvero
pulsanti di vita, con i loro scatti improvvisi, i loro sbuffi, le rabbiose
partenze, il rumore assordante. Il parallelo tra la sessualità nei rapporti uomini/donne e uomini/mezzi meccanici è resa esplicita nell’unica scena in cui si
parla, pur se indirettamente, di amore.
Billy the Kid ha appena avuto un rapporto sessuale con due autostoppiste
e, scherzando a fare il romantico,
confessa che quel giorno si è innamorato tre volte. Al che una delle ragazze
obietta che loro sono solo due; il giovane non rivela che la terza è la sua funny car, ma piuttosto suggella il
paragone prendendo una lattina di olio-motore FastCo e versandone il contenuto sul seno della fanciulla. La cosa potrebbe
sembrare anche maschilista, ma la fisicità delle ragazze (che comunque nel film
non è affatto esibita in modo eccessivo) non è ostentata più di quanto non lo
sia quella dei machi della storia, i due
piloti della FastCo protagonisti. Il paragone è più generico e riguarda l’attrazione tra i corpi,
siano essi di uomini, di donne o di macchine. Se la passione per le corse e per
i bolidi è fisica, lo è anche quella
tra Lonnie e Sammy (Claudia Jennings) o tra Billy the Kid e Candy (Judy Foster): tra queste coppie (che sdoppiano la
coppia di piloti protagonisti) non si parla mai di amore; Sammy ammette di
riuscire al massimo a far staccare Lonnie dalle corse non più di una settimana,
e Billy, nel pieno del flirt con
Candy, non disdegna la scappatella con le citate autostoppiste.
Tra l’altro, a proposito di coppie, il film ne è pieno: dall’abbinamento uomo-macchina, al tipo di corse che si disputano in un confronto a due in parallelo, alla rivalità del pilota FastCo di turno con Gary Black, ai due meccanici di un team e dell’altro. Il film riguarda il rapporto di coppia che, curiosamente, almeno in italiano, è un termine che funziona sia in ambito sessuale che motoristico. Insomma, il sesso è bello già per la sua natura meccanica; se poi ci stia il sentimento e che ruolo questo possa avere, questo è un aspetto che Cronenberg non arriva ad affrontare. Nel finale, quando la nuova squadra sorta sulle ceneri del vecchio team FastCo, decide di prendersi una pausa, Lonnie se ne va con Sammy, mentre Billy e Candy invitano il giovane meccanico ad unirsi a loro, approfittando della presenza di un’amica della ragazza. Da notare che il buon motorista non è propriamente attraente, del resto aveva già pagato questa suo scarso sex appeal quando le autostoppiste, pur di evitarlo, avevano preferito dividersi il pilota. Stavolta è Elder, il capomeccanico a mettersi di mezzo: non c’è tempo per le ragazze, c’è da preparare il motore turbo per la funny car in vista della nuova stagione. Insomma, per il ragazzone un’altra occasione persa; poco male, anche se il sesso è una cosa fantastica.
Tra l’altro, a proposito di coppie, il film ne è pieno: dall’abbinamento uomo-macchina, al tipo di corse che si disputano in un confronto a due in parallelo, alla rivalità del pilota FastCo di turno con Gary Black, ai due meccanici di un team e dell’altro. Il film riguarda il rapporto di coppia che, curiosamente, almeno in italiano, è un termine che funziona sia in ambito sessuale che motoristico. Insomma, il sesso è bello già per la sua natura meccanica; se poi ci stia il sentimento e che ruolo questo possa avere, questo è un aspetto che Cronenberg non arriva ad affrontare. Nel finale, quando la nuova squadra sorta sulle ceneri del vecchio team FastCo, decide di prendersi una pausa, Lonnie se ne va con Sammy, mentre Billy e Candy invitano il giovane meccanico ad unirsi a loro, approfittando della presenza di un’amica della ragazza. Da notare che il buon motorista non è propriamente attraente, del resto aveva già pagato questa suo scarso sex appeal quando le autostoppiste, pur di evitarlo, avevano preferito dividersi il pilota. Stavolta è Elder, il capomeccanico a mettersi di mezzo: non c’è tempo per le ragazze, c’è da preparare il motore turbo per la funny car in vista della nuova stagione. Insomma, per il ragazzone un’altra occasione persa; poco male, anche se il sesso è una cosa fantastica.
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