246_MARK IL POLIZIOTTO Italia 1975; Regia di Stelvio Massi.
Nel 1975 Stelvio Massi era un discreto direttore della
fotografia appena approdato alla regia e, con Mark il poliziotto, suo quarto lungometraggio, centra il bersaglio
grosso al botteghino con un prodotto nel complesso apprezzabile. Il film è un poliziottesco neppure troppo diverso dal
consueto, giocato sui contrasti tra il protagonista, il commissario Terzi
(Franco Gasparri), un tipo che va per le spicce, e i suoi superiori (tra cui il
questore, interpretato addirittura da Giorgio Albertazzi) che lo invitano a
rimanere nei limiti consentiti dalla legge. Il cattivo è, sempre come da
prassi, un personaggio dall’apparenza rispettabile (l’avvocato Benzi,
nientemeno che Lee J. Cobb) e da sottolineare anche la presenza di un
formidabile caratterista come Giampiero Albertini nei panni del brigadiere
Bonetti. Per completare il discorso su un cast per niente disprezzabile, se Sara
Sperati (è Irene, la ragazza drogata che Terzi aiuta) non lascia particolari
emozioni, più interessante, sebbene per un ruolo certamente minore, è la figura
di Gruber, lo scagnozzo criminale di turno, interpretato con una sua efficacia
dall’ex pugile italo argentino, campione italiano ed europeo, Juan Carlos Duran.
E va detto che proprio nella scelta del cast c’è probabilmente l’intuizione che
permise a Massi di ottenere un sorprendente successo di pubblico con il suo Mark il poliziotto. In particolare fu
indovinata l’idea di puntare su Franco Gasparri, divo dei fotoromanzi e
famosissimo presso le ragazze italiane. Il poliziottesco,
più ancora del poliziesco, era un
filone prettamente maschile, anche perché
nella corrente italiana del genere la violenza era portata all’eccesso, sia nel
linguaggio che nelle scene di azione.
La presenza di Gasparri finì quindi per allargare la platea del pubblico interessato al film all’altra metà del cielo, sebbene poi, nel rispetto degli stilemi della corrente cinematografica del poliziesco all’italiana, la trama rosa o sentimentale, non è sviluppata. Ci sono però alcune attenzioni che Massi probabilmente opera: il linguaggio nei dialoghi meno violento e scurrile, o l’attenzione per il problema della droga (comune anche alle giovani) rendono Mark il poliziotto un prodotto un po’ defilato, meno crudo, rispetto ad altri tipici esempi di poliziesco di casa nostra.
Alcune scene, come quella finale, sembrano poi omaggiare la carriera dell’attore protagonista, che si produce in alcune pose che sarebbero ideali in un ipotetico fotoromanzo poliziesco. Unica nota veramente dolente, la morte del brigadiere Bonetti: il mitico Giampiero Albertini, tolto di mezzo troppo presto, è un delitto che non si può accettare. Nemmeno in un poliziottesco.
La presenza di Gasparri finì quindi per allargare la platea del pubblico interessato al film all’altra metà del cielo, sebbene poi, nel rispetto degli stilemi della corrente cinematografica del poliziesco all’italiana, la trama rosa o sentimentale, non è sviluppata. Ci sono però alcune attenzioni che Massi probabilmente opera: il linguaggio nei dialoghi meno violento e scurrile, o l’attenzione per il problema della droga (comune anche alle giovani) rendono Mark il poliziotto un prodotto un po’ defilato, meno crudo, rispetto ad altri tipici esempi di poliziesco di casa nostra.
Alcune scene, come quella finale, sembrano poi omaggiare la carriera dell’attore protagonista, che si produce in alcune pose che sarebbero ideali in un ipotetico fotoromanzo poliziesco. Unica nota veramente dolente, la morte del brigadiere Bonetti: il mitico Giampiero Albertini, tolto di mezzo troppo presto, è un delitto che non si può accettare. Nemmeno in un poliziottesco.
Nessun commento:
Posta un commento