234_OPERAZIONE SOTTOVESTE (Operation Petticoat). Stati Uniti 1959; Regia di Blacke Edwards.
L’idea del giovane regista Blake Edwards di utilizzare in
modo inconsueto l’ambientazione in un sottomarino è geniale; dal Ventimila leghe sotto i mari del 1907
all’uscita di questo Operazione
sottoveste, andando molto all’incirca, si contano soltanto una quindicina di
film girati nei sommergibili: eppure possono già vantare le stigmate del sottogenere. A parte qualche esempio
fantascientifico (come il citato precursore), i film ambientati nei sottomarini
sono di genere bellico, visto che il sommergibile è uno scafo utilizzato
prevalentemente in guerra. Le caratteristiche che rendono praticamente sempre
intriganti queste pellicole sono lo spazio ridotto in cui sono chiamati a
muoversi i protagonisti, e il senso di oppressione dal sapere che, fuori dallo
scafo, l’acqua delle profondità marine rende impossibile ogni via di fuga. Una
sorta di claustrofobia amplificata, quindi, che facilita il lavoro degli
addetti ai lavori, i quali possono partire da questa base emotiva già
naturalmente in dote a questa ambientazione. Proprio la natura bellica delle
pellicole e del sottomarino rende abitualmente le storie ivi raccontate, tese,
concentrate, con personaggi che si muovono con capacità ed efficienza, al fine
di ottimizzare gli spazi di manovra e le risorse (in genere esigue anch’esse,
dato lo spazio ridotto). Tutto questo c’entra relativamente poco con Operazione sottoveste, ma serve
premetterlo perché è in questo contesto che Edwards introduce quelle variazioni sul tema che danno luogo ad
un film dall’esito totalmente diverso dai suoi compagni di genere: una commedia leggera e divertente al posto del
tipico racconto adrenalinico.
Per prima cosa, accanto ad un prototipo di perfetto
ufficiale di marina, il comandante Sherman (Cary Grant), viene affiancato il
tenente Holden (Tony Curtis) un imboscato dedito alla bella vita e a ogni sorta
di commercio illecito più che alla carriera militare. Il Sea Tiger, così si chiama il sommergibile in questione, è però
stato danneggiato da un attacco aereo quando era ancorato nel porto, e così
l’attitudine mercantile di Holden risulta utile in un contesto di totale
assenza di pezzi di ricambio.
In seguito ad altre peripezie, non propriamente
decorose dal punto di vista bellico, il Sea
Tiger è costretto a dover imbarcare cinque ufficiali dell’Army Nurse Corps, che sono al contempo
cinque ragazze di gradevole aspetto (e nel caso di Joan O’Brien che interpreta
il tenente Dolores Crandall e Dina Merrill nei panni del tenente Barbara Duran,
il giudizio è decisamente di manica troppo stretta). La presenza di cinque donne in un ambiente
angusto e prettamente maschile provoca una serie di equivoci e situazioni dove
emerge la fisicità delle ragazze: gli incroci nel corridoio resi difficoltosi
dalla prosperosità del tenente Crandall, o la discesa della scaletta in
calzoncini del tenente Duran, sono tra i momenti più apprezzabili e non solo
per l’ingrediente comico.
A suggello della situazione, il sommergibile viene
dipinto di rosa (combinazione tra bianco e il rosso della pittura antiruggine
al minio) salvo poi mancare il tempo per la definitiva mano di grigio. Sommergibile rosa a parte, la bravura di Blake
Edwards è che, nonostante il tema del film sia l’effetto di cinque femmine in un ambiente totalmente
maschile, il tenore generale rimane sempre scanzonato e mai eccessivamente
morboso o volgare. C’è anche un passaggio esplicito, in tal senso, dove un
marinaio invita i colleghi a mantenersi rispettosi nei confronti del gentil sesso. Grant recita senza il
minimo sforzo, in fondo forse un po’ realmente a metà tra il perplesso e il
compiaciuto nel vedere il giovane Tony Curtis agitarsi tanto.
Il quale, è
credibilissimo nella parte sempre su di giri di chi è intento a brigare in ogni
modo pur di raggiungere i suoi scopi. Delle controparti femminili si è già
detto, ma una nota di merito va a Joan O’Brien: nonostante sia responsabile,
con la sua esuberanza fisica, del tragicomico affondamento di un camion nemico in luogo di una petroliera, a lei
dobbiamo la morale dell’intera
storia. Insieme ad altra biancheria intima delle infermiere, è infatti un suo reggiseno, un’arma davvero atomica, ma in senso buono, anzi
buonissimo, che sparato
(letteralmente) dal Sea Tiger salva la vita all’equipaggio.
Per concludere: con simili munizioni, si rafforza il concetto 'meglio fare l’amore che la guerra'.
Dina Merrill
Joan O'Brien
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