244_LE SCHIAVE DI CARTAGINE Italia, Messico, Spagna 1956; Regia di Guido Brignone.
Classico peplum
adatto al circuito parrocchiale del tempo per via del messaggio cristiano, Le schiave di Cartagine di Guido
Brignone merita di essere ricordato per la fulgida interpretazione di una bellissima
Gianna Maria Canale. La ventinovenne Miss
Calabria 1947 è all’apice della forma, non solo fisica, e il suo fascino
domina la scena relegando tutti gli altri interpreti a ruoli di contorno.
Nonostante questo suo stato di particolare grazia, il copione le affida la parte
della perfida Giulia Marzia, figlia del proconsole romano di Tarso, in Cilicia; innamorata, ma non corrisposta, del tribuno Marco Valerio (Jorge Mistral), un
semplice ufficiale militare. Per la verità il ruolo di cattiva le si addice e
nella splendente malvagità risulta
sullo schermo particolarmente affascinante: non si spiega, però, lo scarso
risultato ottenuto poi nella vicenda. E per la donna la questione si complica quando Marco Valerio si innamora di Lea, una schiava cristiana di proprietà proprio di
Giulia Marzia, mentre Publio Cornelio (il bravo Luigi Pavese, l’unico a reggere
la scena oltre alla Canale) trama in Senato per conquistare il potere. Questi
induce lo smidollato Flavio Metello (Ruben Rojo) ad uccidere il proconsole (padre di Giulia Marzia),
facendo ricadere la colpa sui cristiani: in questo modo la rottura tra Giulia
Marzia e Marco Valerio diverrà insanabile, aprendo uno spiraglio allo stesso
Flavio Metello nelle grazie della donna e al titolo di proconsole, assecondando
appunto i piani dell’infido Publio Cornelio. Trame ingarbugliata, d'accordo, ma tanto poi il tutto andrà a gambe
all’aria come da prevedibile copione; non prima di aver assistito alcuni cristiani, indomiti nella loro
fede, sopportare il martirio.
Ma, seppur potenzialmente interessante, non è
certo quello della fede un tema approfondito da quello che rimane un film di avventura con venature
sentimentali, come già detto memorabile solo per la presenza di una sontuosa
Gianna Maria Canale. E, occorre ribadirlo, se sorprende veder recitare un ruolo negativo in cui
il suo innegabile fascino non trova il riscontro sperato, non rimedia neppure
riscatto nella banale e truculenta morte che il copione le riserva. Misteri
del cinema italiano.
Gianna Maria Canale
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