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martedì 13 novembre 2018

SPIDER-MAN: HOMECOMING

240_SPIDER-MAN: HOMECOMING ; Stati Uniti, 2017. Regia di Jon Watts.

A volte abbiamo visto come il titolo di un film ci offra già la chiave di lettura dell’opera, o almeno uno spunto per un’intuizione. Stavolta il titolo è già di per sé un punto nevralgico: a cosa si riferisce l’homecoming che denomina il film di Jon Watts, viene infatti da chiedersi? Piccola annotazione: probabilmente i due punti dopo il nome del super-eroe protagonista sono messi proprio per evidenziare il significato del termine, homecoming, appunto, ritorno a casa; l’interrogativo rimane, quindi, anzi ne esce sottolineato. Un tempo, e pensiamo a quando L’Uomo Ragno era solo un personaggio dei fumetti o dei cartoni animati (o al massimo di qualche improbabile tv movie di fine anni 70), un meccanismo assai diffuso noto come sospensione dell’incredulità, permetteva ad autori e appassionati di ‘credere’ alle mirabolanti avventure dell’arrampicamuri. Quando Spider-Man arrivò finalmente al cinema, nel 2002, Sam Raimi sapeva già di avere a che fare con spettatori divenuti molto più smaliziati, molto più consapevoli, per cui l’approccio fu più ammiccante: tra autore e spettatore c’era una sorta di intesa per cui si poteva passar sopra ai tanti presupposti che stanno alla base delle avventure dei supereroi e che volendo potrebbero essere opinabili sotto l'aspetto della credibilità. Non era certo questa la peculiarità più importante del lavoro di Raimi su Spider-Man, ci mancherebbe, ma questo passaggio è importante perché serve a capire come uno dei presupposti di Spider-Man: Homecoming sia il risultato di una sorta di sviluppo progressivo. In origine il prodotto era semplicemente veicolato dall’autore al fruitore (lettore o spettatore che fosse); poi, ai tempi di Raimi, lo spettatore fu maggiormente coinvolto, serviva il suo tacito accordo, una sua maggiore condivisione. 

Oggi, con una consapevolezza ancora superiore dei propri mezzi, autori e produttori, sono divenuti maggiormente autoreferenziali, cioè in sostanza sembra che si preoccupino molto meno di cosa possa dire o pensare il grande pubblico. Quindi la progressione è stata: 1_il lettore/spettatore ingenuo rimane estasiato e si beve ogni cosa; 2_lo spettatore competente deve ed è complice; 3_il personaggio è così affermato che gli autori e la casa di produzione si relazionano più tra di loro e con i fedelissimi che con il resto della platea, che seguirà l’onda senza porsi troppi problemi. La cosa di per sé non è assolutamente un limite, ma potrebbe diventarlo. Ma, tornando all’opera in questione, a cosa si riferisce, insomma, questo ritorno a casa

Riguarda, come è noto, il ritorno del personaggio Spider-Man in seno alla Marvel, intesa nel senso cinematografico, ovvero l’approdo dell’Uomo Ragno al Marvel Cinematic Universe. I diritti dell’arrampicamuri furono infatti acquistati dalla Sony, che ci ha fatto cinque film nell’arco di 12 anni; film che sono però fuori da quell’universo Marvel che rappresenta la versione cinematografica della celebre continuity, uno degli storici marchi di fabbrica della Casa delle Idee. Ecco quindi qual è il significato del ritorno a casa di Peter Parker, il suo ri-approdo in seno alla casa madre. In tutto questo gossip c’è però una cosa davvero significativa: ad avere l’onore di nominare il film, a renderlo riconoscibile, è un aspetto che non è importante per la stragrande maggioranza degli spettatori, (ovvero quelli che pagano e a cui in fin dei conti è diretta l’opera) che possono tranquillamente vivere ignorando tutto ciò; e detta maggioranza lo farà, perché la portata dei film dei super-eroi è immensamente superiore a quella dei comics da cui derivano. Questo significa che tantissime persone vedono il film ma nulla sanno, se non in modo generico, della vita editoriale del personaggio e dei suoi travagli tra le majors cinematografiche; e ancor meno gliene importa. Ma questo ci dice, di conseguenza, che la celebrazione, già evidenziata nel titolo, del ritorno alla casa madre dell’Uomo Ragno non è tanto rivolta agli spettatori, ma agli addetti ai lavori (e al massimo ai fan più sfegatati).

Tutto questo discorso non è fatto per puro spirito di curiosità ma perché ci dice anche che la voglia di riappropriarsi del personaggio, palesata in questo modo, sembra genuina: è un'autocelebrazione che non sposta probabilmente gli incassi ma dimostra una passione che possiamo azzardare sincera. In un film che rientra in tutto e per tutto nel cosiddetto cinema commerciale, dove tutto sembra calcolato in modo speculativo, è un piccolo ma significativo segnale di come, oltre agli interessi di bottega, alla Marvel abbiano sinceramente a cuore anche il destino dei loro eroi. E questo è certamente un fatto molto positivo.
Detto questo il film è avvincente, vivace e un po’ sbarazzino e, sebbene sia una sorta di ulteriore re-boot, non perde inutile tempo per le origini del personaggio, si smarca pesantemente rispetto a molti canoni classici della serie (a fumetti e non), mentre azzecca perfettamente lo spirito dell’eroe.


Zendaya


Marisa Tomei



1 commento:

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