212_LA VEDOVA WINCHESTER (Winchester). Stati Uniti, Australia 2018; Regia di Michael e Peter Spierig.
La vedova Winchester,
oltre che una storia ispirata da fatti realmente accaduti, è, evidentemente già dal manifesto, un film horror. E
un film dell’orrore, bisogna saperlo fare; non è un’impresa disperata, sia
chiaro, ma la meccanica dei passaggi
narrativi deve fare oggi i conti con spettatori sempre più smaliziati. Negli
anni 70, per fare un esempio, non c’erano videoregistratori e le emittenti
televisive erano poche; ora, oltre all’offerta enorme e variegata, basta andare
su internet per riuscire a guardarsi
un film quando si vuole. Se per molti generi questo non cambia di molto le
cose, per il cinema dell’orrore, che spesso gioca con lo spettatore per
sorprenderlo, spiazzarlo, e quindi spaventarlo, è chiaro che un pubblico più preparato
rappresenta una difficoltà oggettiva.
Ciò non toglie che un’ambientazione scenica ben curata dal
punto di vista delle scenografie e soprattutto della colonna sonora, sia ancora
di grande aiuto. In ogni caso, la scena della specchiera, in avvio di La vedova Winchester, sembra una prova
di talento dei registi, i gemelli Spierig: l’attenzione dello spettatore è
guidata con grande maestria, per poterlo poi sorprendere a ripetizione; effetto
pelle d’oca assicurato. Detto quindi delle capacità tecniche dei registi, va
sottolineato come sia valida anche l’impalcatura generale del film, con Sarah
Winchester (Helen Mirren), erede della nota fabbrica di armi da fuoco (tra cui
la mitica carabina dei film western), che patisce il senso di colpa per i morti
causati dai prodotti dell’azienda di famiglia. Ma a turbarla sono davvero i sensi
di colpa o c’è, come si sospetta, una vera e propria maledizione?
Su questa
ambiguità, alimentata anche dal fatto che il dottor Price (Jason Clarke)
chiamato a far luce sulla questione, è dipendente dal laudano (un veleno usato
come droga) e quindi assai poco attendibile, si gioca parte del film. Film che
prende man mano la traccia della maledizione che pende sui Winchester; mentre la
questione sulla responsabilità oggettiva delle morti per la vedova (e soci), ovvero di
essere produttore di oggetti fabbricati al preciso scopo di ferire e uccidere, non
riesce ad emergere in modo convincente, quando avrebbe potuto e dovuto esserne connessa
per dare forza al racconto.
Di contro, anche la scusante che un'arma non è né
buona né cattiva, ma dipende dall’uso che se ne fa, è buttata là e, oltre ad
essere comunque poco credibile, non è approfondita in modo adeguato. Un altro
elemento potenzialmente interessante è la Winchester House , la residenza dove ha luogo la
storia, una spaventosa abitazione con un numero sempre in evoluzione di stanze,
camere, corridoi, scale, spesso edificate senza logica apparente. Dentro le
stanze la vedova fa rinchiudere, sigillandole con 13 chiodi, gli spiriti dei
morti ammazzati dalle armi winchester, fino a che non trovino pace. La casa
esiste davvero, in California, ma quella che si vede nel film sembra più che
altro una ricostruzione troppo posticcia; peccato veniale. Ben più grave è che
la stessa residenza non riesca, in fin della fiera, a ergersi davvero
protagonista, ma rimanga come ulteriore sensazione di occasione sprecata.
Che è l’impressione generale del film: gli elementi c’erano,
ma poi la storia va a risolvere la trama con soluzioni classiche del cinema
horror, senza darne uno spessore che elevi il lavoro a qualcosa di più di mero
intrattenimento.
Che rimane legato (o meglio, relegato) alle scene d’effetto,
peraltro sempre tecnicamente valide.
Helen Mirren
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