215_BANDITI A MILANO Italia, 1968; Regia di Carlo Lizzani.
Film di culto che segnò il genere poliziesco
italiano, gettando le basi per il fiorire nel decennio successivo del
cosiddetto poliziottesco, Banditi a Milano di Carlo Lizzani è un
lungometraggio che si apre in modo spiazzante. Il tema del racconto è ispirato alle
gesta della banda Cavallero, al tempo
freschissime e clamorose: nel giro di un breve periodo i quattro banditi torinesi
compirono ben 17 rapine. L’idea di Lizzani è quindi quella di sfruttare la scia
della cronaca dirigendo un vero e proprio instant
movie. Forse anche per introdurre in modo esplicito questo aspetto, la
parte iniziale è strutturata un po’ come un cinegiornale ma, per la verità,
rimane il dubbio che le strampalate teorie sociologiche (ad esempio il crimine
diffuso imputabile ai fumetti) che si possono ascoltare siano piuttosto
passaggi ironici indirizzati ai benpensanti. Meno male che, in ogni caso, poi
prende piede una forma narrativa più consueta, l’indagine delle forze
dell’ordine da un lato e l’attività dei criminali dall’altro, pur mantenendo un
generale aspetto di grande aderenza realistica. Se Tomas Milian, nei panni del
commissario Basevi, mantiene un profilo basso, Gian Maria Volonté, che
interpreta il capobanda Piero, si scatena in una prestazione recitativa
costantemente sopra le righe, andando a richiamare gli atteggiamenti di quel
Pietro Cavallero a cui il suo personaggio fa riferimento.
Questo suo modo enfatico, così come anche i furibondi inseguimenti con le vetture o le sparatorie senza quartiere, si innestano in modo convincente sul realismo generale, dando una connotazione nuova e originale al genere guardie e ladri. L’attenzione al dettaglio quotidiano di seconda importanza, come ad esempio la figura dell’uomo che cerca la sua automobile e che ritorna più volte nel racconto, è un altro elemento che contribuisce all’aspetto realistico, come del resto anche la telefonata della mitomane su cui Lizzani si sofferma più del prevedibile. In generale l’operazione del regista romano si può dire pienamente convincente, fatto salvo qualche dubbio per il curioso incipit documentaristico: ma Banditi a Milano è un film duro e riuscito.
Questo suo modo enfatico, così come anche i furibondi inseguimenti con le vetture o le sparatorie senza quartiere, si innestano in modo convincente sul realismo generale, dando una connotazione nuova e originale al genere guardie e ladri. L’attenzione al dettaglio quotidiano di seconda importanza, come ad esempio la figura dell’uomo che cerca la sua automobile e che ritorna più volte nel racconto, è un altro elemento che contribuisce all’aspetto realistico, come del resto anche la telefonata della mitomane su cui Lizzani si sofferma più del prevedibile. In generale l’operazione del regista romano si può dire pienamente convincente, fatto salvo qualche dubbio per il curioso incipit documentaristico: ma Banditi a Milano è un film duro e riuscito.
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