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martedì 18 settembre 2018

TONYA

210_TONYA (I, Tonya). Stati Uniti 2017;  Regia di Craig Gillespie.

Certo che a volte è davvero dura, farsi capire; prendiamo, per esempio, le polemiche scatenate intorno a Tonya, il biopic di Craig Gillespie, incentrato sulla pattinatrice americana Tonya Harding, rimasta celebre (e condannata in tribunale) per la controversa questione dell’attentato alla rivale Nancy Kerrigan. Secondo alcuni il film di Gillespie cercherebbe di riabilitare la figura della Harding addirittura a discapito della stessa Kerrigan, che fu la vittima dell’aggressione. In realtà il regista australiano non è tanto interessato a ricostruire la vicenda, anche perché ci sono già stati processi e inchieste in merito. E, per ribadire il concetto, lo fa esprimere direttamente alla protagonista, la stessa Tonya interpretata da una un po’ imbruttita (si fa per dire) Margot Robbie: ci sono tante verità e non una sola. Il che, sebbene può essere inteso come la negazione del verdetto del tribunale, essendo raccontato nel film significa piuttosto non cercate qui “la verità”, perché al massimo ne troverete “una”, anzi in questo caso più d’una. E i vari personaggi della vicenda, significativamente ripresi nella finzione da fonti differenti (finte registrazioni dell’epoca, finte interviste, finte dichiarazioni) sono lì a dimostrare che è impossibile farsi un’idea anche all’interno di questa presunta ricostruzione degli avvenimenti accaduti. Le presunte testimonianze sono prese da formati video differenti, spesso in contraddizione tra loro nello stesso split-screen, in certi casi guardando in macchina o interrompendo in modo surreale le scene di azione per commentare la situazione... Insomma, è abbastanza chiaro che a Gillespie non interessa più di tanto dimostrare che Tonya Harding sia innocente o colpevole, o anche cosa realmente accadde il 6 gennaio del 1994.

Quello che il regista coglie è l’opportunità di aggiornare la favola di Cenerentola con le nuove coordinate sociali. In effetti gli anni della storia di Tonya sono il culmine degli eighties; apice che, per la cronaca, si concretizzò esattamente nei primi anni 90. E quindi quella di Gillespie potrebbe apparire un’operazione un po’ fuori tempo, visto che il film è del 2017. Ma certo non sarà passato inosservato il poster elettorale di Ronald Reagan, a casa di Shawn, lo scellerato amico dell’altrettanto scellerato Jeff (Sebastian Stan), il marito di Tonya; beh, se sostituiamo l’immagine di Ronnie con quella di Trump il gioco è fatto. Eccovi servita una storia ambientata nella terra di quei white-trash (bianchi-spazzatura, ovvero i poveri di razza bianca) che costituiscono l’elettorato simbolicamente principale dell’attuale presidente degli Stati Uniti d’America.

E quella che abbiamo è appunto una moderna versione di Cenerentola, che delle favole è certo una di quelle che incarna meglio il mito del sogno americano che proprio Trump ha dichiarato di voler rilanciare. Solo che, per la povera Tonya, non c’è affatto il lieto fine al termine di una scalata al successo che era stata davvero dura. Dapprima lotta contro la situazione famigliare, tra una mamma sciagurata (strepitosa Allison Janney nei panni di LaVona Harding) ed un marito violento, poi contro le condizioni sociali, ma con la forza di volontà e il talento riesce ad emergere; in seguito trova lo scoglio del suo atteggiamento poco aggraziato, poco conforme alle regole, ma se la cava grazie allo strapotere fisico. Sul più bello forse gli si oppone l’ostacolo più duro, negli anni in cui quello che conta non è il talento dell’atleta ma il valore di scambio che si può attribuire ad uno sportivo come pacchetto completo (look, immagine, significato commerciale per le sponsorizzazioni) nel suo caso davvero poco appetibile per la federazione e per gli sponsor. 


La mercificazione della persona, oltre che dello sport, potrebbe essere a questo punto il tema dell’opera e, bontà sua, una delicata, bellissima ed elegante pattinatrice come Nancy Kerrigan non potrebbe davvero essere considerata una vittima, in questo senso: lei era esattamente quello che federazione americana, sponsor e pubblico gradivano come testimonial. Ma nemmeno questo è il punto cruciale, perché ‘finalmente’ irrompe il famigerato colpo di scena, non importa tanto voluto o pianificato da chi: non importa per questa storia, quella del film, ma nel caso Tonya fosse complice, sarebbe un’ulteriore schiaffo al mito della competizione, al farsi da sé costi quel che costi. Ma non è questo il caso, quello che importa qui è che la povera Cenerentola finisce di nuovo a far la sguattera, perché nel sogno americano di Reagan (e quindi di Trump?) i poveri si risvegliano proprio quando stanno volando più in alto, e quello che rimane è solo il tonfo della loro caduta.
Beh, almeno il triplo axel di Tonya è rimasto.

Margot Robbye















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