158_IL LABIRINTO (The Maze). Stati Uniti, 1953; Regia di William Cameron Menzies.
Il labirinto è un prodotto che viene spesso sbrigativamente
archiviato come un mediocre esempio di quei B-Movie che, negli anni ’50,
affollavano gli schermi americani, in genere realizzati per meri scopi
commerciali. E probabilmente l’analisi potrebbe anche essere vicina al vero; ma
è anche innegabile che, ai nostri occhi, questi film possiedono comunque un
certo fascino, un po’ naif, d’accordo ma, vista la genuina ingenuità, viene
spontaneo guardarli con simpatia. E poi anche questo Il labirinto, come già altri suoi coevi film di genere fantastico, qualche freccia al suo arco
c’è l’ha. Innanzitutto è opportuno definirlo come appartenente al genere fantastico perché rimane in bilico tra
le due maggiori correnti cinematografiche, diciamo così, meno realistiche: l’horror e la fantascienza. La storia ha uno spunto fantascientifico (l’origine
del mostro) ma poi l’ambientazione è tipicamente quella di un film dell’orrore.
Che è anche quella che, a dir la verità, funziona meglio: l’incipit del
lungometraggio, sebbene stereotipato sui canoni del genere, è inquietante e la
tensione regge molto bene. Si potrebbe pensare ad una storia di vampiri (i
pipistrelli) o di fantasmi (il castello dalla fama sinistra); invece l’origine
dell’inquietudine è il mostro, anche
se, volendo ben vedere, fin qui saremmo ancora pienamente nel campo horrorifico. In realtà la spiegazione
scientifica per l’origine della bizzarra creatura protagonista della storia rivela
la matrice illuminista dell’opera di
Menzies che, oltre a dare una motivazione più o meno plausibile (se non proprio
credibile) ne smorza, volutamente, il lato inquietante.
Nel finale viene infatti sostanzialmente detto che
non c’è nulla di terrorizzante nel mostro,
che altri non è che un povero disgraziato, un diverso: in questo senso Il labirinto si
può considerare uno dei precursori di quei film di fantascienza del dopoguerra
che concretizzavano sullo schermo, in modo più consapevole, la paura
del diverso (spesso con riferimento oltrecortina, ovvero ai russi nella Guerra Fredda).
Quello di James Cameron Menzies, in quest’ottica, diventa così un film
interessante, dettato da un buon intuito, e del resto il regista aveva già
realizzato pellicole come La vita futura
e Gli invasori spaziali, non
capolavori, certo, ma comunque opere degne di nota. Vero è che nella seconda
parte il film perda parte della sua efficacia, ma nel complesso si tratta di
una pellicola simpaticamente apprezzabile.
Veronica Hurst
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