169_THE MISSING . Stati Uniti, 2003; Regia di Ron Howard.
Ron Howard, regista tipicamente mainstream, si cimenta con il western
dopo Cuori ribelli, la precedente
incursione nel genere risalente ad una decina di anni prima. The missing è un film strano, nel quale
si prova quasi una sensazione di vertigine, alimentata dalla macchina da presa in semicostante
movimento e che si concede spesso escursioni aeree. D’altronde la storia ci
racconta di una difficoltà da parte dei protagonisti, più o meno tutti, a
capire da che parte stare: indiani che si arruolano nell’esercito tradendo la
loro gente, e poi disertano tradendo anche la controparte, sceriffi che non
inseguono i banditi, soldati che non inseguono i rinnegati, donne e bambine che
invece di stare a casa se ne vanno all’inseguimento di una banda di predoni
rapitori di ragazze. In effetti, il film si apre in modo spiazzante, con il southwest americano, visto in tanti film
western assolato e torrido, coperto da un manto di neve con il bestiame che
rischia di morire dal freddo. Al centro della scena Cate Blanchett, una donna
di frontiera ancora bella ma indurita a tal punto da essere quasi antipatica, e
Tommy Lee Jones, un attore che se fosse nato una quarantina di anni prima
sarebbe diventato un habitué del genere western. In ogni caso, vedere Lee Jones
interpretare Samuel/ Chaa-duu-ba-its-iidan (che nella lingua apache dovrebbe
voler dire qualcosa come cazzo sfortunato),
ovvero un bianco rinnegato che ha vissuto con gli Apache abbandonando la
famiglia, ma anni dopo abbandona anche gli indiani per tornare dalla figlia
Maggie (la Blachett ),
vale da solo il prezzo del biglietto.
Tornando alla poco chiara situazione generale, se
poi ci mettiamo che la suddetta figlia fa la guaritrice, in realtà con metodi
rozzi ma scientifici, e che proverà sulla propria pelle l’efficacia della medicina indiana, abbiamo ulteriori
conferme dello stato confusionale in cui versa il paese che Howard vuole
mostrarci. E’ un film di incomprensioni, di equivoci, di ribaltamento di ruoli.
Le ragazze rapite stanno per essere salvate da un indiano, ma si spaventano,
vanificando il tentativo e facendo finir male il loro soccorritore.
Tra Maggie e suo padre, non c’è dialogo né mai c’è stato: la donna, per conoscere meglio il padre, chiede informazioni ad un estraneo, indiano per la precisione. In pratica una donna bianca chiede che uomo fosse il proprio padre ad un Apache, e lo fa in spagnolo, che non è né la sua lingua né quella dell’interlocutore. Alla fine, Maggie troverà la forza di chiedere direttamente al padre il perché dell’abbandono ma, nel momento più commovente, chiuderà la questione con un “tanto non avrai il mio perdono”. Al che, giusto per rimarcare l’estrema difficoltà di dialogo, l’uomo ribatterà “Né io te lo chiedo”.Il film regge, visto che il regista conosce il suo mestiere,
e finché sembra una sorta di moderno spaghetti-western
in versione de-luxe, assolve il suo
compito. Il finale, però, tradisce le ambizioni di Howard, che, purtroppo per
lui, non è Michael Mann (tanto per fare un nome) e la chiusura di The Missing appare anni luce distante
dalla solennità di L’ultimo dei Mohicani.
Ecco, questo è il vero limite dell’opera, che è poi forse anche il limite
dell’autore: gli ingredienti validi ci sono tutti, ma quando è il momento di
dare la stoccata decisiva, manca la cifra autoriale
e, in un genere come il western, quando si cerca di riportare in luce l’epica del
cinema classico (o neo-classico) non si può mascherare il bluff. Ma, al netto
della sensazione di incompiutezza finale, che peraltro rimarca la scarsa definizione
dei ruoli dei protagonisti, il film, sebbene irrisolto, rimane godibile.
E allora il missing del titolo
forse non è tanto la ragazza scomparsa,
ma la mancanza di un vero cuore alla storia di questo film. Che forse è più acuto di quanto si possa pensare.Che sia il cuore, che manchi all'America?
Cate Blanchett
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