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domenica 10 giugno 2018

SOLO: A STAR WARS STORY

160_SOLO: A STAR WARS STORY  Stati Uniti 2018;  Regia di Ron Howard.

Cercare di capire quali siano stati i motivi dell’allontanamento di Phil Lord e Chris Miller dalla regia di Solo: A Star Wars Story può anche essere inutile; in fondo, al di là delle dichiarazioni anonime di un attore o di qualche voce di corridoio, rimane poco e, in ogni caso, non si potrà mai sapere se il nuovo spin off della saga stellare avrebbe potuto essere qualcosa di concretamente diverso. E soprattutto di realmente coinvolgente, appassionante e magari anche un pizzico sorprendente. Perché, spiace naturalmente dirlo, il nuovo film di Guerre Stellari, poi diretto da Ron Howard, scivola via ponderatamente spettacolare certo, magari non proprio rutilante come un banale blockbuster hollywoodiano di recente produzione, ma insomma. Niente di grave, per carità; si tratta di un film divertente e godibile, ma niente, o poco più, di questo. Quando invece, sotto sotto, da quanto ha preso le redini di Star Wars, la produzione Disney ci stava già abituando meglio: soprattutto il precedente ASWS (acronimo per A Star War Story, ovvero i film slegati dalla continuity e che approfondiscono temi o personaggi della saga), Rogue One, aveva davvero destato un’ottima impressione. Ron Howard è un bravo regista, abituato anche alle grandi produzioni, ma spesso il suo approccio può risultare eccessivamente omologato, troppo conforme alla buona norma mainstream. Se, in qualche circostanza, questo aspetto può anche essere apprezzabile (in fondo è una forma di umiltà), in questo specifico caso, questo suo evitare personali e autoriali sovraesposizioni, è decisamente un rischio. 
Perché Guerre Stellari e, nel dettaglio, Han Solo, sono elementi troppo ingombranti e, se non si possiede l’autorevolezza per saperli e volerli gestire con manico, finiscono per occupare la scena con il peso del loro passato, schiacciando però il possibile presente. Che è quello che accade a questo Solo: A Star Wars Story, in cui troviamo più o meno quello che ci si poteva aspettare, nel senso di fatti e avvenimenti che trovassero poi giustificazione nei film della saga successivi (riferendosi alla cronologia interna di Guerre Stellari, visto che questo è sostanzialmente un prequel della vecchia trilogia). 

Se da un lato può anche essere divertente (a patto di essere appassionati di Star Wars; ma si può non esserlo?) trovare le citazioni e i rimandi, bisogna prepararsi al prevedibile esame dei fan più talebani, che certamente troveranno possibili (o anche impossibili) incongruenze, per una volta legittimati a farlo dalla stessa regia (e produzione) che si è sostanzialmente messa su questo stesso piano nella realizzazione dell’opera. Ecco, il vero peccato di questo film non è l’occasione persa per osare un po’ di più; sicuro che la Disney ci riproverà ancora, almeno finché il pubblico le darà corda. 

Il vero rammarico è che, forse il primo vero film dal braccino corto della saga, il primo episodio che tradisca cioè per troppa prudenza, ma forse addirittura per un eccesso di timore riverenziale, quasi sacrale, alla figura del protagonista, sia quello interamente dedicato proprio ad Han Solo, personaggio che della sfrontatezza faceva una delle prerogative fondamentali del suo carisma. Ma è anche vero che, proprio a questo proposito, forse il finale prova addirittura a rimettere un po’ le cose in carreggiata su un piano più vasto.

La parabola discendente di Solo, in effetti, era cominciata dal restyling di George Lucas ai suoi vecchi film, con la celebre e discutibile svolta politically correct: la scena originale (del 1977) nel bar di Mos Eisley era semplice ed efficace, e le giustificazioni del creatore in merito al ritocco del ventennale (apportato nel 1997), non sono mai state troppo convincenti. Han Solo sparava e non per primo, come recita invece lo slogan dei nostalgici Han shot first: sparava infatti solo lui e non il cacciatore di taglie Greedo, che veniva freddato dal nostro eroe svelto di mano. Han Solo uccideva quindi a sangue freddo si, ma per salvarsi la pelle. Che poi è quello che fa il giovane Han nel finale di Solo: A Star Wars Story, e quindi, oltre alla citazione (sebbene la scena ricordi forse di più quella famosissima di Indiana Jones che spara all’uomo armato di spada, del resto Indy era interpretato sempre da Harrison Ford, lo storico Han Solo) ci si può quindi leggere una sorta di ironica ripicca da parte della produzione Disney ai danni di Lucas e delle sue convinzioni riguardo al carattere del suo eroe. 
A pensarci bene, era dura ipotizzare che proprio la Disney invertisse questa rotta; e invece…


Emilia Clarke







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