159_LA ROSA BIANCA -SOPHIE SCHOLL (Sophie Scholl - Die letzten Tage). Germania, 2005; Regia di Marc Rothemund.
Il cinema tedesco probabilmente risente ancora
dell’influenza della Neue Deutsche Film,
la corrente che rilanciò la produzione cinematografica in Germania nel tardo dopoguerra, adottando uno stile contemporaneo
e minore, sulla falsariga del neorealismo italiano o della nouvelle vague francese. E ne La
Rosa Bianca - Rosie
Scholl il regista Marc Rothemund se ne fa carico, mettendo in scena una
pellicola sobria, semplice, riportandoci, con molta discrezione, in Germania, a
Monaco di Baviera, ai tempi del Nazismo. Se del periodo della II Guerra Mondiale abbiamo un’idea
brutale, non la ritroviamo in questo lungometraggio: ci sono degli studenti che
protestano in modo clandestino, certo. Poi decidono anche di mettere in atto un
gesto sovversivo, distribuire volantini di contropropaganda
nell’università, e qui il regista è molto bravo nel creare una sequenza pregna
di suspense. Ma sembra, e lo è, la bravura tecnica di Rothermund a farci
trepidare nel timore che i fratelli Scholl possano venire scoperti; non si
pensa tanto alla paura intrinseca al nazismo, che il regista, opportunamente,
lascia solo sullo sfondo. Anche gli interrogatori della Gestapo, per quanto
severi, inizialmente non ci appaiono poi tanto terrificanti; bravissimo
l’attore Alexander Held nel ruolo dell’investigatore Mohr, sempre ambiguo, e
mai pienamente convinto dalle bugie ben orchestrate da Rosie Scholl (Julia
Jentsch). La ragazza è costretta, man mano che i suoi bluff vengono smentiti, a
confessare le proprie responsabilità, ma appare abbastanza tranquilla,
nonostante sia conscia di quello che rischia, la condanna a morte.
Ma la situazione si fa comunque via via sempre più cupa, e
si arriva al processo che, sbrigativamente, condanna i tre ragazzi incriminati
alla pena capitale. La cosa stranamente non abbatte completamente Rosie: forse
confida che nei 99 giorni di prigionia concessi ai condannati a morte prima
della sentenza, qualcosa possa cambiare. La fine della Germania, dopo la
sconfitta Stalingrado è segnata; chissà che gli alleati arrivino in tempo.
Ma contrariamente alle consuetudini, la sentenza viene
eseguita subito.
Dopo un film nel complesso così sobrio, la vista della ghigliottina,
strumento che anacronisticamente veniva ancora usato nel Terzo Reich, lascia lo
spettatore atterrito quasi quanto i poveri ragazzi. Un colpo basso del regista,
certo, ma salutare se ci costringe a ricordare quanto terribile e spietato fu
il nazismo, non solo sul fronte o nei lager.
Julia Jentsch
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