167_L'ORA PIU' BUIA (Darkest hour). Regno Unito, 2017; Regia di Joe Wright.
Sarà un caso, ma in tempi in cui la Gran Bretagna sta affrontando
lo spinoso nodo della brexit, escono
due film che ci riportano ad una precedente e storica uscita dal continente europeo, quasi una fuga, per decenni
praticamente ignorata dal cinema. Perché se il recentissimo Dunkirk di Christopher Nolan affrontava
in modo esplicito l’evacuazione delle truppe inglesi dalla cittadina francese e
dal continente, questo episodio noto come Operazione
Dynamo è centrale anche in L’ora più
buia, di Joe Wright. Fu infatti questo (in)successo
strategico (portare in salvo 300.000 soldati volle dire avere una forza
militare con cui impostare la difesa dell’isola britannica) che rilanciò la
leadership di Winston Churchill, in quel momento storico, in quell’ora tanto
buia (L’ora più buia, appunto) quando ormai era rassegnato a cedere alle insistenze dei moderati del suo partito, che lo
spronavano a chiedere la mediazione di Mussolini per ottenere la fine delle
ostilità con Herr Hitler. Un tema
caro agli inglesi di questi tempi, o perlomeno particolarmente sentito, sembra
quindi essere l’aggressività della Germania alla quale sottrarsi mediante
l’isolamento al di fuori dell’Europa. Perché magari sono semplici coincidenze
ma, mentre fioccano le ricorrenze con la Grande Guerra , in
Inghilterra ci si concentra su questo strano e particolare episodio dell’altra guerra: in effetti si tratta di
una ritirata simile ad una fuga, niente di cui andar particolarmente fieri, dal
punto di vista militare; anche se la salvezza degli uomini assediati a Dunkirk fu
sicuramente un elemento di grande importanza umana oltre che strategico ai fini
della guerra.
In ogni caso l’approccio generale di Wright è molto diverso
da quello di Nolan e, per il suo film dedicato alla figura di Churchill, il
regista londinese si concede più di una licenza poetica. Se Dunkirk si presenta in modo ben poco
cinematografico e prova a rendere un’idea dell’impatto realistico che la guerra
ebbe vivendola in prima persona, L’ora
più buia si permette il lusso di sperimentare commistioni di più generi di
cinema, per arrivare comunque, probabilmente, ad un’idea credibile, ma in modo
assai meno diretto. E’ facile intendere il film di Wright come una biografia
sul grande schermo, ma salta all’occhio la scarsa credibilità di alcuni
passaggi narrativi, ad esempio la vicenda dell’incontro con i cittadini sulla
metropolitana.
E’ però forse significativo che lo stesso Churchill, nella
finzione del film, quando racconta l’episodio, modifichi un po’ l’accaduto;
forse sono solo piccole bugie, o forse solo scorciatoie della trama, ma è un
fatto che lo stesso primo ministro non sia mai (nemmeno in quell’occasione)
troppo sincero. E quindi non ci si deve stupire se, anche il regista,
nell’ottica di ottenere il miglior risultato finale, si conceda qualche licenza poetica. Un ulteriore conferma a
riguardo della scarsa attendibilità letterale di quanto mostrato, si può
dedurre da alcune scelte registiche, come l’utilizzo delle scritte in
sovraimpressione. Se nei biopic, o
anche nei film storici, le didascalie sono spesso utilizzate come riferimenti
attendibili a cui ancorare la vicenda, (e sono per lo più stilisticamente fredde
ed impersonali proprio per ribadirne l’oggettività), Wright, per evidenziare lo
scorrere dei giorni, utilizza uno stratagemma riconducibile al melodramma (il
datario che cambia le cifre ricorda il classicissimo calendario che si sfoglia
coi foglietti dei giorni che svolazzano via), che di tutti i generi è, per via
dell’enfatizzazione generale delle emozioni e dei sentimenti, tra i meno
credibili. In questo quadro si inserisce a pennello anche l’interpretazione di
Churchill offerta da uno strepitoso Gary Oldman, meno fisicamente somigliante
di quanto poi riesca a rendere credibile e memorabile il leader inglese. Sempre
affascinante, nonostante i 58 anni, Kristin Scott Thomas, ma in generale il
cast è ben assemblato e le ricostruzioni di scena offrono un gran colpo d’occhio.
Il risultato finale è un film appassionante, interessante,
come in genere lo sono i film storici ma, in questo caso, anche divertente.
E anche una conferma che, agli inglesi, in qualunque modo decidano di
dirlo, l’idea europea non li ha mai
del tutto convinti.
Kristin Scott Thomas
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