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domenica 24 giugno 2018

L'ORA PIU' BUIA

167_L'ORA PIU' BUIA (Darkest hour). Regno Unito, 2017;  Regia di Joe Wright.

Sarà un caso, ma in tempi in cui la Gran Bretagna sta affrontando lo spinoso nodo della brexit, escono due film che ci riportano ad una precedente e storica uscita dal continente europeo, quasi una fuga, per decenni praticamente ignorata dal cinema. Perché se il recentissimo Dunkirk di Christopher Nolan affrontava in modo esplicito l’evacuazione delle truppe inglesi dalla cittadina francese e dal continente, questo episodio noto come Operazione Dynamo è centrale anche in L’ora più buia, di Joe Wright. Fu infatti questo (in)successo strategico (portare in salvo 300.000 soldati volle dire avere una forza militare con cui impostare la difesa dell’isola britannica) che rilanciò la leadership di Winston Churchill, in quel momento storico, in quell’ora tanto buia (L’ora più buia, appunto) quando ormai era rassegnato a cedere alle insistenze dei moderati del suo partito, che lo spronavano a chiedere la mediazione di Mussolini per ottenere la fine delle ostilità con Herr Hitler. Un tema caro agli inglesi di questi tempi, o perlomeno particolarmente sentito, sembra quindi essere l’aggressività della Germania alla quale sottrarsi mediante l’isolamento al di fuori dell’Europa. Perché magari sono semplici coincidenze ma, mentre fioccano le ricorrenze con la Grande Guerra, in Inghilterra ci si concentra su questo strano e particolare episodio dell’altra guerra: in effetti si tratta di una ritirata simile ad una fuga, niente di cui andar particolarmente fieri, dal punto di vista militare; anche se la salvezza degli uomini assediati a Dunkirk fu sicuramente un elemento di grande importanza umana oltre che strategico ai fini della guerra. 

In ogni caso l’approccio generale di Wright è molto diverso da quello di Nolan e, per il suo film dedicato alla figura di Churchill, il regista londinese si concede più di una licenza poetica. Se Dunkirk si presenta in modo ben poco cinematografico e prova a rendere un’idea dell’impatto realistico che la guerra ebbe vivendola in prima persona, L’ora più buia si permette il lusso di sperimentare commistioni di più generi di cinema, per arrivare comunque, probabilmente, ad un’idea credibile, ma in modo assai meno diretto. E’ facile intendere il film di Wright come una biografia sul grande schermo, ma salta all’occhio la scarsa credibilità di alcuni passaggi narrativi, ad esempio la vicenda dell’incontro con i cittadini sulla metropolitana. 

E’ però forse significativo che lo stesso Churchill, nella finzione del film, quando racconta l’episodio, modifichi un po’ l’accaduto; forse sono solo piccole bugie, o forse solo scorciatoie della trama, ma è un fatto che lo stesso primo ministro non sia mai (nemmeno in quell’occasione) troppo sincero. E quindi non ci si deve stupire se, anche il regista, nell’ottica di ottenere il miglior risultato finale, si conceda qualche licenza poetica. Un ulteriore conferma a riguardo della scarsa attendibilità letterale di quanto mostrato, si può dedurre da alcune scelte registiche, come l’utilizzo delle scritte in sovraimpressione. Se nei biopic, o anche nei film storici, le didascalie sono spesso utilizzate come riferimenti attendibili a cui ancorare la vicenda, (e sono per lo più stilisticamente fredde ed impersonali proprio per ribadirne l’oggettività), Wright, per evidenziare lo scorrere dei giorni, utilizza uno stratagemma riconducibile al melodramma (il datario che cambia le cifre ricorda il classicissimo calendario che si sfoglia coi foglietti dei giorni che svolazzano via), che di tutti i generi è, per via dell’enfatizzazione generale delle emozioni e dei sentimenti, tra i meno credibili. In questo quadro si inserisce a pennello anche l’interpretazione di Churchill offerta da uno strepitoso Gary Oldman, meno fisicamente somigliante di quanto poi riesca a rendere credibile e memorabile il leader inglese. Sempre affascinante, nonostante i 58 anni, Kristin Scott Thomas, ma in generale il cast è ben assemblato e le ricostruzioni di scena offrono un gran colpo d’occhio.
Il risultato finale è un film appassionante, interessante, come in genere lo sono i film storici ma, in questo caso, anche divertente.
E anche una conferma che, agli inglesi, in qualunque modo decidano di dirlo, l’idea europea non li ha mai del tutto convinti.



Kristin Scott Thomas



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