290_SUSPIRIA ; Italia, Stati Uniti 2018; Regia di Luca Guadagnino.
Innanzitutto bisogna dire che hanno delle ragioni quelli che
si chiedono se ha senso rifare un film che ha fatto epoca come Suspiria di Dario Argento. Se dovessimo
rispondere in ottica nostalgica, probabilmente dovremmo dire no, e quindi
riconoscere che hanno ragione quei puristi
che hanno disdegnato l’opera di Luca Guadagnino, il discusso remake (o come lo
si vuol chiamare) del capolavoro argentiano.
Ma, in realtà, il discorso di Guadagnino c’entra relativamente con il film di
Argento; oddio, la storia è più o meno quella e con gli stessi personaggi e
quindi a livello formale non si scappa. Del resto il film si intitola allo
stesso modo e nel suo complesso l’operazione è esplicita. Però, forse, il
regista siciliano prende il film di Argento non tanto come opera in se stessa,
ma come emblema di un certo periodo storico: il Suspiria originale, oltre ad essere un salto (non solo qualitativo)
ulteriore nella cinematografia di Argento, arrivava nel periodo forse più
critico della storia sociale degli anni settanta italiani ed europei. L’aspetto
romantico della rivoluzione sessantottina era ormai un lontano ricordo e quello
che rimaneva era solo l’atmosfera plumbea dei cosiddetti, appunto, anni di piombo. Suspiria era, insomma, la quintessenza, horror ça va sans dire, del 1977 e di quel periodo storico; certo, ne il
cinema di Dario Argento ne il thriller
all’italiana (conosciuto a livello internazionale col termine giallo) che spesso sconfinava
nell’horror (come appunto Suspiria)
avevano una consapevolezza politico/sociale; era cinema di cassetta, di
intrattenimento. Ma, ‘guarda caso’,
autori e pubblico del cinema del terrore si trovano sempre sintonizzati sulla
stessa lunghezza d’onda in determinati periodi storici, forse perché la funzione
primaria dell’horror è quella di cristallizzare sullo schermo le paure e le
angosce collettive, con un effetto catartico a suo modo terapeutico.
E Argento
e i suoi colleghi italiani, con i loro truci lavori, furoreggiarono negli anni
‘70 mentre, nel decennio successivo, non riuscirono più a cogliere in modo
adeguato l’aria che tirava negli edonisti eighties.
Ma, cosa c’entra, tutto questo con il Suspiria di Luca Guadagnino? C’entra eccome, perché serve a capire
innanzitutto il perché ci si sia preso la briga di scomodare un simile testo
filmico, ovvero l’originale argentiano.
E per comprendere meglio anche un altro azzardo del regista nato a Palermo,
ovvero l’innesto sulla trama horror delle questioni legate all’Olocausto e al
terrorismo dell’epoca. Soprattutto il riferimento al dramma della Shoah può lasciare perplessi, essendo un
argomento delicato (anche più di rimettere
mano ad un capolavoro del cinema
horror osannato e tutelato dai fan talebani). In sostanza (e anche stando alle
stesse parole del regista) il nuovo Suspiria
è un film sulla fine degli anni settanta, di cui il film di Argento è il
migliore esempio per coagulare, attraverso un film di intrattenimento, le
concrete vecchie angosce legate allo sterminio degli ebrei, al tempo non ancora
risolte (Berlino città divisa), e quelle più recenti legate del terrorismo
tipico degli anni 70.
Ma perché farlo oggi, oltre 40 anni dopo? Perché quella che
viviamo è forse l’epoca da resa dei conti più inesorabile della Storia, con il
pianeta che sta andando a picco sotto ogni punto di vista, dall’ecologia,
all’economia, agli aspetti sociali. Stanno arrivando al pettine tutti i nodi
lasciati colpevolmente in sospeso dall’opportunistica smemoratezza odierna (e a
cui forse si rivolge, la protagonista nel finale dopo i titoli, inducendo la nostra dimenticanza?) Per cui, mai come adesso,
può sembrare il momento propizio per cui la Madre Suspiriorium si
presenti a raccogliere il suo tributo.
C’è dunque più che altro una questione
morale alla base del nuovo Suspiria,
e non solo formalmente artistica, nonostante l’ambientazione in una compagnia
di ballo. Lo dice espressamente Helena Markos (Tilda Swinton), non c’entra ne
l’ambizione ne l’arte, nonostante Madame Blanc (sempre la Swinton , nel secondo dei
suoi tre ruoli) avesse poco prima fornito una possibile traccia in quel senso. Secondo
la Blanc , la
propria arte deve fluire attraverso il corpo di Susie (Dakota Johnson) che, come
interprete del ballo, deve divenire un potente strumento per il propagarsi del
messaggio artistico. L’arte prevalga sulla vanità personale e sulla bellezza: l’arte deve rompere il naso alla bellezza,
per la precisione. Di diverso avviso (e pericolose intenzioni) la Markos , che ne farebbe
invece una questione meramente alimentare, cercando di rinvigorire la sua
sopravvivenza. La Madre Suspiriorium è
quindi contesa: Madame Blanc e l’arte o Helena Markos e l’avidità personale? Il
fatto che siano interpretate dalla stessa attrice ci dice che si tratta di
facce della stessa medaglia. Suspiria
è quindi sia cinema d’arte che alimentare? Sia uno che l’altro, ma anche oltre,
almeno nelle ambizioni. Perché il film di Guadagnino è ben confezionato,
ipnotico e affascinante. E poi ci sono scene davvero terrorizzanti, tipo quella
in cui il dottor Josef (ancora la
Swinton !) non trova più la moglie e viene catturato dalle
streghe, mentre sono notevoli e per stomaci forti le sequenze più splatter.
Ma il nuovo Suspiria
è anche un cinema morale. La Madre Suspiriorium tanto invocata questa volta arriva davvero, ed è la più giovane del lotto. Non sono le vecchie
streghe incartapecorite che dobbiamo temere, ma le nuove generazioni, quelle
non accettate quando non volute (la madre di Susie che la odia), a cui stiamo
lasciando un mondo in sfacelo e che arrivano a portarci il conto da pagare di
anni e anni di errori e di orrori (nel film l’olocausto o il terrorismo, ma
anche l’ambizione e l’avidità personale della Markos e delle sue sgherre).
L’arte non è quindi il messaggio che deve passare nel corpo
dell’artista, ma il tramite attraverso il quale portare valori etici e morali.
Chi ha sbagliato paghi. E chi invece non ha colpe così gravi, come il dottor Josef,
smetta di tormentarsi, e viva senza rimorsi, sereno come una giornata di sole
nella casa dove aveva inciso il suo sincero messaggio d'amore per la moglie.
E quindi, tornando all’inizio, ha avuto un senso rifare Suspiria.
Anzi, è stato dargli la piena consapevolezza del suo
significato.
Il cinema horror italiano è diventato adulto.
Mia Goth
Mia Goth
Dakota Johnson
Chloe Grace Moretz
Ingrid Caven
considerazioni interessanti...
RispondiEliminanon saprei dire cosa esattamente l'arte dovrebbe rappresentare... già solo avere alla base un'idea chiara di come procedere mi sembra tanta roba, ma forse non è sempre la cosa migliore da fare... però qui vedo molto rosso in queste fotografie e almeno questo direi che è intenzionale :-P