289_L'INQUILINO DEL TERZO PIANO (Le locataire); Francia 1976; Regia di Roman Polanski.
Distillato in concentrazione purissima della poetica di
Roman Polanski, L'inquilino del terzo
piano può assecondare numerose interpretazioni, tutte con qualche
fondamento, ma è nel suo essere sfuggente e indefinito che possiede la sua vera
cifra stilistica. Certo, le influenze kafkiane sono evidenti, e perfettamente
concretizzate in una storia nella quale il protagonista si trova oppresso da
una situazione dove è difficile distinguere la realtà dal frutto della propria immaginazione.
Polanski, tuttavia, sottrae al suo testo ogni tentativo di interpretazione
logica in tal senso: alcuni passaggi possono essere interpretati come
allucinazioni dell'inquilino del terzo
piano, altri invece sembrano accadere davvero; ma c'è almeno un passaggio,
quello in cui il protagonista crede di sentire il campanello della porta mentre
in realtà è la pentola sul fuoco a fare rumore, che evidenzia la mania di
persecuzione dell'individuo. E’ comunque vero che in molti altri casi l'interpretazione
dei fatti è volutamente lasciata ambigua; e questo mette, anche noi spettatori,
nelle stesse angoscianti condizioni del protagonista del film. Protagonista che
si chiama Trelkowski ed è interpretato dallo stesso Polanski: e questo fatto può
essere un indizio sulla natura autobiografica dell'opera. In effetti, ci sono parecchi
punti in comune tra la condizione dell'inquilino
del terzo piano e quella della vita in gioventù del mago di Lodz, legata alla sua origine ebrea e alle discriminazioni
antisemite subite. Ad avvalorare questa tesi c'è anche il cambio di nazionalità
di origine del protagonista della storia che, nel romanzo alla base del film
era russo, ed è divenuto polacco nella trasposizione cinematografica.
Tuttavia Polanski
sembra quasi giocare anche con il cinema e, in questo senso, i riferimenti
all'egittologia sembrano scherzi, più che strizzate d'occhio, verso quel tipo
di pellicole horror che provano a
spiegare l'orrore della vita quotidiana ripescando miti e leggende del passato.
Il bagno al piano dove abita Trelkowski ha una parete con iscrizioni egizie e,
volendo, c'è poi anche una clamorosa e ironica citazione della mummia; è quindi
possibile cercare di capire le anomalie nel racconto coinvolgendo una qualche
antica maledizione. Questa soluzione potrebbe incanalare la spiegazione della
storia chiamando in causa la reincarnazione, risolvendo così il circolo vizioso narrativo imbastito dall'autore:
Trelkowski sarebbe quindi la reincarnazione dell'inquilina precedente, Simone
Choule.
In fondo, la reincarnazione è la massima espressione del riciclo umano
e, quindi, sarebbe anche spiegato il ripercorrere, da parte del protagonista,
la vita della precedente inquilina dell'appartamento al terzo piano. Forse
anche il tema del travestitismo, con Trelkowski che si veste da donna per
ripetere l'estremo gesto compiuto da Simone, potrebbe avvalorare questa tesi. E
anche il bar che gli serve cioccolata invece del caffè o le marlboro invece delle gauloises, continuando le abitudini
della ragazza che abitava prima di lui l'appartamento, sono altri indizi in tal
senso. Ma… e se Polanski volesse dirci che siamo paranoici pure noi? Magari il
negoziante è solo un po’ sbadato e davvero non ha le sigarette che fuma
abitualmente Trekolwski. Mah!
L’autore, nello scegliere di interpretare Trelkowki, si
circonda di vicini di casa presi da quel cinema hollywoodiano lasciato con il precedente film, Chinatown: già l'antipatica e scortese portinaia, impersonata da
Shelley Winters, (un'autentica star del cinema americano), è emblematica nel
suo essere ostile. E i due vicini più ossessivi, il padrone di casa e
l'inquilina che ha organizzato la petizione, sono due attori di buon rilievo
come Melvyn Douglas e Jo Van Fleet: se consideriamo che l'unico appoggio per Trelkowski
arriva da Stella, l'amica della precedente inquilina, che non vive nel palazzo
ed è interpretata da un'attrice francese (Isabelle Adjani), l'idea di una metafora con l'oppressione subita ad Hollywood dal regista polacco ci può
anche stare.
Come si vede sono molte le piste che si possono prendere, nel
tentare di decifrare L'inquilino del
terzo piano, ma nessuna sembra avere lo sbocco giusto, la soluzione
all'impressionante ventata di angoscia che sembra trascinarci giù già alla
prima scena dell'ospedale, con Simone completamente avvolta tra le bende. Il
suo grido pauroso e disperato ci fa già, in quell'inspiegabile inizio, quasi sprofondare
nel gorgo della sua bocca spaventosamente spalancata nel grido disperato. Ma
quello ancora è niente. La ripetizione di quella scena, nel finale, è uno dei
passaggi più spaventosi, anche per il carico di ignoto che trasmette,
dell'intera Storia del cinema. E
allora prende senso anche il non-senso dei tentativi di suicidio di
Trelkowski, che prova a ripetere il gesto estremo di Simone e, visto che non riesce
una prima volta, pateticamente ci riprova subito, mezzo distrutto dalla caduta
ma assolutamente determinato a ripetere il gesto con successo. E acquista un
suo significato anche l'essersi vestito da donna, perché la ripetizione sia
quanto mai più simile al tentativo di suicidio (per altro andato a buon segno
soltanto con qualche ora di ritardo) della precedente inquilina. Il cinema,
come la vita, non lascia scelta: siamo condannati a ripetere un percorso già
stabilito. Da chi? Da altri? Da un complotto ordito da chi ci sta intorno? O da
una maledizione egizia? O forse da noi stessi? Ma allora anche Trelkowski non
ha scelta, nel suo ostinarsi a lanciarsi ripetutamente dalla finestra. No, non
ha scelta: deve rompersi tutte le ossa per venire ricoverato completamente
bendato, bocca naturalmente a parte, all'ospedale, all'appuntamento con la sua visita. E, avere il tempo, prima di
morire, di guardare il proprio destino.
Ed esserne terrorizzato.
Isabelle Adjani
non si può dire che l'iconografia egizia non sia abusata :D
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la difficoltà di comprensione del film penso abbia un suo perché in questo caso :)
Bene o male sempre in Polanski ma in questo caso direi che ne è la quintessenza.
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