1226_LA DONNA DELLA DOMENICA . Italia, 1975; Regia di Luigi Comencini.
Negli anni Settanta in Italia furoreggiava il cinema di genere, thriller e gialli in primis, sebbene la commedia non avesse del tutto passato la mano. In ogni caso, uno dei massimi maestri della commedia all’italiana, Luigi Comencini, prova una sorta di innesto, con una storia gialla intinta nell’acredine sarcastica che gli aveva da qualche anno preso la mano. La donna della domenica era già un romanzo giallo di grande successo di Fruttero e Lucentini adattato in sede di sceneggiatura da Age & Scarpelli che lo sintonizzano sul registro adeguato alla regia di Comencini. Tra i collaboratori illustri va segnalato almeno Ennio Morricone alle musiche, sebbene la precisione formale complessiva finisca un po’ svilita dal cinismo mostrato dall’interpretazione del racconto dal regista nato a Salò. Purtroppo qualcosa non riesce a convincere del tutto, nonostante gli interpreti principali trovino la giusta sintonia e i comprimari lascino il segno: tutto secondo copione eppure il quadro è un po’ come la fotografia di Luciano Tovoli: poco incisiva. Il protagonista è il commissario Santamaria e Marcello Mastroianni riesce perfettamente a calarsi nella parte del poliziotto che deve fare il suo lavoro, senza eccessivo zelo ma con sufficiente dose di coscienza, approfittando all’occorrenza delle opportunità extra lavorative. Il film è una mezza commedia e a Mastroianni non serve certo insegnare come si fa. A tenergli testa, e per la verità a vincere a mani basse, una splendida Jacqueline Bisset ci regala una Anna Carla Dosio superficiale, snob, altezzosa ma assolutamente adorabile.
Chiude il terzetto di attori principali Jean- Louis Trintignant nel ruolo di Massimo Campi, personaggio ambiguo e indefinibile, persino da sé stesso. Anche in questo caso la scelta dell’interprete è perfetta, con l’attore francese che riesce a non disturbare la frivola storia sentimentale tra il commissario e Anna Carla. A far loro da contorno ci sono una serie di macchiette, da Lina Volonghi a Pino Caruso, che, pur nella bravura degli interpreti, rischiano di far scadere eccessivamente nella farsa la vicenda. Ma anche in questo caso, non possono certo essere questi dettagli ad inficiare la funzionalità del film perché non si può che valutare positivamente il contributo del cast nel suo complesso. Quello che in definitiva limita La donna della domenica è, probabilmente, la disillusione del tardo Comencini. Il regista sembra quasi sbagliare per eccesso le dosi del suo film, prendendo un testo praticamente perfetto, raffinandolo ulteriormente con il lavoro in sede di sceneggiatura, sterilizzandolo poi, nella realizzazione, con la precisione degli interpreti nonostante i tanti passaggi volgari. Il che sembrerebbe una contraddizione ma le tante scene pruriginose che vedono protagonista la vittima – l’architetto Garrone (Claudio Gora) – l’arma del delitto – un fallo di pietra – l’attività disinvolta delle prostitute o la ritrosia con cui si affronta la storia omosessuale, sono mostrare quasi con malcelato disgusto – ironico, forse, ma certamente non gradevole. Insomma, il film è anche divertente ma non infiamma lo spettatore perché per primo sembra non entusiasmare il regista che, piuttosto, sembra quasi voler redarguire il pubblico per il fatto di ricercare simili prodotti al cinema. Oltre che stigmatizzare una società, di cui si prende l’élite torinese a titolo di esempio, per il suo essere vuota e banale. Tutto vero e abbastanza condivisibile, eppure Jacqueline Bisset è divina anche in un ruolo antipatico e futile e lei sì, incendia lo schermo ogni volta che vi appare. Troppa bellezza e classe anche per il cinismo e l’acredine di Comencini. Meno Male.
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