1220_QUELLA CASA NEL BOSCO (The Cabin in the Woods). Stati Uniti, 2011; Regia di Drew Goddard.
Già produttore e sceneggiatore, quando Drew Goddard decide di passare dietro alla Macchina da Presa per dirigere Quella casa nel bosco ha evidentemente un’urgenza che gli preme soddisfare. Perché il suo esordio è un horror tutt’altro che banale o convenzionale; certo, la matrice metalinguistica nel genere era stata già introdotta da Wes Craven con Scream (1996) che è uno dei riferimenti che salta all’occhio guardando il film di Goddard. Tra gli altri, La Casa (1981) e La Casa II (1987) entrambi di Sam Raimi, oltre all’inizio che, con il gruppo di ragazzi che si ferma dall’inquietante benzinaio, ricorda il capostipite di questo filone horror Non aprite quella porta (1974, regia di Tobe Hooper). E questo restando alle citazioni più evidenti, che Goddard non prova a dissimulare in nessun modo, al contrario. E un testo metalinguistico e il regista vuole che gli spettatori sappiano e partecipino a questo nuovo horror in cui un gruppo di ragazzi verrà in qualche modo sacrificato alle regole del genere. Per l’aspetto più interessante e originale il regista sfrutta le sue conoscenze professionali in qualità di produttore: quello che viene mostrato di insolito, in Quella casa nel bosco, è ciò che sta nella sala dei bottoni del cinema. Certo, è una versione romanzata alla bisogna, in questo caso lo studio di produzione diventa una sorta di centro di controllo sul mondo che coordina, gestisce e sacrifica la vita di ignari giovanotti. La vicenda dei ragazzi che vanno a fare una scampagnata, Curt (Chris Hemsworth), Jules (Anna Hutchison), Marty (Fran Kranz), Holden (Jesse Williams) e Dana (Kristen Connolly), è una sorta di rito in cui devono essere sacrificati le varie figure simboliche, l’atleta, la puttana, il buffone, lo studioso e solamente per ultima, la vergine (ruoli in rigoroso ordine ai rispettivi personaggi citati sopra). Tutto ciò per far star buoni gli Antichi; a proposito del cast, tra gli oscuri burattinai vale la pena citare il sempre ottimo Richard Jenkins mentre addirittura Sigourney Weaver è ingaggiata per interpretare la Direttrice. E’ evidente una metafora tra la storia fantascientifica che sorregge la vicenda terrorizzante dei cinque giovani e la produzione di film horror. La domanda che nasce un po’ spontanea è: per quale motivo c’è la necessità di vedere massacrati tutti questi ragazzi? Perché il genere horror da mezzo secolo si accanisce contro i giovani?
La risposta più ovvia è che sono proprio gli adolescenti a premiare questi film, che incarnano le loro inquietudini e la loro voglia di trasgredire, nella consapevolezza che per crescere devono in qualche cosa disobbedire alle convenzioni e prendersi qualche rischio. Il cinema horror interpreta nella sua natura questa funzione e in tempi relativamente più recenti ha sviluppato un sottogenere che vede all’opera i giovani e i loro desideri, tra voglie, limiti e rischi connessi. Goddard sembra invece scegliere una risposta più complottista: questa necessità, almeno vedendo il suo film, sarebbe indotta dal Sistema. Non a caso il meccanismo salta perché Marty ha fumato marjuana rimanendo immune alle droghe con cui gli uomini del controllo hanno condizionato i giovani. La salvezza non premia il più forte, il più resistente, il più audace, il più fortunato, ma quello che trasgredisce di più.
La trasgressione non è più, come nel processo educativo, qualcosa per sondare i limiti, ma l’unica via per la salvezza. Fare qualcosa di tutto sommato ancora inteso come proibito, fumarsi una canna, può salvarti e fregare il Sistema. L’idea che le necessità siano indotte da chi tira le redini della società non è certo campata per aria: viviamo nell’era del consumismo e la maggior parte di ciò che compriamo e ancor più desideriamo di comprare in realtà è roba superflua. Tuttavia è curioso appioppare questo meccanismo al cinema horror, o nello specifico al filone del gruppo di giovani che finiscono male. In fondo, questo tipo di film ha una sua funzione, ed è quella in qualche senso educativa già citata sopra. Ma forse l’idea di Goddard è di dare una sveglia ai giovani attraverso l’uso del cinema horror, sfruttando proprio il gradimento del genere presso i ragazzi. Ma in questo caso l’ostentata natura metalinguistica di Quella casa nel bosco gli si ritorce un po’ contro. L’argomento del film è inevitabilmente il filone dei giovani massacrati all’interno del genere horror e non il Sistema in senso assoluto. E c’è una palese critica alla pratica di uccidere i giovani in questi film, almeno così sembra intendere il finale, con gli Antichi che faranno piazza pulita di tutto, lasciando la possibilità di produrre d’ora in poi qualcosa di diverso. Ma allora qualcosa non torna. Un film che vorrebbe sancire la fine di una corrente cinematografica e, invece di proporre qualcosa di nuovo, ne utilizza gli stessi stilemi narrativi? Se non bocciato, in un fondo è film divertente, quantomeno rimandato all’arrivo degli Antichi. Per vedere se faranno paura quanto i classici ragazzi massacrati.
Kristen Connolly
Anna Hutchison
Sigourney Weaver
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