178_PERFETTI SCONOSCIUTI Italia 2016; Regia di Paolo Genovese.
Chissà se Perfetti
sconosciuti va considerato come un piccolo passo in avanti del nostro
movimento (se non addirittura l’esponente di spicco di un ipotetico nuovo cinema italiano), o l’ennesimo mezzo
passo falso?
Il film è godibile e ha decisamente un ritmo serrato, frutto
di un montaggio curato ed efficace che conferisce una confezione dal gusto
internazionale; l’intreccio è interessante, il cast di livello (Kasia Smutniak,
Marco Giallini, Valerio Mastrandrea) e i dialoghi ficcanti (seppur non si è
voluto rinunciare ad una spiccata pronuncia da
borgata).
La carta a sorpresa dell’opera è l’idea dell’Eva
protagonista del film: ad una cena tra sette amici (tra cui tre coppie) tenendo
fede al proprio nome, la nostra induce in tentazione il gruppo, per scoprirne
il proprio lato oscuro. Lo stratagemma, nella pratica, si produce nel
depositare gli smartphone di ognuno sul tavolo, e di condividerne via i via i
contenuti in arrivo (telefonate, sms,
mail, ecc) con i commensali.
Idea carina ed interessante, sebbene sembri un po’ la versione
aggiornata dello spetteguless di
Striscia la Notizia ,
o della sbirciata di Alvaro Vitali nel buco della serratura. Ma
vabbe’, siamo pur sempre in Italia, e questi sembrano essere i temi
interessanti per gli abitanti dello stivale o comunque i comuni punti di
riferimento.
Contemporaneamente alla cena, c’è un’eclissi totale di luna: a
simboleggiare, forse, l’oscurità che piomberà sulla vita dei sette amici. C’è
da dire che, proprio come l’eclisse, l’oscurità sarà solo temporanea, e sarà
risolta, narrativamente, dagli autori con un colpo di sceneggiatura piuttosto
banalotto. Ma quello sarebbe anche il meno.
Perché ciò che rimane, alla fine del film, è l’idea che è
meglio una menzogna ad un’amara verità. Per cui, meglio raccontarci che Perfetti sconosciuti è, oltre che
innegabilmente un film ben fatto e ben confezionato, un ottimo lavoro, che
dimostra lo stato di salute del nostro cinema.
Una volta si diceva che chi non coglieva il punto della
situazione, guardava il dito e non la luna. Oggi invece ci facciamo un selfie di gruppo sotto l’eclisse, ma probabilmente
il significato cambia poco. Ogni scusa è buona, ogni pretesto è valido, pur di
avere un alibi.
Già, sarà davvero colpa degli smartphone se non siamo in
grado di essere onesti e leali nemmeno con il nostro prossimo più prossimo.
Tant’è: il nuovo cinema
italiano non poteva essere più italiano di così.
Kasia Smutniak
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