Translate

lunedì 2 luglio 2018

LA LA LAND

171_LA LA LAND  Stati Uniti, 2016;  Regia di Damian Chazelle.

Difficile dire già oggi se La la land sia davvero un capolavoro o solo un film molto bello; di certo è una scommessa vinta a mani basse dal regista Damien Chazelle. Al di là del successo di critica e pubblico, il giovane regista statunitense opera con coraggio, passione, talento, andando, nel far questo, contro il trend generale, e centra il bersaglio sotto ogni profilo. Di più: la storia di questo film esalta proprio la tenacia con cui devono essere inseguiti i propri sogni, anche contro le apparenti circostanze poco favorevoli, che è esattamente la situazione in cui, è prevedibile, si sia mosso Chazelle nella realizzazione della sua opera. Quindi un film non tanto (almeno parzialmente) autobiografico, ma piuttosto composto, nel suo più profondo essere, dalla stessa natura del racconto che poi ci mostra sullo schermo. Metacinema, ovvero cinema metalinguistico, che riflette su se stesso, insomma; e questo non deve far pensare a qualcosa di impegnativo nel senso noioso del termine, naturalmente. Anche Tarantino o i Coen, tanto per dire, fanno cinema metalinguistico; un cinema, cioè, che prende come suo punto di riferimento non tanto la realtà ma piuttosto il cinema stesso. E La la land lo fa alla grande, prendendosi il lusso di confrontarsi, in modo tanto spudorato quanto candido, (e senza mancare di rispetto), con il grande cinema di Hollywood della golden age, citato in tantissime occasioni durante lo scorrere della storia. La la land è una storia d’amore in musical; se il genere sentimentale sopravvive ancora annacquato in commedie mielose e stucchevoli, per i film musicali siamo messi certamente peggio e le rare uscite sono eventi al di fuori della normale produzione cinematografica. 
La bravura di Chazelle è che, esattamente come i suoi protagonisti, si muove in senso contrario a questa tendenza generale e riesce ad essere tanto convincente e trasportante nella sua appassionata messa in scena che, alla fine, sembra quasi scontato che una bella storia d’amore, raccontata con grande sentimento, senza alcuna pietà per lo spettatore e ben supportata dai piacevoli e azzeccati momenti musicali, dia luogo ad un film tanto bello. Un film che appare immediatamente classico: tutto è calibrato con estrema perizia, con sublime precisione da sembrare semplice e lineare, quando invece è sorretto costantemente ora dai ritmi musicali ora da quelli di una sceneggiatura sopraffina. 

I colori sgargianti o i momenti surreali rientrano a pieno titolo nella logica del musical; il montaggio, a tratti frenetico, si prende sapientemente i suoi momenti più calmi per lo sviluppo dell’intreccio sentimentale. La trama circolare, scandita dalle stagioni della love story, con l’inserto magistrale che ci illude almeno un pochino nel finale, è poi costellata da tantissimi spunti e citazioni, distribuite con garbo e ironia. Basti citare come, in avvio, i nostri protagonisti cantino, nella canzone A lovely night, testualmente “e non c’è nessuna scintilla in vista”, per rimarcare l’assenza di feeling tra di loro e poi, quando invece si accorgono del contrario, si trovino ad osservare addirittura una bobina di Tesla nell’Osservatorio di Griffith! Che si, è proprio quello di Gioventù bruciata, ma è meglio fermarsi con le citazioni se no non si finisce più.
Perché è piuttosto il momento, e solo ora non per secondaria importanza ma al contrario, di occuparci della coppia di protagonisti: Ryan Goslin è Sebastian e Emma Stone è Mia. Se Goslin si conferma, per l’ennesima volta, attore versatile capace di recitare in modo efficace pur tenendo il profilo basso (in sottrazione, come si suol dire), la Stone è assolutamente strepitosa. Nello stesso film riesce a coprire per intero la sua gamma recitativa, del resto interpreta il ruolo di un’attrice, e lo fa rimanendo sempre deliziosa.
Ma alla sua Mia non perdoneremo mai di non aver aspettato Sebastian. 





Emma Stone





Nessun commento:

Posta un commento