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martedì 24 luglio 2018

ORE 15:17 - ATTACCO AL TRENO

182_ORE 15:17 - ATTACCO AL TRENO  (The 15:17 to Paris). Stati Uniti, 2018;  Regia di Clint Eastwood.

Alla fine rimaniamo col dubbio: ma in Ore 15:18 – Attacco al treno, Clint Eastwood, ci fa o ci è? Non è solo referenza per il maestro, sebbene un po’ c’è, è innegabile e comunque Clint se la merita. Quello che rimane da capire è se il regista statunitense non si sia accorto dei tanti (troppi) punti deboli del film, o li abbia lasciati sullo schermo come effetti collaterali di un’operazione già concettualmente coraggiosa quanto rischiosa. Perché l’idea di usare i tre eroici giovanotti americani, proprio loro in persona, per interpretare sé stessi nel film che porta sullo schermo lo sventato attacco terroristico sul treno diretto da Amsterdam a Parigi nel 2015, è geniale. Ma molto rischiosa, visto che i tre ragazzi non sono attori; e le loro vite, a parte il breve momento dell’attacco terroristico, per nulla interessanti. L’idea è geniale non solo per il suo essere completamente fuori dagli schemi, ma perché è congegnale allo spirito dell’ultimo cinema di Eastwood, che trova conferma nell’intrinseca natura di quell’intuizione. L’eroe americano è davvero l’uomo della strada: l’uomo qualunque che, in circostanze straordinarie, si erge a paladino della giustizia. Proprio nel suo essere un uomo comune c’è la differenza con l’eroe della tradizione europea, che invece è sempre di nobile stirpe. Ma questi sono concetti già visti guardando, decenni fa, ad esempio, James Stewart sul grande schermo; ma Stewart era un attore (e che attore) mentre i tre ragazzi del treno assolutamente no. Ma torniamo all’idea di un istant-movie: già Sully era un film che trattava un argomento fresco, uscito infatti nel 2016 raccontava del famoso ammaraggio dell’Airbus A320 avvenuto nel 2009. 
Sette anni sono un tempo breve, che infatti accorciava già il ritardo cinematografico dalla realtà rispetto al precedente capitolo di questa ipotetica trilogia eastwoodiana celebrativa dell’odierno eroe americano, quell’American Sniper, comunque sempre dal sapore tempestivamente contemporaneo. I due precedenti capitoli della trilogia, sono però film convenzionali, che utilizzano cioè gli strumenti del cinema; Ore 15:17 – Attacco al treno porta all’estremo il suo essere un film d’attualità, (gli eventi sono del 2015), soprattutto nel cogliere quella mania di condivisione da social network imperante in questi tempi.

E’ un po’ come se Clint mettesse il suo cinema a disposizione di Anthony Sadier (uno degli interpreti) per un gigantesco selfie che immortali per bene tutta quanta la vicenda. Perché Ore 15:17 – Attacco al treno, all’atto pratico, sullo schermo, non va oltre questo. Un selfie, e nemmeno tanto riuscito, ma del resto i selfie quasi lo sono per definizione. Ignoranti molto più di un autoscatto, limitati da possibilità fisiche (la lunghezza del braccio) a cui l’apposito bastone non riesce mai a porre efficacemente rimedio, hanno la superficialità dello sguardo di Narciso nello stagno, ma mai e poi mai la stessa bellezza d’immagine del personaggio mitologico.

E Eastwood che canta le lodi dell’eroe comune americano, non sembra fare cinema, ma soltanto cogliere l’attimo, immortalarlo, sovrapponendo le immagini reali della premiazione con la Legione d’onore con il girato, con il presidente francese Holland che ringrazia gli americani che ancora una volta hanno salvato l’umanità. E meno male che a Clint è rimasta un po’ di ironia, quando la guida tedesca ricorda l’importanza dei russi nella sconfitta di Hitler, che i tre invece sembrano ignorare.
Le scene dell’attacco sono molto buone, vero cinema di azione, ma nella valutazione complessiva pesano troppo le zavorre: la prima parte, l’infanzia dei ragazzi, è condita in modo pesante dalla troppo contraddittoria retorica militarista antisistema tipica di Eastwood (e di Trump), e le scene del viaggio in Europa sono di una banalità sconcertante. Certo, sono i valori dell’America (sic), che insieme a questi, cerca di convincerci Clint, veicola però anche il senso del dovere, della giustizia. Insomma , saranno anche ignoranti e superficiali nella vita di tutti i giorni, ma sono ancora loro i buoni. Un filo troppo auto-celebrativo, in ogni caso. 
E, attento Clint: Narciso, a furia di selfie autocelebrativi, nello stagno c’è finito. 







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