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martedì 9 dicembre 2025

SANDOKAN - LA TIGRE DELLA MALESIA

1768_SANDOKAN - LA TIGRE DELLA MALESIA  , Italia, Francia 2025. Regia di Luca Bernabei e Jan Maria Michelin

L’approccio del primo capitolo della nuova miniserie dedicata a Sandokan, il leggendario personaggio creato da Emilio Salgari, rischia di compromettere tutta quanta l’audace operazione ideata da Luca Bernabei e firmata in regia da Jan Maria Michelini –suo l’episodio d’esordio– e Nicola Abbatangelo. Un certo ostracismo, legato all’effetto nostalgia per lo storico sceneggiato di Sergio Sollima, era da mettere in conto, come anche tutti gli inevitabilmente deficitari paragoni con i mostri sacri del Sandokan del 1976. Kabir Bedi, Philippe Leroy, Adolfo Celi, Carole André sono divenute autentiche icone e, d’altronde, non si può evitare il confronto dal momento che il Sandokan del 2025 si rifà apertamente allo serie degli anni Settanta e, quindi, si tratta di uno scotto da pagare. Che, per molti spettatori, dopo solo pochi fotogrammi di visione, non ha possibilità di essere saldato e allora tanti saluti; questo almeno leggendo le valanghe di critiche che hanno innondato i social network. Pare che il Sandokan di Sollima, quasi per una sorta di reazione indotta, abbia avuto un’impennata negli streaming sulla piattaforma RaiPlay, dove è disponibile. Una specie di rigetto degli spettatori disgustati dalla nuova versione che si sono rituffati nell’amato sceneggiato che già ben conoscono e in cui si riconoscono. Peccato. Perché il Sandokan del 2025 non è affatto male. Certo, l’impatto, non è semplice: qualcuno ha scomodato il paragone col fumetto, ma quella di Bernabei visivamente è più una via di mezzo tra una serie televisiva e certe docu-fiction che sfoderano quei passaggi degni di un video turistico promozionale. Panoramiche realizzate con droni, grandangoli con aperture enormi, colori sgargianti, insomma, se vogliamo farci del male e tirare in ballo ancora il Sandokan di Sollima, niente a che vedere con la serietà di quelle riprese che, al contrario, erano degne del cinema vero, quello da grande schermo. Un altro tasto un po’ dolente della nuova versione è l’uso sopra le righe della regia, con l’insistito utilizzo della camera a mano, quasi fossimo in presenza di riprese amatoriali: uno stratagemma da due soldi usato per dare una semplicistica idea di verosimiglianza. In aggiunta a ciò, ai colori sgargianti, alle luci artificiali, alla regia su di tono, c’è la recitazione enfatica degli attori. Sul momento, il risultato può sembrare una specie di videogame o, forse anche un fumetto, verrebbe in effetti da dire. A patto che si intenda un fumetto che abbia conservato quell’aspetto giocoso che aveva un tempo e che, in quello stesso tempo, aveva anche il nostro cinema «di genere», per altro. Il tono enfatizzato, per la verità, per quel che riguarda i protagonisti, è legato soprattutto al personaggio di Yanez con Alessandro Preziosi che, in principio di episodio, sembra davvero troppo sopra le righe. Poi, con l’andare del tempo, un po’ forse ci si abitua, un po’ forse Preziosi aggiusta il tiro. Cosa che succede in parte anche con la regia: lo stucchevole tenore votato all’eccesso che sottolinea i passaggi forti trova poi una sua coerenza e, soprattutto, una discreta funzionalità. Quasi che il meccanismo complessivo abbia necessità di andare a regime, di trovare i giri giusti. Chi fatica assai meno a carburare è Can Yaman nei panni di Sandokan. Kabir Bedi è un’icona leggendaria, d’accordo, ma Yaman non teme certo il confronto fisico e compensa l’aura mistica del predecessore con un lato ironico molto indovinato. Questo velato aspetto umoristico potrebbe essere una delle chiavi vincenti di questo Sandokan. Insomma, mentre ci stiamo adeguando ai discutibili stilemi stilistici della serie, la Tigre della Malesia è già a Labuan, trovato sulla spiaggia e salvato da Lady Marianna (Alanah Bloor), Yanez e i pirati sono stati catturati e la storia ben congeniata da Salgari sta ora facendo il suo lavoro egregiamente. Sandokan del 2025 appassiona, altro che balle. E la scena finale, quella dello scontro con la tigre, ne è il momento clou: funziona infatti molto bene.       


    


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