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lunedì 26 aprile 2021

TOTO', PEPPINO E LA... MALAFEMMINA

803_TOTO', PEPPINO E LA... MALAFEMMINA . Italia1956. Regia di Camillo Mastrocinque.

Strepitoso esempio di commedia virata al comico, Totò, Peppino e la… malafemmina è giustamente uno dei lungometraggi più ricordati nella filmografia del principe della risata. E, in senso assoluto, è un autentico cult. Il film, all’epoca dell'uscita nelle sale, ottenne un lusinghiero risultato al botteghino; ben più tiepida la critica che arrivò anche a stroncare l’opera. In realtà Totò, Peppino e la… malafemmina è un film godibilissimo, questo è sicuro, ma offre anche alcuni spunti di interesse nient’affatto banali. Certo, oggi viene prevalentemente ricordato per i tanti passaggi spassosi e perfettamente riusciti di Totò e Peppino, che sono divenuti autentici tormentoni senza-tempo. La scena della lettera, l’arrivo a Milano, vestiti da cosacchi a discutere sulla visibilità/invisibilità della nebbia, il dialogo con il ghisa, il vigile urbano…sono tutti momenti del film arcinoti che non perderanno mai l’efficacia umoristica che, anzi, sembra consolidarsi ad ogni passaggio. Ma già viene da citare qualche altra scena, magari meno memorabile ma comunque interessante, come quella in cui i nostri lanciano sassi contro le finestre di Mezzacapa (Mario Castellani). Perché l’aspetto più interessante dell’opera è forse proprio che il tanto venerato ideale bucolico, rappresentato dalla figura dei due campagnoli (nella fattispecie Totò e Peppino), in genere osannato dalla cultura italiana, fa una figura barbina al cospetto del mondo dello spettacolo, diversamente ben poco considerato nella comune opinione pubblica. 

La malafemmina (nome indicativo proprio di questo pregiudizio) del film, Marisa (una Dorian Gray a dir poco sontuosa) si rivela al contrario personaggio di statura morale superiore: l’opera ribalta quindi il classico rapporto che vede la sana e tradizionale vita legata alla campagna contrapposta alla decadenza del mondo dello spettacolo. Pare che il film fosse stato pensato per lanciare Teddy Reno (è Gianni, il fidanzato di Marisa) che nell’opera canta, tra le altre, Malafemmina, famosissima canzone scritta da Totò. Vuoi per l’esuberanza di Totò e Peppino, che improvvisavano modificando a loro piacimento le gag, vuoi per la capacità e l’esperienza del regista Camillo Mastrocinque, l’opera trovò poi il giusto equilibrio tra le varie componenti, che forse è addirittura l’aspetto migliore di Totò, Peppino e la… malafemmina

D’accordo, la storia d’amore non è niente di che, ma propone almeno due argomenti decisamente a suo favore: uno è la scintillante presenza scenica della protagonista, la malafemmina, a cui Dorian Gray presta le notevoli grazie. L’altro è il citato ribaltamento delle convenzioni, con un interessante riscatto morale per la donna di spettacolo (due termini troppo spesso accostati in chiave etica poco edificante). A questo tessuto si innestano con naturalezza, visto il tema del racconto, i momenti canori che Reno sa interpretare a dovere. E, su questo già spesso imbastito, che sarebbe già autonomo per un film degno di interesse, si abbattono Totò e Peppino. L’affiatato duo, analogamente all’ascesa a Milano raccontata nella storia, irrompe, metalinguisticamente parlando, sulla commedia sentimentale canora trasformandola nel cult movie che tutti conosciamo. Ma va ricordato che Mastrocinque è l’abile chef (coadiuvato da Ettore Scola in seconda unità di regia) che, con assoluta naturalezza, orchestra il tutto.
Il cinema italiano nella sua forma più alta.







Dorian Gray







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