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venerdì 2 aprile 2021

L'ULTIMO FUORILEGGE

791_L'ULTIMO FUORILEGGE (The Cimarron Kid). Stati Uniti1952. Regia di Budd Boetticher.

Nel 1952 il western era ormai entrato nel suo periodo classico: John Ford aveva già diretto Ombre Rosse (1939), Sfida Infernale (1946) e la trilogia sulla cavalleria; anche Howard Hawks, Anthony Mann e Delmer Daves avevano cominciato a dare il loro contributo in tal senso. Come reso esplicito dal manifesto del western classico, il citato Ombre rosse, il passaggio alla golden age del genere non era affatto in discontinuità con il precedente, anzi. Certo, superficialmente si può notare come il western degli anni quaranta avesse una maggior vena romantica che, in troppi casi, celebrava i fuorilegge della frontiera, mentre nel decennio successivo, il suo periodo più aureo, siamo abituati a pensare al cowboy come all’eroe buono per eccellenza. Alcuni aspetti di questa evoluzione della figura dell’eroe sono passaggi quasi obbligati: quando una società si civilizza, si dota di norme e codici comportamentali, c’è inevitabilmente una qualche forma di rimpianto per la libertà perduta. Da questo deriva, probabilmente, il fascino dei romantici fuorilegge, anche perché spesso le società non soddisfano, nonostante le pretese di legalità, la collettiva sete di giustizia, in particolar modo in ambito sociale. Si pensi alla figura, ad esempio, di Robin Hood, fuorilegge affascinante della cultura europea come termine di paragone al di fuori dell’evoluzione americana. Tornando negli States ed in ambito cinematografico, il western aveva spesso celebrato le figure dei fuorilegge del paese, ad esempio nei tanti film su Jesse James o nella cosiddetta trilogia dei Badmen della RKO. 

Al di là del fatto che si tratti di un passaggio evolutivo quasi naturale e comune ad altre società, come detto accadde anche in Europa, la cosa presentava dei rischi. C’era, per la verità, anche il cinema dei gangster che solcava questa scia ma, in ambito western, c’erano pericoli specifici. Perché la sanguinosa Guerra Civile non era poi così lontana e aveva lasciato in eredità rancori che, con le rivendicazioni degli afroamericani che prendevano piede nel dopoguerra, venivano pericolosamente rinvigoriti. Far passare per romantici fuorilegge i predoni di Quantrill era davvero inaccettabile ma, al cinema, in qualche caso ci si provò, forse nel tentativo di accaparrarsi le simpatie degli spettatori nostalgici del vecchio Sud. All’interno di questo movimento, ci fu chi, come il regista certamente minore ma comunque valido Ray Enright, cercò di circoscrivere il fenomeno: il suo Gli avvoltoi (1948), secondo capitolo della trilogia dei Badmen, cerca infatti di distinguere tra chi si trovò quasi per caso sulla strada sbagliata e chi si macchiò delle peggiori infamie, come i membri della citata banda di Quantrill. 

A cui lo stesso regista dedicò successivamente I predoni del Kansas (1950), altro film che provava a fare un distinguo, sebbene poco credibile nel momento in cui si spendeva per la buona fede di Jesse James, interpretato da Audrie Murphy. Murphy era un tipico eroe positivo (del resto era un vero eroe di guerra, pluridecorato) e fu spesso chiamato in questi ruoli: nel 1952 è Bill Doolin, altro fuorilegge della vecchia frontiera, in quello che è il primo western di Budd Boetticher, The Cimarron Kid. E va subito detto che L’ultimo fuorilegge, questo il titolo della versione italiana, è un gran bel film; e i suoi meriti si spingono oltre alla semplice piacevole visione. Boetticher è troppo spesso considerato unicamente per i western del cosiddetto ciclo di Ranown (sette film con protagonista Randolph Scott prodotti da Harry Joe Brown) mentre già dal suo esordio nel genere l’autore dimostrava una stoffa non comune. 

Come detto L’ultimo fuorilegge si presenta come un tipico western basato sulla gesta di uno dei tanti fuorilegge del west, in questo caso Bill Doolin, personaggio storico noto per aver fatto parte della banda Dalton e aver dato vita al Wild Bunch, il Mucchio Selvaggio. Nel film di Boetticher, zeppo di riferimenti storici attendibili come la famosa rapina andata in malora presso Coffeyville, sono le circostanze ad istradare male Cimarron Kid, nome di battaglia di Doolin. A quel punto il nostro si aggrega ai Dalton, per poi prenderne il comando ma l’evoluzione finale è molto differente da quel che accadde storicamente. Qui la fidanzata di Doolin, Carrie (Beverly Tyler) attira in trappola il suo uomo, ma solo per redimerlo. E’ un passaggio azzardato, in un film d’avventura come è un western: Boetticher lo sa e la ragazza, poco prima del tradimento, è simbolicamente mostrata completamente in ombra. Doolin in un primo momento è furibondo poi, consigliato da Pat, padre della giovane e suo buon amico, oltre che ex bandito, capisce (con eccessiva disinvoltura, ad onor di verità) che l’unica strada percorribile è quella della legalità e quindi affrontare il processo è la cosa migliore. Boetticher modifica quindi il corso storico degli eventi, andando addirittura a redimere il fondatore della più famigerata banda di fuorilegge d’America, il Wild Bunch appunto. Il regista statunitense, se ammette che i fuorilegge del west avevano delle attenuanti e ne certifica anche il fascino romantico, non se ne lascia sedurre e tiene la barra dritta sulla necessità di rettitudine morale. Non si fanno sconti, neanche a Cimarron Kid, chi sbaglia deve pagare. 

In questo senso il suo film, se è vero che riprende gli stilemi degli ultimi western romantici, stabilisce un ideale ponte con il periodo classico del genere. Non solo c’è uno sguardo meno benevolo nei confronti dei fuorilegge ma, anche negli aspetti tecnici, L’ultimo fuorilegge sembra quasi un western classico: i colori caldi e accesi della fotografia, l’attenzione al décor urbano, ai dettagli, dalle scritte delle insegne alla piattaforma rotante del treno, e perfino nella caratterizzazione dei personaggi, tutto è di livello superiore alla norma. Il cast, per la verità, denuncia qualche debolezza: Boetticher si impegna nel dare spessore ai protagonisti della storia, tra i quali si ricordano Noah Beery Jr. nei panni di Bob Dalton e Hugh O’Brian in quelli del Rosso, ma è soprattutto nel modo in cui vengono riprese le ragazze della vicenda che si nota il lavoro del regista. Yvette Duguay (è Cimarron Rose) e soprattutto Beverly Tyler (Carrie) in questo film sembrano attrici di primo livello mentre sono due interpreti misconosciute. Purtroppo per loro non sempre trovarono dietro alla macchina da presa autori come Budd Boetticher.   






Beverly Tyler




Yvette Duguay AKA Yvette Dugay


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