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domenica 4 aprile 2021

I MIEI PRIMI 40 ANNI

792_I MIEI PRIMI 40 ANNI . Italia, Francia1987. Regia di Carlo Vanzina.

Ispirato dall’omonima autobiografia di Marina Ripa di Meana, I miei primi 40 anni è sostanzialmente l’occasione per gustarsi sul grande schermo Carol Alt, la supermodella americana regina degli anni 80. Il che vale sicuramente il biglietto ma la noiosa tiritera tra Marina (ovviamente interpretata dalla Alt) e i suoi uomini, non aiuta a sopportare in modo agevole le circa due ore di film. Carlo Vanzina, in regia, si limita a mettere in fila le vicende amorose della protagonista intervallate dai motivi canori, sperando nell’effetto nostalgia dei decenni attraversati dalle gesta della nobildonna. Il che è un cliché abbastanza funzionale, al cinema, ma Vanzina riesce anche a banalizzarlo eccessivamente. C’è davvero poco da salvare, insomma, ne I miei primi 40 anni ma, a suo modo, è comunque un film interessante. Verrebbe quasi da azzardare che la Marina protagonista della storia sia una sorta di metafora dell’Italia: dalle potenzialità molto promettenti ma incapace di uscire dai propri limiti. Però forse è un filo esagerato, visto gli artefici all’opera: da Marina Ripa di Meana, donna a suo modo simpatica per carità, a Carlo Vanzina, l’unica che sembra davvero avere i numeri all’altezza (perlomeno come modella se non come attrice) è Carol Alt. Che è americana e quindi sarebbe paradossale prenderla come testimone delle caratteristiche simboliche del nostro paese. Tuttavia, come detto, qualcosa di interessante c’è: ed è l’assoluta mancanza di rispetto verso la donna che prospera nella vicenda, considerato che a raccontarla è una rappresentante del gentil sesso. 

Marina viene presa a sberle senza alcun problema dai suoi uomini e la cosa non sembra turbarla più di tanto; ma è con Roberto, il pittore comunista (Massimo Venturiello), che si tocca davvero il fondo. In seguito ad una lite, causata dallo smodato uso di cocaina del pittore, una sera l’uomo rinchiude Marina in uno sgabuzzino per liberarla solo il giorno dopo. Al che la donna crolla tra le braccia del suo aguzzino, senza dimostrare il benché minimo moto di orgoglio personale. Al di là dell’amore, che può rendere ciechi, al di là della passione, al di là di qualunque cosa, il rispetto non può e non deve mai venire meno: invece, nei confronti di Marina, gli uomini fanno a gara a chi la rispetta di meno. 

Oltre al pittore, ci sono le botte da parte del primo marito il duca Caracciolo (Pierre Cosso), l’ostentazione come fosse un oggetto da parte del principe Riccio (Jean Rochefort) e la scappatella senza alcun ritegno orchestrata ai suoi danni dal giornalista Ranuzzi (Elliott Gould). Ah sì, gli uomini, che mascalzoni! verrebbe da dire se non fosse che questi bellimbusti compiono le loro imprese con la complicità fino all’ultimo secondo utile (e oltre) di Marina. La scena in cui la nostra eroina picchia i pugni sulla porta del giornalista, dopo che questi ha fatto ritorno dalla moglie, è imbarazzante per la mancanza assoluta di dignità che dimostra la nobildonna. Prima della conclusione Marina ricomincia un’altra volta da capo ma, per fortuna, quest’ennesima love story ci viene risparmiata. Il film si chiude con la donna che cammina per le strade di Roma, tra gli sguardi ammirati dei passanti: esattamente come era cominciato. Un vezzo registico (ah, già, c’è anche la regia) per dire che siamo di nuovo al punto di partenza. O che abbiamo perso un paio d’ore.   


Carol Alt







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