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mercoledì 18 novembre 2020

IL PREFETTO DI FERRO

669_IL PREFETTO DI FERRO . Italia1977. Regia di Pasquale Squitieri.

Basato su uno scritto ritenuto in genere attendibile di Arrigo Petacco, il ritorno in Sicilia di Cesare Mori è il tema portante de Il prefetto di ferro, film di Pasquale Squitieri che ha, quindi, una solida base storica. La credibilità dell’opera di Squitieri non è un dettaglio secondario: guardando il suo film si scopre che la mafia, cancro siciliano ritenuto in genere inestirpabile, può essere vinto, a patto di agire con durezza e rigore. A vedere il lungometraggio, per la verità, in particolar modo scene come quella del duello con il boss Antonio Capacelatro, freddato da Mori con un colpo in fronte, quelle raccontate sembrano spacconate degne di uno spaghetti western. Ma se hanno una base storica, pur al netto di qualche licenza poetica comprensibile, bisogna farsene una ragione: forse la mafia si può davvero combattere e vincere a suon di piombo, anche se Squitieri non manca di tenere in considerazione il problema socioeconomico e culturale dell’isola. L’epoca in cui si svolgono i fatti è il regime mussoliniano e, in effetti, una certa risolutezza di Mori, che pure in origine non era dichiaratamente fascista, potrebbe essere riconducibile ai metodi in voga ai tempi. Di contro, il fascismo, che era, ed è, un fenomeno visceralmente oltre che tipicamente italiano, era la sponda politica naturale per un altro fenomeno tipicamente italiano, in questo caso in ambito sociale, come la mafia stessa. Il fascismo, e nel film di Squitieri tutto ciò è mostrato proprio nel decisivo finale, sfruttò gli agganci mafiosi per cavarci i massimi vantaggi e privilegi: una sinergia che non è certo esclusiva del movimento di Mussolini, sia chiaro, ma che verrà condivisa da svariate forze politiche si ritroveranno ad operare nell’isola. Proprio in chiusura, Mori, interpretato da Giuliano Gemma, confida al fido Spanò (Stefano Satta Flores) di essere riuscito a fare solo metà del lavoro. Il braccio armato della mafia si può sconfiggere, a patto di non farsi scrupoli, ma molto più arduo è smantellare le opportunistiche connivenze tra cosa nostra e la politica. In fondo è il bilancio che ci lascia questo film di Squitieri: buon testo, avvincente e ben costruito, il suo Il prefetto di ferro, ma ci lascia comunque la bocca amara. Ma non certo per colpa del regista o degli attori.





Rossella Rusconi


Claudia Cardinali


3 commenti:

  1. infatti, da siciliano, non credo che sia così semplice...
    un mio prof dell'università diceva che per sconfiggere i mafiosi bisogna togliergli il portafoglio, così non avranno più modo di finanziare i loro progetti...
    ma pure lì, non so quanto avesse ragione...

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  2. Immagino. Io mi sono riferito solo al film, in quanto non conosco il tema a livello storico. Quello che mi incuriosisce sempre, però, è come in Italia facciamo fatica ad utilizzare questi elementi della nostra Storia in modo meramente narrativo. Come si fa in America con i western o coi film sui gangster: io credo nel valore "educativo" (in senso generale) del cinema di svago, che credo sia molto più efficace del cosiddetto cinema impegnato.

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    1. sono abbastanza d'accordo, anche perché le opere di svago si rivolgono si presume ad un pubblico più ampio... anche se io personalmente divento ogni giorno più pessimista circa la possibilità che si possa davvero "educare" il pubblico :-\

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