86_I GIORNI DEL CIELO (Days of Heaven). Stati Uniti, 1978; Regia di Terrence Malick.
C’è una certa discrepanza tra quanto preannunciato dal
titolo del film di Terrence Malick e quanto poi vediamo sullo schermo. I giorni del cielo, o Days of heaven se vogliamo riferirci
all’originale, ci fa pensare ad un racconto ambientato nel paradiso perduto, nell’età
dell’innocenza, che però sappiamo bene non poter essere credibile nel caso
del film: tra i protagonisti c’è un assassino, lo scopriamo subito all’inizio,
in una sorta di prologo ambientato in una fonderia di Chicago.
Ma prima di questo passaggio, dove appunto uno dei protagonisti, Bill
(Richard Gere), reagisce malamente ad un superiore e ne causa la fortuita
morte, ci sono stati già due indizi che val la pena considerare. I titoli di
testa scorrono su una serie di vecchie fotografie che inquadrano la vicenda
agli inizi del ventesimo secolo, tra la gente sfruttata in modo spietato dalla
crescente industria americana. Nell’ultima foto compare una delle protagoniste
del racconto, Linda, (Linda Manz), che sarà anche la voce narrante che ci
accompagnerà nello scorrere della pellicola. Un’apparizione fugace tra le
tante anonime delle altre fotografie; fugace come il secondo indizio, che
arriva con l’apertura del film vero e proprio. Alcune donne rovistano in un
canale di scolo, all’esterno di una fabbrica, tra ammassi di materiale di
scarto gettato senza alcun riguardo, come spazzatura; la figura femminile in
primo piano si intravvede essere Abby (Brooke Adams) fidanzata di Bill e futuro
perno centrale della vicenda narrata in questo I giorni del cielo. A questo punto arriva la sequenza della
fonderia e si completa il terzetto: ‘di
protagonisti’, verrebbe da dire, chiudendo la frase, visto che la storia
segue le loro vicende. Tuttavia si fatica un po' ad immaginare che il titolo altisonante del film possa essere riferito ad una storia che verta su di loro; già la presentazione che ci propone Malick non depone in questo senso. Linda e Abby sono introdotte nel film di sfuggita, solo Bill ha uno spazio adeguato, anche se parte subito con il piede sbagliato. I tre si spostano nel Texas trovando lavoro come braccianti in una tenuta dove si coltiva il grano: qui Abby viene notata dal padrone, Chuck (Sam Shepard), che se ne innamora. Bill scopre che questi è malato terminale e quindi spinge la sua ragazza ad accettare l’interessamento dell’uomo, nello scopo di ereditarne in seguito il patrimonio.
Abby convince Chuck che Bill e Linda sono suoi fratelli e questi accetta di farli restare a vivere nella tenuta anche quando la stagione del raccolto è finita. In sostanza, per questi passaggi, la storia potrebbe essere definita un melodramma, o un dramma sentimentale se si ritiene il melò esagerato come genere per i toni della storia. Questo se i tre fossero realmente i protagonisti del film; o i quattro, se vogliamo metterci anche Chuck, che compone il classico triangolo sentimentale con Bill e Abby. Perché qualche dubbio rimane; sono davvero loro, i protagonisti di I giorni del cielo?
E’ difficile crederlo: ad esempio, la colonna sonora di Ennio Morricone, malinconica e di grande effetto, può essere l’accompagnamento adeguato alle scialbe vicende di questi disperati individui? Qualcosa non torna, non combacia: come i commenti della voce fuori campo, spesso slegati da quanto mostrato dalle immagini; certo, sono affidati ad una ragazzina e hanno spesso l’inadeguatezza tipica degli interventi infantili, e questo è il pretesto narrativo, ma il risultato è una sorta di sfasamento che aiutano a creare nell’insieme generale. Perché non sono il solo elemento fuori sincronia dell’opera: anche i dialoghi sono spesso lasciati in sospeso, altre volte sembrano poco inerenti al filo della storia che si sta seguendo.
E la bellezza di Brooke Adams, sulla cui forza persuasiva si
fonda l’intreccio amoroso, è una bellezza irrisolta, non certo canonica e fatica
a reggere il centro della scena. Tutto l’impianto
inerente al racconto che Malick costruisce è incerto, insicuro, e il regista lo
mette efficacemente a confronto con la suprema magnificenza della Natura. Il
contrasto tra le misere vicende umane e la potente bellezza dei paesaggi,
sempre ripresi nelle ore dalla luce più calda, è impietoso. Il titolo italiano
è in questa occasione pertinente in modo anche più efficace dell’originale: il
cielo, la sua luce, sono i veri protagonisti dell’opera di Malick.
Ad un certo punto c’è una scena in cui un bicchiere
finemente lavorato viene lasciato in mezzo al fiume; arriva un pesce che pare
osservarlo un po’. E’ una scena curiosa, il grande fiume che trasporta
ettolitri d’acqua al secondo a confronto col piccolo bicchiere che però
incuriosisce il pesce; ma solo un poco. Eppure, nella dinamica della storia
umana raccontata ne I giorni del cielo,
il bicchiere è un dettaglio importante: ci ricorda il tradimento di Abby, che
esce a passare la notte con Bill e alla mattina seguente Chuck forse si
accorge di qualcosa. Ma sempre per lo sfasamento della storia, al marito, la
consapevolezza del tradimento verrà solo in seguito, curiosamente a fronte di
un bacio innocente, un fraterno bacio
di addio tra Bill e Abby.
Al cospetto della Natura, quelle umane non sono che piccole storie; e per di più fuori sincronia.
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