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giovedì 5 agosto 2021

LES CROIX DE L'YSER

866_LES CROIX DE L'YSER Belgio, 1928; Regia di Gaston Schoukens e Paul Flon.

Film patriottico prodotto nel 1928 per celebrare i dieci anni dalla fine della Grande Guerra, Les Croix de l’Yser era un evidente tentativo di ricordare, a chi cominciasse a pensare ad un nuovo conflitto, quanto fosse stata brutale la Prima Guerra Mondiale. In quest’ottica si può dire che l’operazione si stata vana, anche se per l’inizio della Seconda Guerra Mondiale passeranno ancora un’altra decina d’anni abbondanti. Inoltre, la produzione belga del film, a livello internazionale, sembra rivolgersi più che altro ai cugini francesi, mentre il nemico tedesco è relegato in poche immagini intento a guerreggiare. L’ambientazione iniziale del film è infatti francese, con passaggi curiosi, a vederli un secolo dopo, di come la chiamata alle armi fosse accolta con entusiasmo dalla popolazione, almeno da quella maschile. Pur essendo un film muto, Les Croix de l’Yser non rinuncia a ricorrere ad evocare un canto patriottico come la Marsigliese, l’inno nazionale francese, per scaldare l’atmosfera della vicenda. Nella casa dove comincia la storia, solo le due donne sembrano preoccupate per la mobilitazione generale; ai due figli, e anche all’anziano padre, brillano invece gli occhi per la febbre della battaglia. Le scene di guerra, dai primi scontri fino all’assestamento della linea del fronte lungo il fiume Yser, vero e proprio simbolo di resistenza belga, sono di routine. E’ comunque interessante vedere all’opera il corpo francese dei Fucilieri della Marina, venuti a dare man forte per far reggere la prima linea.

In ogni caso, l’idea più importante del film, ovvero di essere una testimonianza di quale dramma fu la guerra, pur se congenita alla storia raccontata, si concretizza in forma compiuta solo nel finale. Gli anziani genitori dei due fratelli in arme protagonisti del racconto si recano all’ospedale militare di Saint Georges, per visitare il figlio minore, Jean (Jean Norey), ferito gravemente. I registi  Gaston Schoukens e Paul Flon, seppure nel resto del lungometraggio si limitino ad una regia di mestiere, in questo passaggio dimostrano di conoscere i meccanismi narrativi della suspense. Già dal colloquio col piantone all’ingresso si crea una discreta tensione per sapere se il figlio è tutt’ora sopravvissuto; ma è quando l’infermiera li conduce al letto del soldato Bouchard che abbiamo il colpo di scena. Gli autori giocano infatti con il cognome identico dei due fratelli e, nel letto di ospedale, i due anziani non trovano Jean ma Pierre (René Vermandèle), il figlio maggiore. Ma allora dov’è finito Jean che, da quel letto, aveva scritto ai genitori? Pierre, pur se gravemente ferito, riesce a raccontare della morte fratello, sopraggiunta in seguito alle gravi ferite. Jean è morto da eroe, come tanti altri. Ma nemmeno Pierre, che era con lui in prima linea, saprà dirci perché.




1 commento:

  1. Forse era il caso di riproporlo dopo altri 10 anni... o anche ogni anno, per ribadirlo ancora meglio...
    Immagino la poesia di veder cantare la Marsigliese senza ascoltarla...

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