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giovedì 16 gennaio 2020

IL ROMANZO DI UN LADRO DI CAVALLI

504_IL ROMANZO DI UN LADRO DI CAVALLI (Romansa konjokradice); Jugoslavia, Italia, Francia, 1971. Regia di Abraham Polonsky.

Il regista americano Abraham Polonsky negli anni cinquanta fu accusato di essere comunista dalla Commissione per le attività antiamericane, cosa che gli stroncò di fatto la carriera. Il promettente autore tornerà al lavoro dietro la macchina da presa solo nel 1970 con Ucciderò Willie Kid, di un anno precedente a questo Il romanzo di un ladro di cavalli. Se con il primo Polonsky aveva potuto aderire al cosiddetto western revisionista, per il secondo si dimostra molto più audace, imbastendo un’opera particolarmente originale. Forse anche ambiziosa, se si pensa che viene ingaggiato un attore come Yul Brinner, inserito però in un cast particolarmente eterogeneo, di cui si possono ricordare Eli Wallach e Jane Birkin. Se il resto degli attori recita in modo in onestà approssimativo, Brinner interpreta il tono farsesco e briccone dell’opera in modo anche troppo esplicito, Wallach propone una sua tipica prova (assimilabile a quelle degli spaghetti western), la Birkin sarà anche caruccia, se non fosse per l’espressione da ebete perennemente esibita in questa circostanza. Sembra abbastanza naturale che, con un simile prestazione d’attori assai eterogenea e dal sapore estemporaneo, il risultato non possa certo definirsi memorabile. Insomma, l’operazione sembra fare acqua da tutte le parti, ciononostante va comunque messo a referto che il film ottenne un discreto riscontro da certa critica militante. L’impressione è che il lavoro del regista sia stato valutato con sguardo benevolo oltre i suoi reali meriti, ma prendiamo pure per buono che si tratta di una sorta di romanzo-revisionista in salsa picaresca, che cerca la sua ragion d’essere nel riprendere alcune tematiche del western crepuscolare per inserirle in un altro contesto. 

Resta da capire se il generale tono sconclusionato sia una ricercata e voluta vaghezza di contenuti o una più prosaica mancanza di coerenza cinematografica. Il botteghino non ebbe però dubbi e decretò l’insuccesso di questo Il romanzo di un ladro di cavalli. Va detto che Polonsky aveva forse intuito i rischi del probabile fiasco e aveva lasciato che, almeno secondo i titoli di testa, ad attribuirsi la regia fosse tal Fedor Hanzekovic, un escamotage che tuttavia non gli valse a molto. Perché si chiuse comunque così, in modo assai poco lusinghiero, la carriera registica di Abraham Polonsky.


Jane Birkin


Linda Veras



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