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domenica 26 gennaio 2020

I TRAFFICANTI DELLA NOTTE

510_I TRAFFICANTI DELLA NOTTE (Night and the City); Stati Uniti, Regno Unito, 1950. Regia di Jules Dassin.

Il maestro del noir Jules Dassin aggiunge un altro capolavoro al suo già ricco curriculum nel genere specifico (basti citare Forza bruta e La città nuda): I trafficanti della notte è un film che rende merito in maniera splendida al significato del termine nero in relazione a queste pellicole. Il protagonista della storia è Henry Fabian (un credibilissimo Richard Widmark), un intrallazzatore che cerca di farsi strada nel sottobosco della criminalità organizzata di una irriconoscibile Londra (a parte per qualche veduta da cartolina con il Big Ben, della capitale inglese non si vede che buio, ombre e atmosfere brumose). Fabian è, a conti fatti, l’eroe della nostra storia, ed è un individuo infido, losco, disonesto, ladro, bugiardo: ma se questi connotati possono essere anche accettabili quando si trova alle prese coi boss della malavita come Nosseross o Kristo, lascia davvero disarmati quando il nostro baldo giovanotto ruba i soldi risparmiati dalla splendida Mary (nientemeno che la divina Gene Tierney) ragazza onesta che sciaguratamente ne è innamorata. Fabian, comunque, non è proprio quello sfaccendato che sembra e che tutti quanti credono: dimostrerà una certa abilità nel gestire uomini e situazioni, anche se metterà in moto un meccanismo che non sarà in grado poi di gestire. Il punto di massima tensione di una pellicola cupissima è proprio quando i lottatori, per i quali Fabian vuole organizzare un match ma non può farlo apertamente senza sfidare il racket di Kristo, vengono fatti incontrare e aizzati dallo stesso Fabian: ne scaturisce un’incontrollabile lotta cruenta e senza regole che impressiona per la violenza delle immagini mostrate sullo schermo. 

Per giunta, uno dei due lottatori è Gregorius, ovvero proprio il vecchio padre di Kristo, che vince lo scontro ma perde la vita per l’enorme sforzo profuso. A quel punto il ras malavitoso non ci vede più, anche perché il padre muore senza essersi riappacificato con lui e, oltretutto, proprio su questi dissapori tra padre e figlio circa l’etica e l’onestà della vera lotta libera si era opportunisticamente inserito Fabian, che intendeva trovare il suo spazio. Fabian, inoltre, non contento di essersi messo tra padre e figlio di una famiglia mafiosa, nella continua ricerca di soldi, va ad alimentare anche i dissidi sull’altra sponda del Tamigi: inganna e truffa Helen, la donna di Nosseross, l’altro boss malavitoso. 

Helen acquista infatti da Fabian una licenza per un locale notturno (che si rivela falsa), con la quale lei pensa di mettersi in proprio e finalmente lasciare il grasso marito. Alla fine la matassa di bugie, menzogne, imbrogli viene al pettine e sono in troppi a voler togliere dalle spese il nostro Henry Fabian: primo fra tutti Kristo che mette una taglia sulla sua testa. Ormai senza più scampo, Fabian trova l’ultima geniale intuizione che possa ricompensare, almeno parzialmente, l’unica persona degna dell’intera storia: Mary cerca di salvarlo, ma lui esce allo scoperto e la accusa platealmente (e ingiustamente) di tradimento; che almeno le possa venir consegnata la ricompensa per averlo scovato.
Un tentativo, certamente tardivo e che non riscatta affatto una condotta di vita completamente censurabile, ma ci conforta almeno un poco: anche nella notte più buia, a volte si può scorgere una piccola scintilla di luce. 














Gene Tierney








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