Translate

mercoledì 29 gennaio 2020

FROZEN II - IL SEGRETO DI ARENDELLE

512_FROZEN II - IL SEGRETO DI ARENDELLE (Frozen II); Stati Uniti, 2019. Regia di Chris Buck e Jennifer Lee.

Sequel del capolavoro Disney degli anni 10 del terzo millennio, Frozen II – Il segreto di Arendelle si scontra, ovviamente sin dalle premesse, con quel pesantissimo termine di paragone. Viene da chiedersi, in questi casi, se valga davvero la pena scomodare un film quando è prevedibilissimo che il nuovo capitolo non si riuscirà ad eguagliare l’originale. In questo caso c’è però almeno un valido motivo (oltre a quello economico, che al cinema basterebbe di per sé) e si può riassumere in un'unica parola: Elsa. Il personaggio principale, protagonista insieme alla sorella Anna della saga di Frozen, è la suprema sintesi di tutta la storia eroica cinematografica, non solo d’animazione e non solo Disney anche se, ovviamente, è chiaro che incarni in modo più evidente questi canoni. Coinvolta in avventure in cui si sacrifica per il bene comune, è quindi l’Eroe della storia, di cui però ne è anche, almeno a livello di estetica narrativa, la Principessa, che nella consuetudine è invece l’oggetto della missione eroica. C’è quindi una coesistenza, nella sua persona, delle figure tipicamente maschili e femminili della tradizione, con l’attenzione al fatto che Elsa non rinnega, nemmeno in modo latente, il suo ruolo femminile in tema narrativo, di cui tiene ben stretta la sensuale presenza scenica. Ma la vera novità è che Elsa è anche la Regina, un ruolo spesso corrispondente alla cattiva della storia, e in cui rischia sempre di scivolare e che, non a caso, è proprio esplorato, sebbene in un altro piano, da questo secondo episodio. 

Infatti in Frozen II – Il segreto di Arendelle si scopre che, all’origine di questo florido periodo storico di Arendelle, c’è una sorta di peccato originale: la cattiveria perpetrata da Re Runeard, il nonno delle due ragazze protagoniste, ai danni dei Northuldra, una popolazione vicina e dalle conoscenze magiche. La sponda ecologista, presente da sempre in Disney e non certo legata alle mode del momento, si manifesta nella forma che assume questa opera malvagia che, nel film, è una diga. Il Re, che spacciava la diga come regalo per migliorare le condizioni di vita dei suoi vicini (metafora del progresso), aveva invece intendi dolosi e, in effetti, lo sbarramento artificiale avvelenerà la foresta, costringendola sotto un malefico incantesimo. 

Se Elsa incarna l’universalità tutta disneyana delle principesse, volendo guardare è prevalentemente Anna a sottrarre il ruolo ai vari eroi maschili del grande schermo della casa di Burbank. Il suo pragmatico intervento, che fa crollare la diga, è decisivo e risolutore e sarà quindi a lei che verrà concesso anche il posto di rilievo in società: sarà infatti la futura regina di Arandelle. In questo senso la Disney potrebbe sembrare darsi un’aria un po’ moderna, presentando cioè una figura femminile (Anna) in grado di fare quello che abitualmente fanno i suoi colleghi maschi: salvare il mondo lanciandosi in avventure fuori dalla propria portata riuscendo comunque nell’impresa. 

Interessante, certo, ma un po’ troppo politically correct, e comunque già visto in altri classici dello studio di Topolino (Mulan, Pocahontas); in ogni caso il tema fa’ la cosa giusta è sacrosanto. Ma, come detto, queste sono tracce secondarie, visto che il vero punto di forza di Frozen, sia uno che due, è prevalentemente incarnato da Elsa e dalla sua universalità: un concetto totalmente femminile, da sempre cavalcato dalla Disney. Il primo, mitico, classico è stato Biancaneve e i Sette Nani, poi Cenerentola inaugurò la golden age di cui La bella addormenta nel bosco rimane l’apice artistico; La sirenetta aprì il rinascimento degli anni ’90 e Frozen- Il regno di ghiaccio toccò un nuovo assoluto vertice. 

Naturalmente ci sono tantissimi capolavori anche sul versante maschile dei classici di Walt Disney, le storie dal tono più avventuroso ma, come si vede, i passaggi epocali sono affidati alle principesse e non è affatto un caso. Nel perenne contrasto tra civiltà e natura raccontato dai film della Disney, sono infatti le protagoniste femminili a far conciliare le due forze come, del resto, laddove c’è una principessa ci sarà giocoforza anche un principe e, quindi, anche su questo aspetto si può cogliere l’universalità di queste storie. Tutto questo è sublimato nella saga di Frozen dove le protagoniste sono addirittura due sorelle. E in realtà, la figura di Anna, nel suo divenire regina di Arendelle, virando cioè nel finale in un ruolo tipicamente femminile, acquista un maggiore rilievo: così le due sorelle incarnano ora natura e civiltà e il fatto che siano femmine universalizza il discorso anche in senso di genere sessuale. Come già in parte in Frozen – Il regno di ghiaccio, anche in questo nuovo capitolo manca il cattivo (un cattivo vero, di peso e qualità): là c’era Elsa ad assumersi certi aspetti di quel ruolo, in modo superlativo, in questo caso è il passato tecnologico della società (la diga) oltre a più banali istinti umani (l’avidità del Re) che sono però alla base del benessere della comunità. In sostanza è reso esplicito il concetto che il male è sociale, collettivo. 


Ovvero quello che, nel primo Frozen, si poteva già dedurre: se il male può insediarsi persino in un personaggio universale come Elsa, che oggi scopriamo essere addirittura il quinto elemento in grado di armonizzare  gli altri quattro (acqua, aria, terra e fuoco), allora ci riguarda tutti. E' probabile che sia questa completezza del carattere della bionda platino regina dei ghiacci a renderla estranea ai rapporti sentimentali, lasciati alla sorella da onorare. Una sua eventuale omosessualità, di cui si è sentito teorizzare, non trova particolari riscontri e sembra un'ipotesi posticcia ricercata in modo forzato. La protagonista di Frozen sembra volare assai più in alto rimanendo su concetti più universali: il che, visto il pubblico a cui si rivolge, è la dimostrazione di come alla Disney facciano il loro lavoro con serietà.
Naturalmente tutto ciò in un film divertente, spettacolare e godibilissimo anche se meno coinvolgente rispetto al capostipite. Frozen II- Il segreto di Arendelle insiste fortissimo sulla forma di film musicale: sembra una scelta logica, visto il successo della colonna sonora del primo episodio, ma forse vi si può leggere anche una strategia per parare un po’ le critiche in modo preventivo. Il musical è un genere che offre la possibilità di una vena astratta in molti passaggi, una soluzione ideale per dare un tono stiloso all’opera e cercare di non lasciare troppe sponde alle prevedibili critiche, sempre in agguato quando si possono intavolare scomodi paragoni.
Critiche che, in ogni caso, lasciamo volentieri ad altri lidi.


Anna



Elsa







Nessun commento:

Posta un commento