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domenica 10 aprile 2022

INSEPARABILI

1000_INSEPARABILI (Dead Ringers). Canada, Stati Uniti, 1988;  Regia di David Cronenberg.

Se osserviamo la filmografia di David Cronenberg, potremo notare come alcuni film sembrino accoppiati per temi o argomenti fin da Stereo (1969) e Crimes of the Future (1970), i primi lungometraggi sperimentali del regista canadese. Questa particolarità è accentuata nel gemellaggio tra La mosca (1986) e Inseparabili (1988), film che rinforza ulteriormente il tema del doppio anche intrinsecamente. Dead Ringers, questo il titolo originale (che in inglese si usa per dire qualcosa tipo uguali sputati, duplicati esatti), trae spunto da un fatto reale, la tragica fine dei gemelli Marcus, e da un libro che se ne ispirava, opera di Bari Wood e Jack Geasland. Sebbene minimizzato dallo stesso Cronenberg, l’anello simbolico ed esplicito che unisce i suoi due film di metà anni Ottanta è il ruolo di ginecologo interpretato dallo stesso regista ne La mosca. Stando alle parole del canadese si trattava solo di soddisfare le necessità dell’attrice Geena Davis che non voleva estranei in una posizione tanto delicata durante quella scena. Al di là che la cosa ha il sapore di una battuta, le peripezie produttive che hanno accompagnato Inseparabili, rendono la coincidenza che questo film di Cronenberg approfondisca proprio questo argomento, i gemelli protagonisti sono infatti ginecologi, quantomeno una medaglia a due facce. Da una parte, essendo il progetto Twins (titolo originale previsto ai tempi) in gestazione dai primissimi anni del decennio, può davvero far pensare ad una semplice combinazione casuale il fatto che poi il film abbia alla fine visto la luce proprio dopo La mosca

D’altra parte è anche vero che con tutto il tempo che il film ha avuto per essere finito è curioso che si sia scelto di concluderlo proprio dopo il lungometraggio con Jeff Goldblum protagonista. E, a rafforzare l’idea che ci sia stata una particolare emergenza nella vena creativa di Cronenberg proprio a questo punto della sua carriera, c’è il fatto che, per la prima volta, il regista si assumeva anche i rischi della produzione pur di realizzare Inseparabili. Spesso, questo tipo di connessioni tra opere diverse possono avere un ruolo marginale o secondario; poco più che curiosità, insomma, e non varrebbe la pena di insistere così per valutarne la loro effettiva consistenza. Nel caso di Cronenberg, e nel caso di La mosca e di Inseparabili in particolare, è invece necessario. 

Perché La mosca ci diceva, in sostanza, che qualcosa di mostruoso era dentro di noi (la mosca) e si frapponeva tra noi e la felicità (Veronica, il personaggio della Davis). In Inseparabili Cronenberg affina il concetto: l’insetto guastatore del precedente film è, in effetti, qualcosa di estraneo all’individuo sebbene poi venga sviluppato in modo mostruoso e fatale dall’organismo ospitante. Ma Cronenberg vuole, probabilmente, correggere il vizio di forma presente ne La mosca: non serve alcun insetto perché ciò che ci ostacola verso la felicità è già dentro di noi. E’ una chiave di lettura azzardata, è evidente, ma risponde anche alla natura del modo di lavorare come regista di Cronenberg. Per sua stessa ammissione, pur essendo un autore che prepara con grande cura i suoi lavori (e i tempi di gestazione della stesura della sceneggiatura di Inseparabili, tra gli altri, ne sono la prova), egli si definisce l’anti-Hitchcock dietro la macchina da presa. Per quanto l’autore abbia un naturale e preventivo colpo d’occhio nella preparazione e composizione della scena, il lavoro del regista nato a Toronto si sviluppa realmente solo una volta che si arrivi sul set e, se consideriamo questa natura in divenire del cinema di Cronenberg e la sua filmografia come qualcosa di omogeneo (tema caro al canadese, ad esempio quando difende le sue opere considerate meno personali, come Fast Company), si può in parte concepire Inseparabili come un’evoluzione de La mosca

Tutto questo rimando al film precedente è, come detto, necessario perché alcune soluzioni tecniche, visive e artistiche, presenti in Inseparabili acquistano maggior senso se contestualizzate. Ad esempio, il tema della carne, il rapporto tra la mente (sede della consapevolezza, dell’intelligenza, della personalità dell’individuo) e il corpo (sede di… cosa?), uno dei cavalli di battaglia di Cronenberg, è presente anche in questo suo film. I protagonisti (un doppio Jeremy Irons, superlativo nell’interpretare i gemelli Mantle su cui è costruito il film) sono ginecologi, ovvero per lavoro guardano dentro le pazienti. Questo interesse per gli aspetti interiori dell’organismo umano è dichiarato esplicitamente da Elliot, uno dei gemelli, a Claire Niveau (Geneviève Bujold). Il punto è che, al contrario, ciò che è racchiuso dall’involucro corporeo crea nella maggior parte delle persone repulsione quando non ribrezzo vero e proprio. 

Questo aspetto è da sempre oggetto di curiosità da parte del regista canadese che, evidentemente, non si capacita di come i suoi simili possano essere inorriditi da ciò che costituisce loro stessi. E’, in effetti, una cosa che può sembrare paradossale: perché la gente trova scabroso il proprio corpo al di là della superfice esterna? Pare, tra l’altro, che al tempo il fatto di mettere in scena un film sull’attività di una coppia di dottori ginecologi abbia creato qualche grattacapo, a partire dall’allestimento del cast fino a trovare una produzione interessata (nonostante il regista venisse dal successo commerciale de La mosca). La figura dell’agente di Clarie infastidito mentre sta cenando, per via dei discorsi tra quest’ultima e Elliot che parlano amabilmente dell’utero della donna, sottolinea il diffuso disagio ad affrontare questo tipo di argomenti. Abitualmente, col suo cinema, Cronenberg insiste proprio su questo aspetto, la rappresentazione del corpo umano al di là dell’epidermide, in un tentativo di superare anche visivamente il superficiale modo in cui si definisce la forma concreta ed estetica dell’essere umano. Per far questo, il regista ha utilizzato perciò spesso il cinema horror, ovvero il genere deputato a questi estremismi estetici. In Inseparabili questi elementi più eccessivi mancano se non per una scena onirica, che vede coinvolti i due gemelli, Elliot e Beverly, e Claire. Già il circoscrivere la cosa nella dimensione del sogno, o meglio dell’incubo, è un evidente indice che il film, nel suo corpo principale, è più sobrio. 

Pare che Cronenberg, in qualità di produttore, abbia allestito un’apposita prima visione e abbia poi valutato la reazione del pubblico, tagliando una delle due scene di forte impatto visivo di questo tipo previste nel primo montaggio. Il pubblico non le aveva gradite e il regista pensò che, a quel punto, fosse più saggio lasciarne solo una, adottando una sorta di compromesso tra la sua idea e il gradimento degli spettatori. Tuttavia è nel confronto con il precedente La mosca, in cui le scene orripilanti di mutazioni corporee la facevano da padrone grazie agli effetti speciali, che si può cogliere la peculiarità in questo stesso campo di Inseparabili. Perché, come notato da Gianni Canova nel suo Castoro Cinema, l’effetto speciale più straordinario di Dead Ringers è invisibile o quantomeno si nota molto poco; Jeremy Irons è infatti praticamente sempre sullo schermo, ora nelle vesti di Elliot ora in quelle di Beverly, spesso di tutte e due contemporaneamente. Nel 1988 non si era ancora nell’epoca della moderna computer grafica e il risultato che permette di vedere i gemelli nello stesso tempo sullo schermo, per i tempi, è tecnicamente stupefacente. Il punto è che, a quello che ci appare, quelle scene potrebbero essere riprese di due normali gemelli omozigoti. Gli effetti speciali di Cronenberg, stavolta, non servono a mostrarci qualcosa di straordinario (la mostruosità della Brundle-mosca) ma lavorano sottotraccia, sotto la superficie che, di fatto, sembra quella di una realtà normale. 

Oltre a ciò Irons è superlativo, nel caratterizzare in modo straordinario i due gemelli. In ogni caso, anche in questo film come ne La mosca, gli effetti speciali servono a mostrare l’individuo e il suo doppio contemporaneamente sullo schermo: la citata mutazione di Seth Brundle che integrava uomo e mostro e qui i gemelli. Perché quello che sembra emergere dal film è che il doppio è una parte integrata dell’individuo e non la sua metà oscura. Infatti, forse per la prima volta al cinema, un film sui gemelli non li presenta in modo schematico buono vs cattivo, debole vs forte o sottomesso vs dominante. In un primo momento, sembra anche in Inseparabili che Elliot sia il fratello forte e Beverly quello debole ma, nel proseguo della storia, le definizioni saranno assai più sfuggenti, fino al finale in cui quello in apparenza predominante sarà anche il primo a soccombere. Ed è Beverly, quello più timido e sensibile (e con un nome da donna), a compiere l’evoluzione maggiore tra i due; certo perché Claire si innamora di lui, ma da parte sua ci mette la volontà di isolarsi da Elliot. Questi, più scaltro ed abile a sfruttare le situazioni sentimentali con l’altro sesso, non riuscirà a costruirsi questa possibilità non cogliendo la disponibilità di Cary (Heidi von Pallenske), essendo in realtà l’anello debole dei gemelli e quindi incapace di lasciare l’insano legame con Beverly. 

Tuttavia anche Beverly, che pur cade nella tentazione, diciamo così, di rompere il legame con il fratello, alla fine si rende conto che non c’è alcuna speranza di scioglierlo, quel legame. Perché i due gemelli sono, in buona sostanza, un organismo unico; “non hai mai scopato con Claire se non ne parli con me”, sintetizza il concetto Elliot. Ecco, il rapporto con Claire è inteso come una fonte di perturbazione, e per questo interessante, certo. Ma il cinema di Cronenberg sembra quasi ammettere una sorta di impreparazione ad affrontare questo tema; la donna si differenzia dall’uomo per il genere sessuale di appartenenza (e viceversa, ovvio) ma questo elemento rischia di rendere impossibile l’analisi oggetto della poetica del regista. 

I gemelli Mantle giovanissimi visti nell’incipit arrivano alla conclusione che il sesso si renda necessario perché l’uomo non vive immerso nell’acqua come i pesci. In effetti, ripensandoci, tanto cinema di Cronenberg, in particolar modo i primi lungometraggi sperimentali ma anche lo stesso Inseparabili, dà l’idea di essere visto come si guarda un acquario. E, tornando alle sequenze iniziali di Dead Ringers, la ragazzina interpellata dai gemelli, replica che è sicura che i due non sappiano cosa voglia dire fare sesso. Una volta cresciuti, Elliot e Beverly, doppie personalità dello stesso Cronenberg a cui spesso finiscono per assomigliare anche fisicamente, troveranno un equilibrio che li rende praticamente una sola cosa, evitando però un vero confronto con l’altro sesso. Con il quale, almeno quello rappresentato dal film, non c’è proprio affinità: i gemelli sono due e indissolubili come un’unica unità. Numericamente, potremmo dire che sono rappresentati dal due e dall’uno; e hanno già al loro interno una componente femminile (Beverly) e una maschile (Elliot). Claire è una donna (mutante) con l’utero triforcuto e, quindi, è una e triplice allo stesso tempo, qualcosa di diverso, qualcosa che esula dall’analisi sull’individuo fatta fin qui da Cronenberg. 

La donna di questa storia è particolare, si è detto, ma in fondo tutte le donne, in quanto madri potenziali, portano in dote la capacità di trasformare in famiglia (il cui numero simbolicamente iniziale è il tre, madre, padre e figlio) una semplice coppia. Questo aspetto sembra inconcepibile per Cronenberg, che analizza con il suo cinema la fatica con cui si può trovare un equilibrio tra le componenti dell’individuo e si vede sparigliare le carte dall’arrivo sulla scena della donna e, di conseguenza, del sesso. Onestamente, l’autore non sembra poter (o voler?) comprendere a fondo con la sua analisi cinematografica il ruolo della figura femminile nelle dinamiche che operano sull’individuo; che è maschile probabilmente perché Cronenberg è un maschio, e quindi forse il discorso si potrebbe fare anche alla rovescia. Quello che il regista canadese, insomma, non pare avere problemi ad ammettere è che la donna è una variabile di cui forse si potrebbe fare a meno, ricordando il discorso iniziale sui pesci dei due giovanissimi gemelli Mantle. Quello invece che ci è proprio indispensabile, come capisce benissimo Beverly nel film, è qualcosa che è anche la causa della fine della nostra tranquillità, del nostro equilibrio e, forse, anche la causa ultima della nostra fine.
L’amore.






Geneviève Bujold







1 commento:

  1. in effetti il proprio "doppio", inteso come quella parte di noi che tendiamo a rifuggire perché non ci piace, andrebbe visto invece come un alleato che può renderci più forti... E lo dicono i migliori psicoterapeuti, non io 😃
    Se poi si riuscisse a trasformare l'amore in un sentimento puro che non sia finalizzato al dover fare figli, a mio parere sarebbe senz'altro meglio 🙂💓

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