Translate

lunedì 10 maggio 2021

IL GRINTA (1969)

813_IL GRINTA (True Grit)Stati Uniti, 1969; Regia di Henry Hathaway.

Il Grinta di Henry Hathaway uscì nelle sale americane, a Los Angeles, l’11 giugno 1969; giusto una settimana dopo, il 18 dello stesso mese, usciva Il Mucchio Selvaggio di Sam Peckinpah e il pubblico americano aveva già avuto modo di vedere per intero, negli anni precedenti, l’intera trilogia del dollaro di Sergio Leone. D’accordo, western con apparenti connotazioni classicheggianti se ne producevano ancora e se ne produrranno anche in seguito, ma un regista attento come Hathaway non poteva non cogliere i segnali del cambiamento. La possibilità di ingaggiare un monumento come John Wayne, ormai più che sessantenne, permise al regista di inquadrare il film in un modo originale, trattando il tema del tramonto dell’epopea del far west sovrapponendolo a quella del protagonista della storia. Pur se avanti con gli anni, il Duca era ancora perfettamente in grado di reggere la portata di un western che avesse anche delle connotazioni classiche; pare addirittura che l’imponente attore volesse assumersi il compito della regia, ma dovette rinunciarvi per la malattia che lo affliggeva e lo costringeva persino a richiedere un aiuto meccanico per montare a cavallo. Sia come sia, Wayne sfoderò un’interpretazione superba, per una volta riconosciuta anche dall’Academy Award che gli tributò l’Oscar come miglior attore protagonista. Dal canto suo, Henry Hathaway, per Il Grinta mette in scena un far west in cui comincia a farsi sentire l’arrivo della civiltà, ed è più che altro questo l’aspetto in cui si può cogliere la rappresentazione della fine di un’epoca. 

Il personaggio nuovo è Mattie Ross (Kim Darby), la petulante ragazzina protagonista insieme a Rooster Cogburn (John Wayne) e La Boeuf (Glen Campbell): è istruita, fa la contabile, conosce tutti i suoi diritti (veri e presunti) e minaccia costantemente di rivolgersi al suo avvocato. Come nota sagacemente La Boeuf, un impomatato ranger del Texas, sfodera la minaccia di chiamare in causa l’avvocato come fosse una pistola; e riuscendo sempre a spuntarla. Almeno finché rimane a Fort Smith, paese ormai civilizzato: la prima volta che i suoi interlocutori di turno non si faranno intimidire dalla minaccia di essere chiamati in tribunale, sarà infatti significativamente sul traghetto oltre il quale si estende il Territorio Indiano, e che nel film rappresenterà ancora il selvaggio west. L’accostamento tra l’introduzione del film, che si svolge nella cittadina dell’Arkansas, e il corpo principale del lungometraggio ambientato in pieno Territorio Indiano, evidenzia come gli ambienti urbani siano ormai civilizzati anche nell’ovest, e di selvaggio rimanga ormai soltanto quella sorta di riserva praticamente deserta destinata (almeno al tempo) ai nativi. Le ambientazioni specifiche, e la musica, sottolineano questo contrasto: i titoli di testa scorrono sull’immagine di una verdeggiante vallata, con una fattoria in primo piano; non uno scorcio western ma piuttosto bucolico. La canzone che accompagna i credits è cantata dallo stesso Glen Campbell (che nel film interpreta il ranger texano), ed è una melodica ballata country


A Fort Smith assistiamo ad uno degli (inquietanti) aspetti della civilizzazione, ovvero l’amministrazione della Giustizia: nella fattispecie l’impiccagione di tre condannati, con una folla da stadio che si raduna sul prato antistante la forca per assistervi; un altro spaccato di civiltà americana Hathaway ce lo dà nel tribunale, dove è chiamato a deporre Rooster Cogburn. Questi è un malandato pistolero ubriacone e orbo da un occhio che, è presumibile per mera convenienza, è divenuto una sorta di sceriffo/cacciatore di taglie. Per contrasto, l’altro rappresentante della legge, La Boeuf, sembra essere appena uscito da un western del tempo di Tom Mix, con il suo look laccato e così beneducato. 

Quando la coppia di tutori della legge, ingaggiati dalla giovane Mattie Ross per dar la caccia all’uomo che ne ha ucciso il padre, supera il crinale e compare su un paesaggio selvaggio, irrompe la travolgente tipica musica di Elmer Bernstein (True Grit theme) e si capisce che siamo ancora nel far west e Il Grinta, almeno in questa fase, è ancora un western classico. Certo, gli avversari appartengono al nuovo corso cinematografico: a parte Jeff Corey che interpreta Tom Chaney, l’uomo a cui i nostri danno la caccia ma che è una figura secondaria, tra i cattivi spiccano Dennis Hopper (Moon), e soprattutto Robert Duvall (Ned Pepper). Sia Duvall che Hopper sono due attori importanti nel cinema americano degli anni sessanta/settanta, e tutto sommato non sfigurano a confronto con una roccia della golden age hollywoodiana come Wayne, anche se si evidenzia una sostanziale distanza ancora a favore di quest’ultimo. D'altronde l’elemento in cui si gioca la partita decisiva, l’abbiamo visto, è il selvaggio west del cinema classico, il terreno ideale del Duca; che, al contrario, nella prima parte della pellicola, quella a Fort Smith e con la scena del tribunale, lo vedeva più impacciato.
Insomma, il western classico è ormai agli sgoccioli, ma possiamo accogliere l’invito che, nel finale, John Wayne fa alla sua giovane amica, e andare a trovarlo ogni tanto.
Il Duca è sempre il Duca, anche da vecchio.  







Nessun commento:

Posta un commento