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martedì 28 luglio 2020

IL GRANDE PAESE

608_IL GRANDE PAESE (The Big Country)Stati Uniti 1958. Regia di William Wyler.

Un film monumentale, questo Il Grande Paese di William Wyler, dove di grande c’è davvero tutto: a cominciare dal commento sonoro, con la travolgente musica dei titoli di testa, opera di Jerome Moross, davvero strepitosa. Naturalmente di grande c’è anche il soggetto del film, ovvero il sud-ovest americano, le grandi distese di erba, i canyon: qui si vede tutta la stoffa del regista tedesco naturalizzato americano, che compone le sue inquadrature con grandissima cura permettendo allo spettatore di spaziare con lo sguardo sull’enorme schermo del formato Technirama. Poi ci sono gli attori: Grecory Peck (che interpreta il protagonista, il comandante di marina James McKay) e Charlton Heston (nei panni di Steve Leech, rivale in amore, almeno in prima istanza di McKay), sono due autentici marcantoni, a cui va aggiunto Chuck Connors (Buck, il figlio maggiore degli Hannassey) attore inferiore di rango e di ruolo ma non in fatto di presenza scenica. In realtà i personaggi più ingombranti sono i due patriarchi delle famiglie Terril e Hannassey: il maggiore Henry Terril (Charles Bickford) non è imponente di statura ma ha carisma e autorità da vendere; Rufus Hannassey (Burl Ives) è invece una sorta di orco delle favole con una personale legge morale. Il film è ambientato durante lo scontro che questi giganti mettono in scena, coinvolgendo non solo le famiglie ma tutta la zona. McKay, marinaio e uomo dell’est, dovendo sposare la figlia del maggiore Terril, Patricia (una Carroll Baker piuttosto stucchevole), si reca al ranch del futuro suocero, nello sconfinato Far West. L’arrivo di un elemento estraneo scatena subito più di un pretesto per alimentare la faida tra le famiglie rivali e Mckay, provando a sottrarsi a questa spirale di violenza, verrà ben presto messo in discussione. 

Il film è sicuramente di genere western ma il protagonista lo affronta in modo, diciamo così, più contemporaneo andandone in giro sempre disarmato; in effetti McKay non solo è estraneo all’ambiente in cui si trova catapultato ma anche al tempo, un po’ come se tornasse ad un’epoca precedente la sua. Si prenda l’esempio simbolico del suo cappello che è subito preso di mira non essendo un classico stetson da cow boy; e nonostante nel corso del film lo cambierà, rimarrà fedele a fogge più moderne. Insomma, deciso a non scendere a compromessi con la barbarie degli abitanti del west, McKay si troverà solo, abbandonato dai Terril, compresa quella che doveva essere la futura sposa, e guardato in cagnesco dagli Hannessy. Buon per lui che nella storia ci sia anche la maestrina Julie (una deliziosa Jean Simmons) che lo ricompenserà per il rigore morale dispensato nel film. Pellicola western ma dal sapore dei classici film drammatici americani, Il Grande Paese prova a trovare una soluzione ai problemi della convivenza civile che non sia la violenza o la legge del più forte. C’è chi ci ha colto un originale, per un western, riferimento alla Guerra Fredda, con gli americani ben rappresentati dal maggiore Terril e i suoi, e i russi, di cui gli Hannassey (Rufus in primis) sono una sorta di rozza caricatura. Nel caso sarebbe una chiave di lettura particolarmente singolare e non certo abituale. Tuttavia la strepitosa musica di Moross consegna di diritto Il Grande Paese al novero dei classici del genere western.



















Carrol Baker




Jean Simmons












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