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lunedì 13 luglio 2020

TUTTI DEFUNTI... TRANNE I MORTI

598_TUTTI DEFUNTI... TRANNE I MORTI ; Italia, 1977. Regia di Pupi Avati.

Dopo quella che si potrebbe quasi definire una pausa seria nella sua filmografia, (il terrificante La casa dalle finestre che ridono dove a concedersi qualche risata erano solo le imposte dell’edificio citato nel titolo del film), Pupi Avati torna alla parodia, cifra stilistica che aveva grosso modo accompagnato, ora in chiave satirica ora in chiave grottesca, i suoi lavori precedenti. Tutti defunti… tranne i morti gioca con lo spettatore sin dal titolo, che è una divertente contraddizione di termini. Un po’ come il tema del film che, se rimane nell’ambito gotico, evidentemente molto caro all’autore, ha come scopo principale dichiarato divertire il suo pubblico più che spaventarlo. In realtà Avati opera con maggiore sottigliezza di quanto possa sembrare ad una rapida occhiata. Coadiuvato dagli stessi collaboratori de La casa dalle finestre che ridono, (Antonio Avati, Gianni Gavina e Maurizio Costanzo, oltre allo stesso regista, per soggetto e sceneggiatura) l’autore nato a Bologna organizza una storia tipica da film giallo, (sul modello di Dieci piccoli indiani di Agatha Christie), trova l’ambientazione perfetta, (il castello Carrobio di Massa Finalese in provincia di Modena), e mette in moto una sua personale decostruzione del genere horror. Quello che Avati riesce a dimostrare, con Tutti defunti… tranne i morti è come le regole del cinema di genere rischino di diventare sterili convenzioni a cui troppo spesso ci si possa affidare per mascherare una carenza di inventiva. Che l’autore bolognese abbia un gusto dissacratore era già evidente dalla sua vena grottesca che affiora a più riprese nei suoi lavori; in questo caso Avati organizza questa sua verve critica in forma di divertita parodia, per mettere bonariamente alla berlina proprio un genere da lui amato come il gotico

E il farlo giusto dopo il riuscitissimo La casa dalle finestre che ridono, dimostra la volontà del regista di non finire ingabbiato come autore meramente horror. Tuttavia Tutti defunti… tranne i morti è un film che fa si ridere e, semmai, qui c’è da obiettare qualcosa, ma rimane un film che, in numerosi passaggi, fa davvero paura. Un po’ come se Avati dicesse che è inutile dare quell’atmosfera seriosa ai film horror, perché non è la risata del momento comico che inficia l’efficacia delle scene di suspense o di terrore. I due registri, quello comico e quello horror, possono convivere e forse, l’evoluzione del genere, un po’ come è successo per gli spaghetti western (citati in un paio di passaggi, quello degli sganassoni e quello del duello), potrebbe prendere proprio quella china. 

Il film è, nel complesso, certamente positivo: il punto è che, un po’ a sorpresa, funziona meglio come horror che come parodia. Se Carlo Delle Piane fatica ma riesce a reggere il centro della scena, Gianni Gavina naufraga ma non nel modo sperato dal suo ruolo. Purtroppo il copione prevede per lui un posto cruciale nella parte corposa del lungometraggio e Gavina, pur se è un valido caratterista, non ha le stigmate del personaggio su cui poggiare la riuscita di un film. Il suo tentativo, a volte in coppia con Delle Piane, di rifarsi alle comiche alla Stanlio e Ollio, non ottiene l’effetto sperato, prevalentemente a causa del suo scarso carisma cinematografico. 

A sopperire tale deficit provano Francesca Marciano e Greta Vajan, che hanno un indubbio aiuto dall’aspetto estetico, ma non basta comunque a salvare completamente l’operazione. Del cast, forse il vero punto debole dell’opera, rimangono così in mente i personaggi presentati accentuandone le caratteristiche caricaturali, Bob Tonelli, Giulio Pizzirani, Pietro Bona, e soprattutto Arnaldo Sorrentino, il nano che interpreta la cameriera Rosa. Quest’ultimo, nel suo ruolo ambiguo, veicola un equivoco che ben interpreta lo spirito del film: il suo essere nano, distoglie l’attenzione dal fatto che sia un uomo che interpreta una donna. Un’indeterminazione simile ad una parodia di un film di paura che spaventa più di quanto faccia ridere. 





Francesca Marciano



Greta Vayan



    



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