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mercoledì 2 ottobre 2019

LA POLIZIA BUSSA ALLA PORTA

419_LA POLIZIA BUSSA ALLA PORTA (The Big Combo); Stati Uniti, 1955Regia di Joseph H. Lewis.

Nel 1955 sono ormai lontani i tempi in cui Joseph H. Lewis si guadagnava il soprannome dispregiativo di Wagon Wheel Joe; un nomignolo che, qualche volta, nella traduzione italiana, ha finito invece  per essere nobilitato: ‘Joe la locomotiva’ poteva infatti far pensare ad una notevole capacità produttiva dell’autore anche a fronte di difficoltà o scarsi mezzi. Ai tempi di La polizia bussa alla porta, l’abitudine di utilizzare stratagemmi visivi per rendere interessanti le sue pellicole (a cui si riferisce il wagon-wheel dell’appellativo americano attribuito al regista) si è ormai persa, e Lewis dispone di mezzi tecnici consoni e sufficienti per connotare le sue storie in modo comunque originale e personale. The big combo, questo il titolo americano, è un noir classico, sebbene un po’ tardivo, visto che gli anni 40, periodo di massimo splendore del genere, sono ormai passati da un pezzo. Nel film spiccano due figure, il poliziotto protagonista, il tenente Diamond (Cornel Wilde) e il boss della malavita, l’elegante mister Brown  (Richard Conte). Non sono più i ruggenti anni venti, quelli del proibizionismo e dei mitra spianati, e il distinto gangster si guarda bene dal farsi cogliere in situazioni che lo possano danneggiare; così controlla i suoi loschi affari con estrema accuratezza. Il tenente Diamond ne fa un caso quasi personale e viene richiamato dai suoi superiori per la grande quantità di denaro profuso nel vano tentativo di incastrarlo. Oltre alla preoccupazione per i soldi dei contribuenti, c’è il sospetto che il poliziotto sia innamorato della nuova fiamma di Brown, la biondissima e bellissima Susan Lowell (Jean Wallace), cosa che metterebbe in dubbio l’obiettività di Diamond nelle indagini. Il tenente non smentisce mai con troppa convinzione questa insinuazione e, in ogni caso, il suo coinvolgimento sentimentale sembra abbastanza probabile. 

Un aspetto non trascurabile visto che, al di là della trama poliziesca, sono proprio i legami e le attrazioni sessuali tra i protagonisti ad essere maggiormente sotto l’obiettivo della macchina da presa di Lewis. Brown ha soggiogato la bella Susan, che però col tempo diventa sempre più insofferente; Diamond, che sembra invaghito dalla bellezza della giovane, cerca quindi di utilizzarne i dubbi per attaccare il gangster. Il quale, prima di Susan, aveva una moglie che, almeno stando alle sue parole, lo ha fatto soffrire prima di venire messa da parte, praticamente reclusa viva. Diamond, che già è poco limpido nel suo insistito comportamento con Susan, ha anch’esso un lato oscuro: quando ha bisogno di compagnia non si fa scrupoli ad andare a trovare Rita (la notevole Helen Stanton), una ballerina di un night che, diversamente, sembra sinceramente innamorata. La povera ragazza, oltre a non venir corrisposta rimedierà da Fante (Lee Van Cleef) e Mingo (Earl Holliman), gli scagnozzi di Brown, una letale dose di piombo destinata al poliziotto. Il punto più controverso di tutta la questione è l’ossessione di Diamond nei confronti di Brown: lascia un po’ perplesso il fatto che, oltre all’interesse professionale per il gangster, il poliziotto abbia contemporaneamente un desiderio così ardente per la compagna del bandito, una donna che in sostanza non conosce (la conoscerà solo nel corso del film). 


Il comportamento del tenente sembra addirittura dar credito alle parole del rivale, che motiva l’insistente attenzione del detective nei suoi confronti con una malcelata ammirazione. Questo malsano legame tra due uomini non è l’unico nell’opera, in quanto Fante e Mingo, i due gangster al servizio di Brown, vivono insieme, nello stessa stanza, in modo piuttosto insolito per un film. Anche tra Brown e l’altro gangster che lavora per lui, McClure, c’è un rapporto strano, improntato ad una sfacciata dominazione del giovane boss sull’uomo più anziano e, in teoria, più titolato per sostituire il vecchio capo. La sottomissione di McClure è però mal sopportata da questi che quindi prova, fallendo, a scalzare Brown. Questi passaggi sono mostrati con estrema crudezza da Lewis, che mette in scena (al netto delle interferenze della censura) i momenti cruciali che vanno a definire gli equilibri di forza nei rapporti interpersonali: di Brown che umilia McClure, o che usa parole sprezzanti nei confronti Diamond, si è detto; ma c’è un altro passaggio quantomeno pittoresco, quando il gangster sembra sinceramente preoccupato per la sorte di Susan (che ha appena tentato il suicidio) e cede alle continue provocazioni del detective. Nella traduzione italiana sentiamo Brown avvertire apertamente Diamond di stare attento altrimenti gli avrebbe rotto la schiena ma, nell’originale, la minaccia era di spezzarlo così in fretta da non dargli nemmeno il tempo di cambiarsi i calzoni. Per quale motivo, Diamond dovrebbe cambiarseli? Forse in merito al fatto che se la farà addosso? 


Un riferimento piuttosto ardito, per i tempi. Le scene particolarmente forti non sono finite, a partire dalla tortura al poliziotto legato ma soprattutto perché per ora abbiamo tralasciato la componente femminile della storia. C’è una scena più simbolica che altro, in tal senso, che vede coinvolta Rita, la ragazza del night, che il poliziotto frequenta solo in modo opportunistico. La ballerina, forte, probabilmente, del senso di colpa nell’uomo derivante dal suo essere opportunista, si fa servire da questi umiliandolo palesemente: gli chiede di portarle le scarpe e poi, sostanzialmente, gli ordina di mettergliele ai piedi. 

Ma la scena più forte dell’intero film è quella in cui Brown incontra Susan che sembra avere rimorsi per   la scelta di vita fatta: per poter godere della vita agiata come compagna di un ricco uomo d’affari elegante ma di dubbia reputazione, ha infatti lasciato gli studi da musicista. Lei pare insofferente, ma Brown le arriva alle spalle e comincia a baciarla sempre più intensamente e la ragazza via via si scioglie; l’uomo sparisce dallo schermo abbassandosi e il volto della ragazza è inquadrato in primissimo piano mentre il suo trasporto diventa totale. Una scena per la quale Joseph H. Lewis pare abbia avuto problemi con la censura, alle cui domande il regista rispose che non sapeva dove fosse andato e cosa stesse facendo Brown a Susan mentre si trovava fuori dall’inquadratura dello schermo. 


Tra l’altro, sempre stando alle indiscrezioni riguardo a questa torbida scena, pare che per girarla Lewis attese che Cornel Wilde (che nel film interpretava Diamond, ma nella vita reale era il marito di Jean Wallace) fosse lontano dal set: quando l’uomo la vide, non la gradì affatto; Lewis però riuscì a mantenerla nell’opera. Era davvero un bel tipo, Joe la locomotiva: chissà che questi contrasti non fossero una versione aggiornata delle sue famose intuizioni con la macchina da presa, e che servissero a rendere, nel film, una tensione costantemente tesa tra i due rivali, tra cui, al di là del ruolo da interpretare, c’è meno differenza di quanto ci piacerebbe credere. In questo senso sono emblematiche le due sequenze, quasi speculari, degli interrogatori: prima è il poliziotto a sottoporre il gangster alla macchina della verità, e in seguito succede esattamente l’opposto con Brown che utilizza anch’egli strumenti tecnologi (una radio e l’amplificatore acustico di McClure) per far dire a Diamond quello che ha scoperto nella sua indagine. E chissà anche se siano proprio le figure di questi due personaggi, così in contrasto ma volendo anche così simili nella loro specularità, che possano essere intese come la grande abbinata, la grande combinazione, (The big combo) del titolo originale.






Jean Wallace




Hellen Stanton




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