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venerdì 18 ottobre 2019

E' ARRIVATO MIO FRATELLO

428_E' ARRIVATO MIO FRATELLO ; Italia, 1985Regia di Castellano e Pipolo.

Renato Pozzetto ritrova alla regia Castellano e Pipolo, solo l’anno successivo de Il ragazzo di campagna, ma nemmeno la fortunata alchimia sembra riuscire a rallentare la parabola discendente intrapresa dalla carriera del comico; men che meno quella della commedia italiana del periodo. E’ arrivato mio fratello è un film certamente meno valido del precedente citato, sebbene abbia ancora alcuni spunti interessanti, oltre a passaggi spassosi e, nel complesso, una certa attenzione in fase di scrittura, legata all’estrazione dei registi che arrivano dalla sceneggiatura. Uno dei problemi del nostro cinema leggero è la incapacità interpretativa degli attori: condizione, purtroppo, confermata in E’ arrivato mio fratello. Il protagonista del film è, ovviamente, Renato Pozzetto nei panni di Ovidio; ma il comico di Laveno interpreta anche il fratello gemello di Ovidio, ovvero Raffaele/Raf Benson. In genere, Pozzetto, che pure non è un mostro di recitazione, se la cava con una verve surreale che risulta assai funzionale ma, per differenziare i due personaggi, si produce in una prova davvero disastrosa nelle vesti di Raffaele, attingendo ad una comicità assai più pacchiana (addirittura insopportabile la sua risata). La storia è ovviamente un pretesto per vedere all’opera Pozzetto, anche se qualcosa di interessante, oltre alla soave e surreale comicità del buon Renato, c’è: ad esempio, nel film viene riproposta una tipica coppia di fratelli del nostro cinema, quello timido e remissivo che si contrappone allo sfacciato e spendaccione. I casi più clamorosi del nostro passato in pellicola sono stati, probabilmente, Totò e Peppino De Filippo, si vedano Totò, Peppino e la Malafemmina (Camillo Mastrocinque, 1956) e Signori si nasce (Mario Mattoli, 1960). 

Naturalmente, in quei film, il protagonista era sempre Totò, ovvero il fratello furbo, mentre in E’ arrivato mio fratello seguiamo maggiormente il punto di vista di Ovidio, tra i due quello più a modo. Se, al tempo, il nostro cinema leggero, da sempre più ruffiano che educativo nei confronti del pubblico, sembrava strizzare l’occhio alla furbizia degli italiani, qui si pensa che, al contrario, il cittadino medio sia talmente represso da avere bisogno di una scossa. E forse in quel senso va colto il finale con la fuga a Las Vegas. Ma questa fuga non sembra interpretabile in un modo negativo, anzi; il concetto è piuttosto che, nella società italiana, l’individuo corretto è totalmente vessato dalle prepotenze del sistema in tutte le sue sfaccettature: il preside sul lavoro, la diseducazione dei bambini nella classe, il poliziotto in questura, la fidanzata nelle relazioni personali, fino al vicino di casa con l’autolavaggio che arriva con la sua noncuranza ad invadere lo spazio vitale di Ovidio fin dentro la sua abitazione. Nemmeno la famiglia rappresenta un valore positivo, visto le discriminazioni interne fatte dai genitori verso i due figli (a danno, ovviamente, di Ovidio) che forse alludono all’indole italiana del tutto avulsa dal comune senso di giustizia. 

Per paradosso, essendo E’ arrivato mio fratello un film comico che quindi usa il paradossale come sorta di critica, l’unico ambiente sano è quello della prigione, con i carcerati interessati alla poesia. Oltre al prevedibile scambio di ruoli tra i fratelli, con effetti ovviamente comici, il film si basa sulle conseguenze dell’incursione di Raffaele nell’ordinaria vita di Ovidio. Purtroppo, questa nel complesso apprezzabile struttura portante del lungometraggio, non è poi sviluppata a dovere, complice anche un certo impoverimento del nostro cinema sempre più contagiato dalla sciattezza televisiva dell’epoca. 

Del film, rimangono però alcuni momenti assolutamente cult, come lo spumante che, romanticamente bevuto nelle scarpe di Esmeralda (Carin MacDonald) secondo Ovidio ‘sa un po’ di tacco’, oppure la doppia scena con la poesia La pioggia nel pineto di Gabriele D’annunzio. Durante la prima assorta lettura di Ovidio, gli alunni urinano sul pavimento della classe causando una reprimenda da parte del preside al povero docente. Memorabile la vendetta dell’insegnante che, disinibitosi in seguito ai suffumigi alla cocaina (per errore inalata al posto della polvere di eucalipto), innaffia gli alunni con la canna dell’idrante del sistema antincendio, recitando la poesia d’annunziana opportunamente modificata: ‘piove - sulle vostre facce da culo’
Imperdibile.


Corin McDonald


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