1715_L'ULTIMO DEI SEI (Le Dernier des Six), Francia 1941. Regia di Georges Lacombe
Tratto dal romanzo Le dernier des six di Stanislas-André Steeman e sceneggiato da Henri-Georges Clouzot, L’ultimo dei Sei è un intrigante noir con venature più leggere, diretto da George Lacombe. Il soggetto di Steeman si basa su uno spunto giallo astuto, del resto lo scrittore belga era un vero specialista, e Clouzot, nella sceneggiatura, ne valorizza ulteriormente il testo. Il tono del racconto non è del tutto omogeneo, nonostante l’argomento pesante sia ben rappresentato dal bianco e nero della pellicola, e ci sono delle incursioni di altro tenore che alleggeriscono l’atmosfera. Il protagonista, il commissario Wensceslas Voroboevitch detto Monsieur Wens (Pierre Fresnay), duetta con la compagna Mila Milou (Suzy Delair) portando saltuariamente il film nell’ambito della commedia brillante, per quanto nessuno dei due abbia il carisma necessario ad una simile operazione. Anche perché il corpo del racconto è piuttosto angosciante con il gruppo di amici, i «Sei» a cui si riferisce il titolo, che saranno presi di mira da un misterioso killer. L’incipit è sin da subito utile per capire la sottigliezza del racconto: vediamo questo gruppo di cinque amici in attesa del sesto, di ritorno evidentemente da un evento importante, importante per tutti loro. Dalla tensione emotiva diffusa, dal taglio del narrato, dal contesto ambientale, sembra di essere al cospetto di una gang malavitosa: in realtà sono tutti in attesa di quella che si rivelerà essere una cospicua vincita al gioco che li rende immediatamente ricchi. Forse per una solidarietà che nasce nella fortuna comune, una curiosa forma di assicurazione reciproca, gli amici scelgono di vincolare le loro sorti economiche a vicenda. Decidono quindi di separarsi dandosi appuntamento di lì a cinque anni, per fare il punto della situazione dei rispettivi investimenti. Si tratta, per la verità, di un passaggio narrativo un po’ contorto, ma nel complesso l’attenzione dello spettatore è ben distratta dalla tensione della scena, dai rimandi alle atmosfere noir e dalla sorpresa per la natura dell’attesa, una banale vincita e non qualcosa di illecito.
Ma, come detto, questa è solo l’introduzione: il corpo del racconto verte sulla progressiva eliminazione dei vari componenti del gruppo che, passati i fatidici cinque anni, stanno ricongiungendosi come si erano accordati di fare. Il primo omicidio sembra una mezza fatalità, con la notizia che Namotte (Raymond Segard) sia stato gettato in fondo al mare durante il viaggio in nave verso il fatidico appuntamento che certo è angosciante, ma non dà più di tanto adito ad ulteriori preoccupazioni. Ma le cose cambiano quando la morte colpisce inesorabilmente Gernicot (Lucien Nat) quindi Tignol (Jean Tissier) e in seguito Gribbe (Georges Rollins) lasciando in vita per il finale i soli Senterre (André Luguet) e Perlonjour (Jean Chevrier). Ormai è chiaro: l’assassino è uno dei Sei che vuole eliminare gli altri cinque per tenere per sé tutto il bottino. Da un punto di vista logico narrativo, i due superstiti devono quindi spartirsi i ruoli di ultima vittima e omicida e oltretutto la loro contrapposizione è enfatizzata dalla rivalità amorosa per la bella Lolita (Michèle Alfa) e dalla differente condizione economica. A questo punto subentra un colpo di scena tutto sommato difficilmente prevedibile, che scombina le carte in tavola sorprendendo lo spettatore tenuto col fiato sospeso fino ad allora. L’ultimo dei Sei è, infatti, un film con una buona tensione, numeri di varietà che interrompono la trama misteriosa a parte: pare, tra l’altro, che il regista Georges Lacombe, si rifiutò di girare un’ulteriore scena in un musical-hall, finendo in disaccordo con lo studio di produzione, la Film Continental. Chissà, forse fu a causa di questa rottura contrattuale che il successivo «noir con venature leggere» tratto da Stanislas-André Steeman verrà affidato alla regia di Henri-Georges Clouzot.
Michèle Alfa
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