1719_TOTO' CONTRO I QUATTRO , Italia 1963. Regia di Steno
Classico esempio in cui i troppi ingredienti finiscono per creare un piatto se non insipido, quantomeno non armonico, Totò contro i quattro è un film in cui si fatica a salvare qualcosa. E dire che, come accennato, di elementi degni di attenzione ce ne sono a iosa, a cominciare dal Principe della risata, qua all’apice della carriera. Eppure la sua prestazione è relativamente convincente, al punto che, persino «en travesti», un espediente da cui spesso ha ottenuto passaggi spassosi, non è particolarmente memorabile. Totò, nel film, è il commissario Saracino che comincia la sua giornata vedendosi rubata la sua nuova fiammante Fiat 1100, passaggio che evoca, in qualche modo Accadde al commissariato [Giorgio Simonelli, 1954]. I «Quattro» del titolo, non costituiscono una banda o qualcosa di connesso, ma sono le spalle di singoli episodi che vengono tuttavia presentati in un corpo narrativo unico. Nel dettaglio questi personaggi sono: Peppino De Filippo (è il cavalier Alfredo Fiore), Aldo Fabrizi (è don Amilcare), Erminio Macario (è il colonnello La Matta) e Nino Taranto (è l’ispettore Mastrillo), già protagonista del citato film di Simonelli. A questi si può aggiungere Mario Castellani (è il commendatore Lancelli) sebbene le gag più riuscite siano forse quelle con Ugo D’Alessio (è il brigadiere Di Sabato); un po’ prevedibili ma comunque divertenti quelle con Nino Terzo (è l’agente Pappalardo) e Carlo Delle Piane (è Pecorino, il delinquente). Un cast ricco ma da cui si ricava poco, se non qualche gag tra il piccante e il volgare nel senso che l’umorismo è da caserma. In questo senso, tra l’altro, nel film, curiosamente, latitano le presenze femminili, a meno di non considerare Totò travestito una rappresentante del gentil sesso. A questo proposito, divertente la scenetta nel negozio di biancheria intima femminile mentre sconsolante la conclusione a cui giungono Steno, il regista, e i suoi sceneggiatori Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi per chiudere il film. L’automobile rubata al commissario Saracino è alfine trovata da don Amilcare che convince Pecorino a restituirla e a mettersi sulla retta via. Se non che il mariuolo, incappa nel prete appartato in auto col commissario vestito da donna e equivoca la scena: il prete, che gli ha appena fatto la morale, va coi travestiti. Ce n’è per continuare a fare il ladro. Sic.
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