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martedì 19 agosto 2025

L'ASSASSINO ABITA AL 21

1716_L'ASSASSINO ABITA AL 21 (L'assassin habite... au 21), Francia 1942. Regia di Henri-Georges Clouzot

Dopo le prime sceneggiature, Henri-Georges Clouzot aveva assaporato molto precocemente il gusto della direzione cinematografica, seppure unicamente per tre rifacimenti di film tedeschi destinati al mercato francese. In effetti Clouzot aveva affinato l’arte registica presso lo Studio Babelsberg di Potsdam e nella Germania del tempo aveva avuto modo di apprezzare il cinema di F. W. Murnau e Fritz Lang. I tre filmetti che risalgono ai primi degli anni 30 sono commediole che poco sembrano avere a che fare con la poetica che il regista francese manifesterà nel corso della carriera. Tuttavia, quando Clouzot comincerà a lavorare seriamente nell’ambito cinematografico, ai tempi dell’occupazione nazista di Parigi, per i romanzi da adattare per la Continental Films troviamo quelli di Stanislav-André Steeman, che possono fungere da sorta di ponte tra le prime esperienze «leggere» del regista e i temi che davvero gli staranno a cuore. Inizialmente Clouzot firmò solo la sceneggiatura, adattando il racconto I sei morti dello scrittore belga, per il film L’ultimo dei Sei [Le dernier des six, Georges Lacombe, 1941] ma per il successivo romanzo di Steeman, oltre alla scrittura, ottenne anche la prima vera regia: L’assassino abita al 21 [L’assassin habite… au 21, Henri-Georges Clouzot, 1942]. Se il primo è un interessante giallo reso piccante dai numeri di varietà, L’assassino abita al 21 prova un connubio più impegnativo con la stessa coppia di protagonisti che si muove in bilico tra commedia brillante e thriller. Al centro del racconto ci sono, infatti, l’ispettore Wenceslas Wens (Pierre Fresnay) e la sua compagna, la cantante e soubrette Mila Malou (Suzy Delair), personaggi già visti nel citato L’ultimo dei Sei. Purtroppo, nessuno dei due ha le caratteristiche per reggere la scena per un ruolo tanto delicato: si tratterebbe di essere credibili in un contesto serio, l’indagine poliziesca, tenendo sempre un occhio al piano leggero, sul modello del film L’Uomo ombra [The Thin Man, W. S. Van Dyke 1934]. 

Purtroppo, se Fresnay perde in modo netto il confronto con William Powell, molto peggio fa la Delair paragonata ad una diva come Myrna Loy. La Loy era, anche solo con la sua magnetica presenza, un valore aggiunto alla pellicola, l’attrice francese, al contrario, è una fonte continua di disturbo tanto per le indagini del personaggio del compagno, quanto per lo spettatore. Suzy Delair, probabilmente, neanche aveva la presenza scenica per reggere il ruolo di protagonista e in una situazione delicata come quella di una commedia sofisticata intinta nel giallo, naufraga completamente e mette a rischio l’intera operazione. Per fortuna, nonostante sia alla prima vera e propria regia in autonomia, Clouzot ha già la mano caldissima, su entrambi i versanti, e L’assassino abita al 21 è, in definitiva, più che piacevole. Nell’ambito dell’indagine sulle gesta del terribile monsieur Durand, si intravvede subito la capacità del regista francese di gestire la suspense e gli intrighi gialli, con un colpo di scena finale che risulta inaspettato, ben congeniato e abilmente messo in scena, al punto da sorprendere ancora oggi. Ma il film risulta totalmente spiazzante sul piano dei brillanti dialoghi, a tratti davvero audaci e piccanti, oltre che divertenti al limite dello spassoso. L’unico problema del film, come detto, è rappresentato dall’invadente presenza della Delair, tanto petulante quanto sostanzialmente priva di talento, che si fa ricordare per essere probabilmente la prima donna immortalata dal cinema a schiacciare i punti neri al compagno. A ciascuno i propri meriti.






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