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mercoledì 15 maggio 2024

LA MASSERIA DELLE ALLODOLE

1482_LA MASSERIA DELLE ALLODOLE . Italia, Bulgaria, Regno Unito, Francia, Spagna 2007; Regia di Paolo e Vittorio Taviani.

Ai tempi dell’uscita nelle sale italiane di Ararat – Il monte dell’Arca, film del 2002 di Atom Egoyan, c’era stato qualche contrattempo che aveva suscitato più d’una perplessità. Cose magari secondarie, quelle piccolezze con cui i burocrati di turno che si infiltrano in ogni dove nel tessuto sociale italiano si possano poi vantare con gli amici degli amici influenti. Poco male, il film infine si era visto e il messaggio era arrivato: tuttavia rimaneva un po’ di disappunto. Ma che era niente in confronto allo scorno nel leggere le parole di Antonia Arslan nell’intervista alla presentazione del suo libro La masseria delle allodole, nel passaggio in cui si sofferma sull’atteggiamento italiano a fronte del negazionismo turco del genocidio armeno. Queste le esatte parole della scrittrice: «Ricordo anche il film di Henry Verneuil "Quella strada chiamata Paradiso" (588 Rue Paradis) con Omar Sharif e Claudia Cardinale. Il film non è mai stato proiettato nelle sale italiane e non è mai circolato in televisione in prima serata. L'ultima volta che l'ho visto era in programmazione alle nove di mattina del 15 di agosto.» [Biblioteca Brentella, PD, 27 ottobre 2005]
Curiosa, l’idea di trasmettere un film del genere alla mattina del giorno dell’anno meno adatto per guardare la televisione. Un acume che solo il burocrate italiano può avere: nascondere la censura dietro una raffinata e adeguata programmazione del palinsesto. Per fortuna l’Italia non è solo la moderna patria della mala burocrazia ma ogni tanto qualcuno si ricorda che questa, un tempo, era la terra dell’arte per antonomasia. Anche nel cinema, senza scomodare quindi il Rinascimento, e tra questi, certamente, vanno ascritti i fratelli Taviani. Paolo e Vittorio, infatti, prendono il libro della Arslan e ne ricavano l’omonimo film che può essere considerato il primo prodotto cinematografico mainstream sul tema del genocidio armeno. In un certo senso, il nostro paese riesce così a riscattare la magra figura fatta ai giorni dell’uscita di Ararat – Il monte dell’Arca, un film che affrontava l’argomento in modo più defilato, e la presenza nel cast dell’opera dei Taviani di Arsinée Khanjian (qui nei tragici panni di Armineh), sembra proprio una sorta di ponte con il lungometraggio di Egoyan in questione. 

La masseria delle allodole, il film, è una coproduzione che vede la partecipazione di molte società con estrazione televisiva, tra cui Rai Cinema e France 2, e, in effetti, la cosa si riversa poi sulla resa scenica del lungometraggio. Ma l’obiettivo dei fratelli Taviani in questo caso sembra essere maggiormente concentrato sulla vicenda storica rispetto ad una scrupolosa osservanza del linguaggio cinematografico. Certo, c’è sempre una storia privata, in primo piano, anzi più storie e quello della frammentazione è un tema che percorre tutta quanta la vicenda raccontata. Al centro della scena, per importanza, carisma e bellezza, c’è Paz Vega nel ruolo di Nunik, una giovane donna armena. Nel racconto la giovane ha due storie d’amore con due militari turchi: l’ufficiale Egon (Alessandro Preziosi) con cui ha un flirt prima della deportazione, e Yasuf (Moritz Bleibtreu), un soldato a cui Nanuk si offre in una notte fuori dalle mura di Aleppo. La marcia forzata a cui sono state sottoposte le donne e le bambine armene è stata stremante e le serve disperatamente del cibo per sfamare le piccole. 

Peggio comunque è andata ai maschi di qualunque età della comunità che sono stati massacrati senza pietà dai soldati turchi. Al netto dell’inequivocabile condanna, il racconto presenta tra i turchi posizioni diverse riguardo alla faccenda: Yasuf si dimostra umano e comprensivo con Nanuk e anche il colonnello Arkan (André Dussollier), e ancor più sua moglie (Enrica Maria Modugno), sono inorriditi dalle idee di sterminio propugnate dal movimento dei Giovani Turchi. Come detto, il tema della frammentazione, che ben incarna la storia di un popolo strappato, sradicato dalla sua terra prima di essere sterminato, è centrale: oltre alle due storie d’amore (troncate) di Nanuk, al centro della vicenda ci sono anche due grandi famiglie armene che non riusciranno a congiungersi. Perfino il tradimento di Nazim (Mohammad Bakri) è spezzato in due, ripetuto due volte prima del suo tardivo ravvedersi e il suo prodigarsi per rimediare al danno ormai fatto. Ma la sua, per quanto infida, è, insieme a quella di Ismene (Angela Molina), una figura che permette al racconto di non degenerare nella partigianeria: se perfino un opportunista incallito come Nazim si rende conto dei propri errori e si adopera per rimediare, allora chiunque è in tempo per fare mea colpa e ottenere il perdono. Antonia Arslan, a cui i Taviani hanno dato voce cinematografica, sembra giustamente già pronta per un’eventuale riconciliazione.
Sta bene. Ma la Storia è però impietosa quanto uno dei tanti colpi di scimitarra visti ne La masseria delle allodole e il film dei Taviani, con le sue terrificanti scene degne di un horror splatter, sarà sempre lì a ricordarcelo. 




Paz Vega 



Arsinée Khanjian 


Angela Molina 


Yvonne Brulatour Sciò 



 Galleria 


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