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giovedì 7 marzo 2024

LA DEA CANNIBALE

1449_LA DEA CANNIBALE (Mondo Cannibale). Francia, 1980; Regia di Jess Franco e Francesco Prosperi.

Il 1980 è l’anno del boom dei film sui cannibali: in Italia si succedono le opere di Ruggero Deodato, Umberto Lenzi, Marino Girolami, Joe D’Amato, Antonio Margheriti. Anche all’estero decidono quindi di sfruttare il momento propizio: a Madrid, la Magna Film si organizza per produrre Rio Salvaje, in seguito, nel progetto entra anche la Eurociné di Parigi. La produzione si divide quindi tra Spagna e Francia, tuttavia viene tenuto bene in considerazione che l’Italia è il paese per eccellenza dei cannibal movie, anche per via di alcuni finanziamenti che pare siano giunti dal Belpaese. Se principalmente la regia è affidata all’esperto in operazioni cinematografiche di bassa lega Jesús Jess Franco, gli viene affiancato l’italiano Francesco Prosperi: qui si può intuire uno degli artifici della produzione mirati a creare interesse intorno alla pellicola, per la verità, in modo non del tutto limpido. Francesco Prosperi era un regista relativamente noto, ma, firmandosi Franco, riecheggiava il Franco Prosperi coautore di Mondo Cane. Dopo qualche iniziale regia, nel 1962 quest’ultimo Prosperi era balzato agli onori della cronaca creando, insieme a Gualtiero Jacopetti e Paolo Cavara i famigerati mondo-movies, di cui il citato Mondo Cane era il capostipite. I mondo erano una sorta di pseudo-documentari che, approfittando della licenza di raccontare le cruda realtà, si prendevano ogni libertà in tema di violenza ed efferatezza da mostrare sullo schermo. In effetti il genere cannibal ha più di un debito nei confronti dei mondo-movies, e le deprecabili scene reali con gli animali uccisi durante la realizzazione dei film, sono una sorta di eredità, più che omaggi, alle pellicole di Prosperi, Jacopetti & Cavara. 

C’è da tenere in considerazione che il titolo originale del film di Jesús Franco e Francesco Prosperi era Mondo Cannibale, in italiano, e, a quel punto, la co-regia attribuita a Franco Prosperi diveniva un evidente riferimento ai mondo-movie. Curiosamente, il film, in Italia, verrà distribuito col titolo La Dea Cannibale, vanificando parte di questo artifizio ingannevole. Il contributo italiano al film si evidenzia anche nel cast: la dea cannibale del titolo italiano è interpretata da Sabrina Siani, e il protagonista maschile, nel racconto il padre della ragazza adottata dagli indios, è Al Cliver, al secolo Pierluigi Conti. La trama è un classico delle storie d’avventura, derive cannibaliche a parte: un gruppo di bianchi, in esplorazione nella giungla amazzonica, è attaccato dagli indigeni. I nativi sono feroci e risparmiano solo Lena, una piccola bambina; il padre, Jeremy Taylor, sopravvive e tornerà in seguito a cercarla. 

Se chiedersi il perché uno studioso, quale è Taylor, porti moglie e figlia in mezzo ai pericoli della giungla, è una domanda, al cinema, stucchevole, in un cannibal movie è del tutto fuori luogo e in La Dea Cannibale il meno dei problemi. Franco ebbe parole poco lusinghiere nei confronti della Siani [Intervista sul DVD Cannibals, Blue Underground, 2007, dal sito web IMDb] ma, tutto sommato, l’attrice italiana ha poco da rimproverarsi. Quello che le è richiesto è di scorrazzare nuda o seminuda sullo schermo e la bella Sabrina tiene adeguatamente la scena, almeno per il livello richiesto dalla trama. Piuttosto sono Franco e Prosperi a dover fare mea culpa, per il disastroso risultato che è, nel complesso, La Dea cannibale: nel film non funziona praticamente niente ma ci sono degli aspetti a dir poco imbarazzanti. A distinguersi negativamente nella sciatteria generale, sono le ambientazioni: un elegante bosco di palme prima, e di cactus poi, sono spacciati per giungla amazzonica, mancando completamente di trasmettere la minima sensazione di inquietudine che sarebbe stata prevista dal copione. Ma è nella rappresentazione degli indios Jeouis che si tocca davvero il fondo: pare che vennero ingaggiati alcuni zingari spagnoli ma, quello che è certo, è che questi figuranti con il volto bizzarramente dipinto, non sono nemmeno all’altezza di una recita parrocchiale. Oltretutto, nel film, si esprimono o in un linguaggio platealmente fittizio, oppure in un idioma perfettamente comprensibile anche dai bianchi della spedizione. Franco ha in seguito apertamente denigrato i cannibal movie, il che potrebbe anche essere condivisibile, ma è curioso che si sia reso autore, o co-autore, di uno degli esempi peggiori del genere. E, a rincarare l’ipocrisia della posizione del regista spagnolo, va messo a referto che l’unica cosa che si può salvare de La Dea cannibale sono le sequenze delle aggressioni cannibaliche, con un uso del rallenty e dei primissimi piani sui dettagli che, perlomeno, denotano un minimo di professionalità. Ma è davvero troppo poco: se il cannibal è un genere da denigrare, come sostiene Franco, la sua regia è, almeno in questa occasione, ad un livello clamorosamente più infimo.   



Sabrina Siani 



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