Translate

domenica 31 marzo 2024

GUERRA SPORCA

1460_GUERRA SPORCA (Passchendaele). Canada 2008; Regia di Paul Gross.

Intitolato nella versione italiana Guerra Sporca, il secondo lungometraggio di Paul Gross aveva nell’uscita originale un nome più complicato da pronunciare o ricordare, almeno per noi italiani, ma perlomeno più significativo. Passchendaele fa infatti riferimento alla località belga teatro di una delle più sanguinose battaglie della Prima Guerra Mondiale e che vide coinvolte le truppe canadesi. Gross è infatti un artista proveniente dallo sterminato paese norda mericano e, con il suo Passchendaele, cerca di rimediare ad una sostanziale mancanza nel panorama cinematografico: non c’era, in effetti, un testo filmico di rilievo internazionale che certificasse, anche in questo ambito, il contributo canadese alla Grande Guerra. Non è quindi un compito secondario quello che si accolla Gross: e, da un punto di vista delle pretese artistiche, questo gli va riconosciuto. La storia sembra buona, la regia rispetta i canoni convenzionali del cinema mainstream (anche se forse c’è qualche volo troppo esagerato tra i soldati colpiti dalle esplosioni); insomma, da per quel che concerne la confezione comunque ci siamo. Si diceva della bontà della storia: l’intreccio è elaborato, c’è una traccia sentimentale che si intreccia bene con le dinamiche belliche ma, ad un certo punto, sembra quasi che si esageri. E li il terreno comincia a diventare pericoloso, anche perché Gross non ha la mano registica di un grande autore, mentre la storia che ha imbastito, a quel punto, la richiederebbe. Il protagonista, Michael Dunne (interpretato dallo stesso Gross) è un veterano canadese ferito e decorato a cui viene risparmiato il ritorno al fronte, per sfruttarne l’ascendente in fase di reclutamento tra i giovani abitanti dell’Alberta. In realtà l’uomo, una volta guarito fisicamente, è rimasto comunque tormentato dal rimorso: in una delle sequenze più riuscite dell’intero film, Dunne ha infatti ucciso deliberatamente, ficcandogli la baionetta in piena fronte, un nemico inerme, un giovanissimo tedesco. Mentre è in convalescenza all’ospedale militare in Canada si innamora della sua infermiera, Sarah (Caroline Dhavernas), che è di origine tedesca. 

Questo dettaglio non è secondario: pare infatti che il padre della giovane abbia scelto di combattere per la patria natia e questo crea problemi anche al fratello minore David (Joe Dinicol). David, per poter continuare ad essere accettato dalla comunità, ed ambire a frequentare la sua ragazza, decide così di arruolarsi; sua sorella Sarah accusa di ciò l’incolpevole Dunne che, per amore, si farà assegnare allo stesso reparto di David per proteggerlo. In tutto questo garbuglio di storie sentimentali Dunne ha il tempo di inimicarsi con l’ufficiale del campo di arruolamento che l’accusava di non voler tornare al fronte per codardia. La storia ha già quindi un forte tenore emotivo e, quando ci si ritrova al fronte, subisce una decisa impennata. Con un passaggio decisamente eccessivo quando i tedeschi crocefiggono il povero David col filo spinato fuori dalla loro trincea. L’intreccio di trame è notevole, anche per via dell’evidente simbolismo delle situazioni; Gross è bravo a dipanarle tutte quante, in modo anche convincente. Ad esempio c’è un risvolto che riguarda la fama dei soldati tedeschi che si diceva avessero già messo in croce altri prigionieri; nel corso del film Dunne insiste più volte nello smentire questa diceria ma poi ne trova la più tragica conferma. Vero è che il comandante tedesco, quando capisce che Dunne si lancia in una missione suicida per recuperare il povero David, lo lascia fare e anzi lo aiuta a togliere il soldato dall’improvvisata croce. All’interno di un passaggio prettamente narrativo è reso con una certa efficacia il proverbiale spirito guerriero alemanno, terribile coi nemici ma anche rispettoso dell’onore dell’avversario. Il tema portante della scena è, comunque, la croce, evidente simbolo di sacrificio e, ben presto, si capirà che se anche Dunne potrà sopravvivere al Calvario della terra di nessuno nella missione per salvare David, il suo destino è ormai segnato. 

Pur se non ci sono errori, questa svolta narrativa è molto ingombrante; e non aiutano le coincidenze che, in questa fase, alimentano la sensazione di trovarci di fronte ad una enfatizzazione della realtà. (Volendo ben vedere la stessa già citata che si avverte quando i soldati vengono proiettati lontano da uno scoppio d’artiglieria). Prima Dunne rincontra Sarah nell’ospedale da campo in Belgio e poi ritrova anche l’ufficiale del centro di reclutamento che gliela aveva giurata: sono forzature anche plausibili, da un punto di vista realistico, ma che appesantiscono il fardello emotivo del racconto. Come detto, a questo punto sarebbe forse occorsa una regia più abile nel gestire questi flussi sentimentali e altri interpreti, capaci di catalizzare meglio la tensione sulle loro spalle sgravandola dal testo. Invece Dunne e il suo cast sono bravi attori, ma si trovano di fronte ad un finale strappalacrime che, nel caso non dovesse riuscire nell’impresa di commuovere lo spettatore, finirà inevitabilmente per fargli storcere il naso. Ed è un rischio notevole, essendo Guerra Sporca un film bellico, evidentemente. In ogni caso, nel complesso l’operazione è positiva e se ci sono questi limiti è solo perché Gross ha rischiato il tutto per tutto e non era certo semplice portare a casa l’intera posta. Ma coraggioso il tentativo e nemmeno male, in definitiva, il risultato.   




Caroline Dhavernas 

Meredith Bailey


Galleria 



Nessun commento:

Posta un commento