962_I COWBOYS (The Cowboys); Stati Uniti, 1972; regia di Mark Rydell.
Un western davvero atipico, questo I Cowboys, che
vede protagonista principale un John Wayne già ultra sessantenne, sia nella
vita che nella finzione cinematografica. Atipico perché, tutto sommato,
mantiene ben evidenti alcuni stilemi del western classico, ad esempio la
colonna sonora di John Williams, per buona parte del film ma, nel finale, dà un
paio di scossoni tipici del genere nella sua forma crepuscolare (le zoomate
veloci sui volti dei giovanissimi coprotagonisti, giusto per citare l'episodio
più lampante). Il Duca è ancora in forma, seppur appesantito, e sorregge
da par suo l'intera pellicola che, per quanto ai limiti dell'assurdo (una banda
di ragazzini viene assoldata per scortare una mandria) risulta godibile. In
effetti l'operazione alla base di questo film sembra essere un tantino troppo
complicata, visto il genere di racconto; un po' come le ricette che prepara il
cuoco della carovana. In sostanza l'opera del regista Mark Rydell può appunto ascriversi
al genere western crepuscolare, almeno dal punto di vista cronologico, (visto
che, nel 1972, gli anni Sessanta sono passati da un bel pezzo); eppure la
sensazione è che qui si voglia contestare proprio le idee rivoluzionarie veicolate
abitualmente dal western crepuscolare o dal contro-western. Nel
film viene mostrato il conflitto generazionale in atto, proprio com’è tipico nelle
correnti tardo western, con la decisa contestazione da parte dei giovani dei
valori tradizionali incarnati dall'eroe americano per eccellenza, ovvero John
Wayne. Ma, mentre quest'ultimo viene mostrato come onesto e corretto, seppur
duro e scontroso, la generazione successiva è impietosamente descritta come
inaffidabile quando non criminale e sanguinaria. Il problema, per il regista,
pare non siano le minoranze etniche (il cuoco è di colore e il ragazzo più
svezzato è un mezzosangue, e tutte due si riveleranno personaggi positivi) e
nemmeno le donne, liquidate in almeno due passaggi (a scuola e nel bordello
ambulante) con l’idea che non siano ancora coinvolgibili nella disputa. No, il
problema è che la generazione della contestazione di fine anni Sessanta/Settanta
(Long Hair /Bruce dern, il capellone violento, ne è un esempio anche riuscito)
è nel complesso fallimentare ed è meglio rivolgersi direttamente a quella dopo
(i piccoli cowboys a cui è titolato il film) saltandola a pie pari.
Da questo punto di vista il film sembra un tantino
tranciante e lascia abbastanza sconcertati ma certo non manca di originalità.
Qualcuno ha detto western "atipico"? 😜
RispondiEliminai conflitti generazionali mi hanno sempre, in qualche modo, affascinato... Spero di trovarlo su rai play 👍
Me lo sono visto (anche se non su ray play)
RispondiEliminaÈ vero, l'idea di assoldare questi ragazzini è piuttosto al limite, "boselliana" direi, anche considerando ciò che fanno nel finale...
Divertenti alcuni dialoghi, "io avrei la tendenza, la personalità e gli attributi, sfortunatamente mi manca il tempo" 😄
Resta un po' di amarezza per la morte di John Wayne, ma anche di uno dei ragazzi... 😔😔
Beh, un po' di amarezza per il duca era prevedibile sin da subito, visto che si capisce ha ormai visto i suoi giorni migliori. Wayne è stato l'Eroe per antonomasia. Difficile per Hollywood trovagli il modo di interpetarne la vecchiaia. Era un mito e i miti invecchiano in modo diverso: invecchiando si poteva capire che non era un mito, ma un uomo (un attore) e questo credo ispiri un po' di tristezza nello spettatore, perchè cristallizza l'idea che non fosse più il tempo, neanche al cinema, per i nostri sogni da bambino. In fondo il sogno americano quello è. Il sogno di una nazione bambina.
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