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venerdì 26 luglio 2019

LA VENDETTA DEL GANGSTER

385_LA VENDETTA DEL GANGSTER (U.S.A.Underworld). Stati Uniti 1961Regia di Samuel Fuller.

L’ufficio della censura commentò così La vendetta del gangster di Samuel Fuller: “La sua storia dà l’impressione che il crimine paghi.” Al che la risposta del regista fu: “Infatti paga”. Naturalmente Fuller, riportando questo dialogo, giocava un po’ con la sua figura notoriamente cinica, perché poi in realtà, almeno stando alla versione accettata dalla censura e mandata nelle sale, ne La vendetta del gangster non è che ai criminali la sorte arrida questo granché. Il personaggio principale, Tolly Devlin (Cliff Robertson), comincia giovanissimo la sua carriera di borseggiatore in un vicolo, di notte, durante il carnevale: ad essere rapinato è un uomo che vende palloncini, in uno squarcio desolante della città dove gli adulti giocano per la ricorrenza festosa e i ragazzini sono al lavoro nelle strade, a derubare e borseggiare. Perché, oltre a Tolly, di ragazzino ne salta fuori subito un altro, che prima vuole metà del bottino e poi, visto il rifiuto dell’amico, se lo prende con la forza. A Tolly resterà una cicatrice sul volto, a segnarlo definitivamente, anche a livello visivo; e volendo tornare al discorso di Fuller, il furto del portafogli appena rubato è la prima pratica e concreta smentita alle sue parole, il crimine non paga. Poi, d’accordo, nel film viene mostrata un’organizzazione criminale, un sindacato, perfettamente strutturata, efficiente, spietata, apparentemente inattaccabile. Non sono più gli anni venti, gli anni del proibizionismo: nei primissimi anni sessanta si vende cocaina in innocenti caffetterie e gelaterie e le riunioni dei boss si tengono in una piscina, un ambiente sano, pulito.
Ma i caporioni faranno tutti una brutta fine, compreso il corrotto capo della polizia che li proteggeva; in verità, non è su questo aspetto che è focalizzato il film di Fuller, la questione della lotta al sindacato criminale è una sorta di effetto collaterale, perché come giustamente indica il titolo italiano, il film è incentrato su una vendetta. Anche se, per la precisione, non è la vendetta di un gangster, perché Tolly è uno scassinatore e diverrà aspirante gangster unicamente per compiere la sua azione vendicativa; in effetti il titolo originale è Underworld U.S.A., ponendo l’accento proprio sul sottobosco criminale diffuso, secondo Fuller, negli Stati Uniti.

Però il filo conduttore della storia è la vendetta di Tolly, che assiste, ancora ragazzo, all’uccisione del padre, in un vicolo, ammazzato di botte da quattro gangster di cui, nelle immagini dell’efficace scena, si vedono le ombre stagliarsi contro il muro durante il pestaggio. Tolly ne riconoscerà uno, rifiutando in seguito di collaborare con la Polizia; ritroverà quell’uomo in carcere, in fin di vita, e da lui si farà dire i nomi dei complici, in cambio del proprio perdono. Che poi non concederà, dimostrando una volta di più la sua assenza di sentimenti.
Questa apatia sentimentale del protagonista è anche alla base della storia con la bella del film, Claudia (Dolores Dorn) a cui salva la vita unicamente nella logica del suo disegno vendicativo, ma di cui non riuscirà mai a ricambiare l’amore. Quando la ragazza gli propone il matrimonio, scoppia addirittura a ridere; sposare una prostituta? è il suo divertito pensiero. In seguito, se accetta, è solo perché ha valutato i benefici dell’offerta, e non certo per amore. Gli unici sentimenti di Tolly sono quello verso il padre: un’ammirazione irrazionale che si trasforma alla morte del genitore e si condensa, come un pugno chiuso (immagine che torna più volte nel corso del film) in una feroce rabbia.

La rabbia e i propositi di vendetta sono gli unici moti che sembrano animare Tolly: egli non sembra avere morale o etica, nemmeno quella criminale che aveva un tempo. Da ragazzo, subito dopo la morte del padre, rifiuta di rivelare l’identità di uno dei quattro uomini che hanno appena ucciso il genitore: non è una spia. E il considerare il tradimento un’infamia ha forse per Tolly ancora un valore quando la rinfaccia al primo degli assassini del padre, quello che ha trovato sul letto di morte, in carcere. Non gli concede infatti il perdono promesso in cambio dei nomi dei complici, ma lo insulta con disprezzo: spia!  Ma in seguito, quando deve architettare il suo diabolico piano per vendicarsi, non esita a collaborare con la Polizia, pur di raggiungere il suo scopo. Successivamente tradirà, almeno in parte, anche i poliziotti e, in definitiva, riuscirà a far eliminare tutti e tre i restanti assassini del padre, ora divenuti potenti boss del crimine organizzato, e ci riuscirà senza intervenire di persona. Questo aspetto può sembrare di secondaria importanza, invece probabilmente vuol evidenziare la freddezza, l’assenza di sentimenti e quindi di etica, di morale, di Tolly, che non si lascia coinvolgere dagli avvenimenti. Il che nasconde una contraddizione, perché è proprio la rabbia che ha segnato la vita dell’uomo: ma quel sentimento negativo tanto forte è come se avesse disumanizzato l’individuo, facendolo ora divenire uno spietato calcolatore senza sentimenti.


E fin qui, saremmo in linea con quanto diceva Fuller, sul fatto che il crimine paga: in effetti Tolly ha raggiunto il suo scopo e, a questo punto, è anche in una posizione favorevole. In realtà, le strade che gli si presentano sono almeno tre: la polizia vuole che continui a collaborare come informatore, Claudia vuole sposarlo e avere una famiglia, e il boss supremo della malavita vuole arruolarlo a titolo definitivo, ma gli chiede di eliminare una famigliola di testimoni e poi addirittura la stessa Claudia.
E allora ecco che con Fuller i conti alla fine tornano sempre, e Tolly deve ammettere a se stesso che egli non è un assassino e che, meno che mai, ucciderebbe Claudia.

Per cavarsi d’impaccio è costretto ad agire per la prima volta in modo disinteressato, insomma non per uno scopo egoistico, ma in nome di una sorta di senso di giustizia, magari un surrogato, ma comunque qualcosa che ha il sapore di onestà. Nel confronto finale, riesce a uccidere il boss, ma viene colpito da uno dei suoi sgherri all’addome, un colpo mortale. La sua corsa, ferito a morte, barcollante, sulla strada bagnata, lo porterà in un vicolo, proprio come quello dove era iniziata la storia, per morire vicino ad un bidone dell’immondizia.
Ma sotto una scritta Give blood now di un manifesto che invita a donare il proprio sangue per la collettività.
Proprio come ha appena fatto Tolly.



Dolores Dorn








2 commenti:

  1. capolavoro di un regista incredibilmente sconosciuto a tanti che andrebbe studiato e riscoperto, tanti sono le gemme che ha regalato, Mano pericolosa, quaranta pistole, la tortura della freccia e tanti altri

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