1582_QUI SQUADRA MOBILE - RAGAZZI TROPPO FORTUNATI . Italia, 1976; Regia di Anton Giulio Majano
Da
sempre gli sceneggiati dell’epoca d’oro della televisione italiana non hanno
mai brillato particolarmente per le scene d’azione. C’erano motivazioni
tecniche –non sia avevano a disposizione budget degni del cinema per le scene
in esterni convincenti– e artistiche –gli interpreti di scuola teatrale non
erano particolarmente avvezzi all’azione. D’altro canto, questo tipo di attori
erano indispensabili proprio per colmare le citate carenze produttive, perché
riuscivano con la mimica o l’espressività, a trasportare il racconto e lo
spettatore oltre alle scenografie, spesso piuttosto povere. Va precisato che tra
gli esempi migliori dello sceneggiato italiano si annoverano moltissime
produzioni di questo tipo, perché l’equilibrio di alcuni «originali televisivi»
d’epoca rasenta il sublime. Tuttavia la seconda stagione di Qui Squadra
Mobile è del 1976, quando, cioè, la golden age della Rai stava
avvicinandosi al capolinea, e i costi produttivi erano cominciati a lievitare.
Si già detto come i tempi di realizzazione furono piuttosto lunghi e anche le
ambientazioni prevedono numerose scene in «esterni», ovviamente più impegnative
anche sotto il profilo economico. Naturalmente un maggior budget non può essere
un limite, questo è evidente, ma in questo caso, forse, rappresenta un piccolo
rischio. Per capirci: la Rai aveva prodotto in quello stesso 1976 Sandokan
(regia di Sergio Sollima) e l’anno precedente L’amaro caso della baronessa
di Carini (di Daniele D’Anza), sceneggiati a colori che erano capolavori in
grado di reggere il confronto scenico perfino con il cinema, e i cui budget
erano ovviamente adeguati. È intuitivo che le risorse a disposizione per la
seconda serie di Qui Squadra Mobile siano decisamente più contenute,
eppure si percepisce un tentativo di migliorare, anche sotto questo profilo, la
precedente proposta. Purtroppo sono proprio le scene d’azione, in questo terzo
episodio in particolare quelle dell’inizio nella scena della finta rissa nel
night, a destare perplessità. Il tema di Ragazzi troppo fortunati è il
tentativo di innestare il disagio giovanili e la perdita dei valori
tradizionali dalla nuova generazione, con la violenza tipica degli Anni di
Piombo. Donatella Gallerani (Laura Becherelli), una ragazza di buona famiglia,
è scomparsa: ma non si tratta di una scappatella. La giovane faceva parte della
famigerata «banda della 126» e qualcosa, con i propri complici, deve essere
andato storto. Non è un’indagine semplice, perché i feroci e determinati
rapinatori non sono malavitosi ma insospettabili ragazzi benestanti, quelli «troppo
fortunati» a cui fa riferimento il titolo. Tra questi, anche il figlio di un
giudice, il che costringe gli uomini della Squadra Mobile ad andari coi piedi
di piombo; l’unico a non appartenere ai ceti abbienti è Massimo Toschi (Mauro
Gravina) che, compensa l’impossibilità ad essere strafottente per motivi di
casta, con un’antipatia genuinamente personale. Ma sulle qualità caratteriali
si può tranquillamente sorvolare: i ragazzi della banda della 126, dall’auto
utilizzata per le rapine, sono veri criminali e non si lasciano intimorire
nemmeno di fronte alla morte, pare accidentale, di una di loro, la Gallarani.
L’indagine è ben gestita da Salemi, anche perché Vannucchi prende sempre più il
centro della scena con la naturale classe. Solmi, della Omicidi, scivola sempre
più nel macchiettistico, in questa puntata ha l’influenza e il suo continuo
starnutire lo assimila ad una tipica spalla comica; combina, anche in questo
caso, qualche mossa azzardata in autonomia, ma ormai anche Salemi sembra aver
compreso che non è riconducibile del tutto al gioco di squadra. Tra gli altri
personaggi, Moraldi ha finalmente un po’ di spazio in più, mentre torna ad
avere un ruolo di rilievo l’agente Di Franco, seppure si fatichi a capire
perché. Se la scena della rissa iniziale aveva, come accennato, destato qualche
perplessità, la seconda parte con la serie di ispezioni nelle case dei ragazzi
indagati, tutti residenti ancora in famiglia, è particolarmente funzionale. Lo
stupore e l’indignazione dei genitori si sgretolano quando gli agenti trovano
borsoni colmi di armi e denaro, prove inconfutabili dell’attività criminale dei
ragazzi troppo fortunati.
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