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mercoledì 13 novembre 2024

IL BATTAGLIONE PERDUTO

1576_IL BATTAGLIONE PERDUTO (The Lost Battalion). Stati Uniti, Lussemburgo, 2001; Regia di Russell Mulcahy

Prodotto televisivo che ha la confezione paragonabile ad un vero film per il cinema, Il battaglione perduto di Russell Mulcahy racconta di fatti realmente accaduti durante la Prima Guerra Mondiale. Siamo nell’ottobre del 1918, nelle Argonne, in Francia. E’ un momento decisivo per le sorti della guerra e la 77° Divisione americana guidata dal maggiore Whittlesey (Rick Schroder) è comandata per condurre un’incursione oltre la linea tedesca, fiancheggiata ai lati da un’altra formazione statunitense e da una francese. Al maggiore sembra una missione suicida, ma l’ordine è perentorio: bisogna rompere gli indugi e dare la spallata decisiva al nemico. Pur consapevole di condurre i propri uomini al macello, all’ufficiale non rimane che obbedire. I 600 uomini partono all’assalto e raggiungono il bosco obiettivo dell’offensiva a prezzo di perdite carissime; pare che se la caveranno in meno di 200. Durante la battaglia, dei due reparti alleati che dovrebbero essere ai fianchi dei nostri uomini, non c’è traccia. In effetti soltanto la 77° Divisione è riuscita nell’impresa di occupare la posizione nemica, i colleghi americani e francesi sono stati respinti. Praticamente circondati in territorio nemico, gli uomini di Whittlesey vengono isolati anche dai collegamenti: il bosco è una autentica foresta e i tedeschi sembrano ovunque. Il senso di smarrimento, il timore per un nemico che può arrivare da qualsiasi parte, assale i soldati trasforma Il battaglione perduto in qualcosa di simile ad un horror. Mulchahy è ora sul suo terreno: riconosciuto regista di videoclip musicali e di film di azione ( Razorback-Oltre l’urlo del demonio, 1984; Highlander, l’ultimo immortale, 1986) padroneggia le paure di protagonisti e spettatori infierendo senza fare sconti. L’atrocità della guerra trova un valido testimone ne Il battaglione perduto ma non siamo ancora all’apice della rappresentazione: entra in scena, in modo maledettamente efficace, l’artiglieria. I colpi di cannone aprono vuoti spaventosi sulla collina boscosa tanto quanto nelle fila degli americani e, per completare il discorso sull’assurdità della guerra, si tratta di fuoco amico. Nelle retrovie, infatti, non è giunta notizia dell’impresa della 77° Divisione e si pensa di bombardare una posizione nemica: perfino i tedeschi ne sono stupefatti. Tedeschi che, per onor di cronaca, sembrano affascinati dalla folle audacia degli yankee e offrono ai loro valorosi avversari una resa onorevole. In questa fase c’è uno dei  passaggi meno convincenti de Il battaglione perduto: Mulcahy sa il fatto suo in materie adrenaliniche ma appare un po’ improvvisato in quelle sociologiche. Il fatto che la 77° Divisione trovi una sua forza nell’origine indisciplinata dei suoi soldati può anche essere possibile; assai meno che gli ufficiali tedeschi riescano a cogliere queste sfumature nel corso della battaglia. Il punto che preme al regista è affermare che il battaglione americano sia composto prevalentemente da gente della periferia newyorkese, ragazzi di strada, figli di immigrati non propriamente wasp (White Anglo-Saxon Protestant). Un proposito certamente lodevole nelle intenzioni: il discorso di Mulcahy cerca di valorizzare la società multiculturale e quindi di abbattere gli steccati tra le caste sociali. Un argomento anche inerente nello specifico alla Prima Guerra Mondiale che vide, nel suo svolgersi, la caduta ufficiale dell’Ancien Regime, incarnato dagli Imperi Centrali e dalla dinastia degli Zar. Ma tra messa in scena ben calibrata tra azione e tensione emotiva rimane poco posto per questi approfondimenti che sarebbero validi spunti, se lasciati appunto come tali. Il regista insiste invece un po’ troppo, specialmente nel confronto coi tedeschi che, con il loro senso dell’onore cavalleresco, ben incarnano, almeno nell’etichetta, i valori di quel mondo a cui la Grande Guerra avrebbe posto termine. Tutto sommato un peccato veniale, peraltro congenito alla cifra stilistica di Mulcahy, di un regista comunque bravissimo nel suo terreno, tra l’altro assai adatto ad una rappresentazione bellica. E allora godiamoci le gesta dei gangster dei sobborghi newyorkesi divenuti eroici soldati per quel che sono: un’ora e mezza di vibrante azione bellica.           



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